L'arte barocca: magnificenza, emozione e persuasione nella Roma del Seicento

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ARTE BAROCCA

Tra il 1560 ed il 1660 la maggior parte delle chiese italiane viene restaurata, modificata, arricchita di decorazioni e quadri, di nuove cappelle e oratori. Si tratta di uno sforzo economico e artistico senza precedenti che tocca tutta la penisola e Roma in particolare, la quale, fin dal pontificato di Sisto V (1585-90), viene trasformata urbanisticamente ad majorem Dei et Ecclesiae gloriam, per diventare il simbolo evidente della cattolicità.

La committenza ecclesiastica ed il mecenatismo papale fanno di Roma il più importante centro di produzione e diffusione artistica dell’epoca.

L’ARTE BAROCCA È POETICA DELLA MERAVIGLIA, DELLA FASCINAZIONE SENSORIALE, DELLA PERSUASIONE.

Affascina i sensi con effetti sorprendenti e spettacolari onde coinvolgere emotivamente lo spettatore. Ad esempio:

  • in pittura crea spazi illusori: l’aprirsi degli spazi interni verso il cielo infinito persuade della continuità tra vita terrena e vita celeste (purché si abbia fiducia negli insegnamenti della Chiesa!);
  • in scultura, persegue l’unificazione tra spazio reale e spazio figurativo proiettando l’azione delle figure nello spazio circostante e raggiunge incredibili effetti di naturalezza tattile e visiva;
  • in architettura, sollecita il coinvolgimento del fedele attraverso l’animazione degli spazi (l’interazione in atto di interno ed esterno) e delle forme architettoniche (la modellazione plastica delle pareti, l’esuberanza decorativa sia scultorea che pittorica).

La Chiesa si serve dell’arte barocca per convincere i fedeli della presenza costante di Dio e del continuo operare della Divina Provvidenza, per avvalorare l’autenticità del messaggio cattolico, infine, per rendere visibile la propria magnificenza.

L’ARTE BAROCCA È UN LINGUAGGIO CHE COMUNICA IN MODO CONVINCENTE I PROPRI CONTENUTI IDEALI, IDEOLOGICI, ISTITUZIONALI.

Gli elementi che garantiscono l’efficacia di tale linguaggio sono:

  1. il virtuosismo tecnico-esecutivo;

  2. il ricorso ad espedienti scenografici e teatrali;

  3. la ricerca di effetti illusionistici;

  4. l’uso simultaneo delle tre arti;

  5. il dinamismo di spazio e forme che evocano il movimento in atto;

  6. la grandiosità delle forme;

  7. la rappresentazione di momenti transitori di cui si coglie l’attimo culminante della tensione espressiva.

Da quanto detto si evince che l’attenzione degli artisti si concentra soprattutto sul fare artistico, cioè sui procedimenti tecnici, sullo sperimentalismo linguistico, sulla libera espressione della fantasia.
È il primo manifestarsi di quella tendenza all’autonomia estetica e alla libertà tecnica, che avrebbe avuto il suo trionfo nel secolo successivo.

Gli artisti si fanno interpreti della nuova visione del mondo introdotta dal pensiero scientifico sperimentale galileiano e da quello filosofico di Renato Cartesio (teorizzazione del dubbio metodico e della centralità del pensiero autocosciente).
In particolare Galileo, dimostrando la validità della teoria copernicana, modifica radicalmente la concezione del rapporto fra uomo e universo, così da arrivare al superamento della tradizionale visione antropocentrica del mondo. La consapevolezza della vastità e complessità dell’universo porta alla rappresentazione illusoria dello spazio come infinita continuità e ad un rinnovato interesse per la rappresentazione del mondo naturale, sentito come riflesso della grandezza di Dio.

