Datazione Archeologica: Ossidiana e Amminoacidi
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Metodi Relativi Calibrati
Il decadimento radioattivo è l’unico processo conosciuto, tra quelli dipendenti dal trascorrere del tempo, che sia completamente regolare: non è influenzato dalla temperatura o da altre condizioni ambientali. Esistono tuttavia altri processi naturali che, sebbene non siano completamente regolari, sono tanto stabili nel tempo quanto basta per essere utili agli archeologi. La calibrazione di ogni tecnica deve spesso essere eseguita di nuovo per ogni sito e per ogni area, dato che i fattori ambientali influenzano la velocità di variazione. Ciò rende queste tecniche difficili da usare come metodi attendibili di datazione assoluta. Esse possono però rivelarsi di enorme aiuto semplicemente quali strumenti per ordinare i campioni in una sequenza relativa che distingua quello che è più antico da quello che è più recente.
Idratazione dell’Ossidiana
Si basa sul principio che l’ossidiana comincia ad assorbire acqua dall’ambiente circostante e forma uno strato di idratazione che può essere misurato in laboratorio. Nella sezione di una lama o di una scaglia di ossidiana, osservata al microscopio ottico, questo strato è visibile sulla superficie come una zona distinta, che aumenta di spessore con il passare del tempo. Se lo spessore dello strato aumenta in modo lineare, supponendo di conoscere la velocità di accrescimento e lo spessore attuale, si potrebbe arrivare a calcolare l’intervallo di tempo trascorso dal momento in cui l’accrescimento è incominciato.
L’istante zero è il momento in cui lo strumento venne ricavato per scheggiatura dall’originale blocco di ossidiana.
Purtroppo non esiste una velocità di accrescimento o di idratazione universalmente valida. In primo luogo, la velocità dipende dalla temperatura: l’esposizione alla luce solare diretta per lunghi periodi aumenta la velocità di idratazione. Le ossidiane provenienti da cave diverse presentano una differente composizione chimica e questa differenza può influire sul quadro.
È quindi necessario stabilire separatamente la velocità di idratazione dei differenti tipi di ossidiana rinvenuti in una determinata area, e tenere nel debito conto il fattore temperatura. Per essere utilizzato per la datazione assoluta, il metodo deve essere calibrato per confronto con una sequenza cronologica definita per la regione in questione.
I campioni usati per la datazione devono provenire da uno o più contesti ben definiti, datati con certezza impiegando altri metodi: un singolo manufatto in ossidiana non può fornire una data attendibile. Per questo motivo, è più sicuro usare un gruppo di circa 10 pezzi, in maniera tale che la data di ciascuno possa essere calcolata separatamente.
Oltre a fornire informazioni cronologiche dirette, il metodo dell’idratazione dell’ossidiana si rivela utile per stabilire le date relative di strati differenti all’interno di un sito o di un’area in cui l’ossidiana sia abbondante. Sebbene sia particolarmente importante per siti e manufatti relativi agli ultimi 10.000 anni (periodo postglaciale), il metodo ha fornito date accettabili fino a circa 120.000 anni fa per materiali del Paleolitico Medio provenienti dall’Africa orientale.
Datazione con il Metodo della Racemizzazione degli Amminoacidi
Questo metodo viene utilizzato per datare le ossa, sia umane sia animali (è sufficiente un campione di 10 g). Esso può essere applicato a materiali risalenti fino a 100.000 anni fa. Gli amminoacidi, che entrano nella costituzione delle proteine presenti in tutti gli organismi viventi, possono esistere in due forme tra di loro speculari, dette enantiomeri.
Gli enantiomeri differiscono nella loro struttura chimica, che si manifesta nella loro azione sulla luce polarizzata: gli enantiomeri che fanno ruotare verso sinistra la luce polarizzata sono detti levo-enantiomeri o L-amminoacidi, mentre quelli che fanno ruotare verso destra la luce polarizzata sono detti destro-enantiomeri o D-amminoacidi. Gli amminoacidi presenti nelle proteine degli organismi viventi contengono solo L-enantiomeri. Dopo la morte, questi si trasformano, a una velocità costante, in D-enantiomeri. La velocità di racemizzazione dipende dalla temperatura e quindi tende a variare da sito a sito. Ma, sottoponendo alla datazione con il radiocarbonio alcuni campioni di ossa provenienti da un particolare sito e misurando il rapporto tra enantiomero D ed enantiomero L, si può arrivare a stabilire la velocità locale di racemizzazione. Questa calibrazione viene quindi usata per datare campioni di ossa provenienti dai livelli più antichi del sito che siano fuori dalla portata temporale della datazione con il radiocarbonio. Gli L-enantiomeri dell’amminoacido stabile isoleucina formano D-enantiomeri tramite un processo ben diverso, noto col nome di epimerizzazione. La velocità di epimerizzazione è stata misurata con successo nei residui proteici delle conchiglie di ostrica e, tramite il raffronto con datazioni ottenute con il 14C, si è mostrato che è rimasta costante negli ultimi 800.000 anni. Tra gli amminoacidi stabili, l’acido aspartico è quello che ha la più alta velocità di racemizzazione e viene quindi normalmente scelto per la datazione dei campioni di ossa. Gli amminoacidi raggruppati in complesse proteine, come il collagene, hanno velocità di racemizzazione differenti da quelle degli stessi amminoacidi allo stato libero. La conservazione delle ossa ha perciò un enorme effetto sull’età apparente.