Le Accuse di Cicerone e la Congiura di Catilina: Testo Integrale e Ottimizzato
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La Reazione di Cicerone alla Congiura di Catilina
[32] Perciò si allontanino i malvagi, si separino dagli onesti, si riuniscano in un solo luogo, infine siano separati da noi da una cerchia di mura, cosa che spesso ho già detto; smettano di attentare alla vita del console in casa sua, di circondare minacciosamente la tribuna del pretore urbano, di assediare con le spade la sede del senato, di preparare proiettili incendiari e fiaccole per dare fuoco alla città; insomma sia scritto sulla fronte di ciascuno quale sia il suo pensiero sullo Stato. Prometto questo a voi, o padri coscritti: che ci sarà in noi consoli così grande attenzione, in voi così grande autorità, nei cavalieri romani così grande coraggio, in tutte le persone oneste così grande concordia, che con la partenza di Catilina vedrete ogni cosa svelata, messa in luce, soffocata, punita. [33] Con questi auspici, Catilina, insieme alla suprema salvezza dello Stato, alla rovina e alla distruzione tua e alla fine di quelli che si unirono con te in ogni genere di scelleratezza e nella distruzione della patria, vattene verso una guerra empia e scellerata.
L'Ultimatum di Cicerone: L'Esilio di Catilina
[32] «Stando così le cose (*Quae*), Catilina, continua per la via che (*quo*) hai intrapreso; esci una buona volta dalla città; le porte sono aperte; vattene!». Il pronome *Quae* è nesso relativo e funge da soggetto del *cum* narrativo con valore causale *cum ita sint*; seguono quattro proposizioni principali coordinate, tre delle quali con verbo all'imperativo presente: *perge* (da *pergo*), *egredere* (da *egredior*) e *proficiscere* (da *proficiscor*). L'avverbio *quo* (moto a luogo) introduce una breve proposizione relativa con il verbo *cepisti*, che sottintende un verbo come *ire* («per dove hai iniziato ad andare»). La paratassi del periodo, la martellante sequenza degli imperativi, la brevità delle singole frasi e delle stesse parole (molte delle quali bisillabiche), contribuiscono a creare un ritmo incalzante. Bisogna essere molto riconoscenti verso gli dei immortali e verso questo stesso Giove Statore, antichissimo custode di questa città, poiché abbiamo fuggito già così tante volte questa tanto tremenda, tanto orribile e tanto minacciosa rovina dello Stato. Finché tu, Catilina, hai teso insidie a me console designato, mi sono difeso non con un pubblico presidio, ma con la mia privata attenzione. Durante gli scorsi comizi per designare i consoli hai voluto togliere di mezzo me console nel Campo e i tuoi rivali, ho sventato i tuoi nefandi tentativi con un presidio di amici e senza aver sollevato nessun tumulto in pubblico. Ora attacchi ormai apertamente l'intero Stato, i templi degli dei immortali, le case della città, la vita di tutti i cittadini, chiami alla rovina e alla desolazione l'Italia intera. Se avrò ordinato di ucciderti, resterà nello Stato la superstite schiera dei congiurati; se però tu, cosa alla quale ti esorto già da tempo, sarai andato via si svuoterà dalla città la grande feccia dei tuoi compagni rovinosa per lo Stato. Che c'è, Catilina? Esiti forse a fare dietro mio ordine quello che già ti accingevi a fare spontaneamente? Il console ordina che il nemico esca dalla città. E allora, Catilina? Esiti a fare su mio ordine quel che stavi per fare di tua volontà? Il console ingiunge al nemico di lasciare la città. "È l'esilio", mi chiedi? No, non te lo posso ordinare, ma, se vuoi il mio parere, te lo suggerisco.
L'Indignazione di Cicerone: "Quousque Tandem Abutere, Catilina, Patientia Nostra?"
Fino a che punto (*"abutere"*: forma contratta, da *"abuteris"*, tempo futuro) abuserai della nostra pazienza, Catilina? Per quanto tempo ancora questa tua pazzia si prenderà gioco di noi? Fino a che limite la tua sfrontatezza senza limiti si spingerà? Non ti turbarono il presidio notturno del Palatino (il più sacro dei colli che veniva presidiato da soldati armati nei momenti di pericolo), le ronde della città, il timore del popolo, l'accorrere di tutti i buoni (di tutti i cittadini onesti, agiati), questo luogo molto fortificato (*"habendi senatus"*: passaggio da gerundio a gerundivo; *"riunire il senato"*) dove il senato si riunisce, l'espressione sul volto di questi? (*"Ora, oris"* = espressione) Non ti accorgi che i tuoi piani sono manifesti? Non vedi che la tua congiura è tenuta sotto controllo ormai dalla consapevolezza di tutti questi (i cittadini romani ed il senato)? Pensi che qualcuno di noi ignori che cosa hai fatto la scorsa notte, dove sei stato, chi hai convocato, che decisione hai preso?
O Tempora, O Mores! La Denuncia della Congiura
2. O tempi, o costumi! Il senato capisce queste cose, il console le nota, ma lui continua a vivere. Continua a vivere? In verità viene ancora in senato, diviene partecipe delle decisioni pubbliche e indica e marchia con lo sguardo la morte di ciascuno di noi. A noi, invece, uomini coraggiosi, sembra di fare abbastanza per lo stato se evitiamo la follia delle armi di lui. Sarebbe stato necessario, o Catilina, che tu per ordine del console, già da un pezzo, fossi mandato a morte e la rovina, che tu già da tempo trami contro di noi, si fosse riversata su di te.
Il Confronto con il Passato: Scipione e Tiberio Gracco
3. Ma come è possibile, un uomo della massima autorità, Scipione, pontefice massimo, da privato uccise Tiberio Gracco che faceva vacillare solo in parte la situazione dello stato: noi (come consoli) sopporteremo Catilina che desidera devastare tutto il mondo con stragi e incendi? Tralascio quelle vicende troppo antiche (Preterizione), cioè che Caio Servilio Ahala uccise Melio, con le sue mani, che aspirava a dei rivolgimenti politici (a delle cose nuove). Ci fu, ci fu in questo stato, un tempo, una tale virtù che gli uomini forti tenevano a freno il cittadino dannoso con punizioni più aspre rispetto ad un nemico più implacabile. Abbiamo un decreto del senato contro te, Catilina, forte e duro; allo stato non mancano né l'intelligenza e né l'autorevolezza di questa classe sociale (il senato): noi, noi consoli, lo dico apertamente, manchiamo!