PITTURA BAROCCA

Il ‘600 si apre a Roma con il superamento della tradizione manierista attraverso:

  • il naturalismo di Caravaggio (o imitazione della realtà) -> nelle tele con le Storie di S. Matteo in S. Luigi dei Francesi nelle tele della Cappella Cerasi in S. Maria del Popolo
  • il classicismo di Annibale Carracci (o idealizzazione della realtà) -> negli Amori degli dei sulla volta della Galleria di Palazzo Farnese, nella pala d’altare della Cappella Cerasi in S. Maria del Popolo

La pittura di Caravaggio, che in realtà non ebbe una vera e propria scuola, influenzò numerosi artisti italiani e stranieri presenti a Roma, i quali diffusero i suoi modi stilistici in Italia (a Napoli, in particolare, si forma un’importante scuola pittorica caravaggesca) e in Europa.

La pittura di Annibale Carracci e dei suoi allievi e seguaci bolognesi, si espresse in grandi composizioni religiose, storiche e allegoriche, in cui allo studio diretto della natura si unisce la meditazione sull’arte antica e sui modelli del passato cinquecentesco (soprattutto il tonalismo veneto e il sentimentalismo correggesco).
Nell’ambito della poetica classicista si sviluppò il genere del paesaggio classico o ideale (nel quale la natura viene idealizzata e reinventata dalla fantasia dell’autore, che la rende armonica e ordinata).

Da questi due stili deriva tutta la pittura del Seicento e cioè:

  • da Caravaggio, la pittura di genere (nature morte e scene di vita e costume popolare)
  • da A. Carracci, sia il classicismo barocco di Guido Reni (La strage degli Innocenti) e Andrea Sacchi (Trionfo della Divina Sapienza in Palazzo Barberini) -> che, soprattutto, LA GRANDE DECORAZIONE BAROCCA → i cui maggiori protagonisti romani, con le relative opere più famose, sono:

Giovanni Lanfranco, Assunzione della Vergine, cupola di S. Andrea della Valle (1625-27); Pietro Berrettini da Cortona, Trionfo della Divina Provvidenza, volta del salone di Palazzo Barberini (33-39); Giovan Battista Gaulli, detto il Baciccio, Trionfo del Nome di Gesù, volta della Chiesa del Gesù (1676-79); Andrea Pozzo, Gloria di Sant’Ignazio, volta della Chiesa di Sant’Ignazio (1691-94).

A proposito di ANNIBALE CARRACCI ...

In risposta al rinnovamento auspicato dal cardinale di Bologna, monsignor Gabriele Paleotti, tre pittori bolognesi - Ludovico, Agostino e Annibale Carracci - nel 1585 fondarono un’Accademia che chiamarono degli Incamminati, nella quale vollero ritornare alla pratica del disegno dal vero e all’osservazione diretta della realtà naturale per liberarsi dagli artifici e dalle complessità del Manierismo. Inoltre volevano recuperare il tonalismo veneto ed il patetismo correggesco.

Il maggiore dei tre artisti (fra loro parenti) era Annibale che nel 1595 si recò a Roma al servizio del cardinale Odoardo Farnese, per il quale decorò dapprima il camerino e poi la galleria del palazzo di famiglia.
Dotato di un talento innato, a Roma Annibale, a contatto con i grandi modelli dell’antichità e del Rinascimento e grazie ad una committenza particolarmente innovativa e amante dell’arte, ampliò la riforma del linguaggio pittorico iniziata a Bologna, superando i limiti dell’ambito strettamente devozionale e aprendosi ad una dimensione più colta e mitologica.

Volta della Galleria Farnese di Annibale Carracci

(1598-1600; affresco di 20x7x10; committente: il cardinal Odoardo Farnese; ambiente destinato all’esposizione delle raccolte d’arte della famiglia)

Il tema è la grandezza dell’amore alla cui potenza e forza sono sottoposti uomini e dei: è una celebrazione gioiosa e paganeggiante dell’amore profano, insolita e arrischiata nel rigoroso clima controriformista romano. Attraverso famose coppie mitologiche1, l’amore viene rappresentato in tutte le sue forme, soprattutto come gioia di vivere, energia e vitalità. La mitologia è qui raccontata in maniera libera e felice, cioè svincolata da significati morali. Annibale ha studiato i Baccanali sui sarcofagi, ha verificato le forme classiche sul modello dal vero, ha studiato la Loggia di Psiche di Raffaello2 e la volta della Sistina di Michelangelo.

Nella decorazione concepita dal Carracci, convivono i due sistemi decorativi del ‘quadro riportato3 e della ‘quadratura4: i numerosi episodi rappresentati sono, infatti, chiusi entro finte cornici dorate o in stucco bianco e illusionisticamente collocati sulla volta e sul cornicione, secondo il citato procedimento del ‘quadro riportato’; ad essi si alternano finte architetture5, finte sculture6, finti medaglioni bronzei (cui si sovrappongono i ‘quadri’). Coppie di ignudi, seduti all’esterno delle varie scene, popolano la volta, insieme a numerose figure di putti. Il tutto organizzato secondo il sistema della quadratura.

Si genera così un potente effetto trompe-l’oeil, accentuato dal naturalismo di una luce calda e dorata e dei colori veneti. La pittura qui dimostra le sue prerogative mimetiche: sta imitando la natura (negli sfondi paesistici), l’architettura, la scultura e perfino sé stessa. In questo modo riesce ad ingannare i sensi trasfigurando lo spazio reale. Si tratta di una precoce affermazione del potere di seduzione e, soprattutto, di persuasione delle immagini, qui al servizio dell’immaginazione poetica (in sintonia con la poesia di T. Tasso e G.B. Marino). Tutto ciò costituisce la premessa della grande decorazione barocca.

Il complesso decorativo ruota attorno alla scena centrale principale, quella del Trionfo di Bacco e Arianna: essa mostra i due sposi e il corteo nuziale, costituito da eroti (amorini), ninfe, baccanti, satiri, Pan, Sileno e la Venere terrena (adagiata in corrispondenza dell’angolo inferiore destro); una menade e un satiro danzanti riempiono lo spazio centrale; il movimento fluente e danzante delle figure esprime esuberanza, bellezza e sensualità). Il mondo classico è presentato come uno spettacolo palpitante di vita, in una visione serena e sensuale, è celebrato con la nostalgia di una perduta età dell’oro.

1 Le cui vicende sono tratte principalmente dalle Metamorfosi di Ovidio
2 Dipinta fra il 1517 e il 1519 nella ‘villa di delizie’ del banchiere senese Agostino Chigi, detta la Farnesina.
3 Termine applicato ai quadri dipinti sui soffitti: essi appaiono come vere e proprie raffigurazioni di quadri da cavalletto incorniciati; non contengono scorci illusionistici, le immagini appaiono come se fossero viste normalmente all’altezza degli occhi dell’osservatore.
4 Rappresentazione di architetture dipinte su volte, soffitti, cupole, pareti, in modo molto scorciato, con il fine di ampliare le strutture reali mediante illusori effetti di profondità, fortemente realistici.
5 I telamoni e le erme (vd. nota 6) che, collocati sul cornicione reale come prosecuzione delle vere paraste sulle pareti, sostengono una trabeazione illusionistica.
6 I telamoni e le erme menzionati. I telamoni (o Atlanti) sono figure maschili scolpite a tutto tondo o a rilievo che, al posto di colonne o pilastri, reggono elementi architettonici (architravi, mensole, cornici). Le erme sono pilastrini quadrangolari che sostengono teste o busti umani a tutto tondo, svolgenti funzione decorativa.

SCULTURA BAROCCA

La scultura barocca funge da completamento decorativo di chiese e palazzi e nelle fontane contribuisce al rinnovamento dell’arredo urbano.

I caratteri generali della scultura barocca sono i seguenti:

  • riprodurre il diverso aspetto, tattile e visivo, di ciò che è rappresentato;
  • ottenere effetti di pittoricismo chiaroscurale e animazione formale attraverso i giochi di luce e ombra creati dal diverso trattamento delle superfici;
  • evocare il movimento in atto mediante andamenti obliqui incrociati e vortici di linee curve;
  • rappresentare l’attimo culminante di momenti transitori;
  • rendere spettacolari le rappresentazioni attraverso espedienti scenografici.

Tutto ciò è finalizzato a ottenere il massimo coinvolgimento emotivo dello spettatore.

Gian Lorenzo Bernini (1598-1680) è stato il più grande scultore dell’arte barocca e uno dei maggiori di qualunque tempo. È diventato il principale rappresentante artistico della corte pontificia e la sua arte ha incarnato e manifestato in pieno il trionfo della Controriforma. Ha portato il linguaggio barocco alla massima fioritura.
Ha espresso, per l’ultima volta, l’universalità dell’artista rinascimentale, in grado di padroneggiare le diverse arti con la medesima maestria: è stato, infatti, sia architetto che scultore che pittore.

Ha superato il concetto rinascimentale di arte come rappresentazione della realtà, poiché ha rinnovato e rivoluzionato l’arte attraverso il trionfo della fantasia e della libertà d’espressione, con cui ha superato le regole del classicismo, conservandone però il senso dell’armonia (compresenza di fantasia e classicità).

Gruppi scultorei di Gian Lorenzo Bernini

Tra il 1618 e il 1625, G. L. Bernini scolpì per il cardinal Scipione Borghese i 4 gruppi della Galleria Borghese, che rappresentano: 1. Enea, Anchise Ascanio; 2. il Ratto di Proserpina; 3. Apollo e Dafne; 4. David.
Essi mostrano i caratteri peculiari della sua scultura, che sono i seguenti:

  • ottiene effetti di grande naturalezza e immediatezza grazie a uno straordinario virtuosismo tecnico-esecutivo;
  • unifica lo spazio reale e quello fittizio della statua (o del gruppo), attraverso il dinamismo dell’azione che proietta le figure nello spazio circostante, coinvolgendo l’osservatore;
  • rappresenta momenti transitori, in particolare l’attimo culminante di un’azione e quindi della tensione emotiva;
  • manifesta una concezione pittorica della scultura, non soltanto nel diverso trattamento chiaroscurale delle superfici, ma anche nella scelta di un punto di osservazione privilegiato (implicito nella collocazione a parete).

Successivamente (nel V decennio del secolo) giunse alla concezione del quadro vivente, culmine della sua ricerca sull’unificazione delle arti (il cosiddetto “bel composto delle tre arti”). Nel quadro vivente la sintesi di scultura, architettura e pittura serve a fondere realtà e finzione, a offrire l’esperienza del soprannaturale in termini realistici e convincenti, a realizzare uno spettacolo totalmente coinvolgente.

L’esempio più importante di tale concezione è costituito dall’Estasi di S. Teresa → 1645-1652; nella Cappella Cornaro di S. Maria della Vittoria, Roma; gruppo scolpito nel marmo e accompagnato da elementi in stucco, bronzo dorato, alabastro, affresco. Considerata la migliore delle realizzazioni berniniane, l’opera è fatta in modo da strabiliare il pubblico.

V’è una perfetta corrispondenza fra l’immagine scultorea e le parole con le quali la santa descrisse l’esperienza mistica vissuta, rappresentata dal Bernini in termini terreni, cioè come indagine delle emozioni prodotte nel corpo e rese in termini di sensualità e sottile erotismo.
Posizionato all’interno del tabernacolo posto sulla parete al di sopra dell’altare, il gruppo diventa un quadro vivente, la cui azione ha per teatro l’intera cappella, sulle cui pareti laterali sono scolpiti i palchetti dai quali i membri della famiglia titolare assistono all’evento miracoloso.

Bernini ha qui raggiunto l’unificazione delle arti (architettura, pittura e scultura), poiché tutto concorre a rendere veritiera la finzione, compresi gli effetti scenografici ottenuti attraverso il sapientissimo uso della luce (proveniente da fonti nascoste) e della policromia dei materiali.

In sintesi, i punti chiave di questo capolavoro sono:

  • l’intensa esperienza del soprannaturale nel gruppo di S. Teresa e l’Angelo;
  • l’indistinguibilità fra realtà e finzione grazie agli effetti scenografici e alla sapiente regia teatrale;
  • un incredibile virtuosismo tecnico-esecutivo nella naturalezza formale e nell’intensità espressiva delle figure rappresentate;
  • l’unificazione delle arti, che coinvolge l’intera cappella.

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