Dolo Eventuale vs Colpa Cosciente: Funzioni del Diritto Penale e Adeguamento Sanzioni per Frodi Ripetute

Classified in Diritto & Giurisprudenza

Written at on italiano with a size of 72,94 KB.

1. Adeguamento al Funzionamento del Regime Sanzionatorio in Caso di Frodi Ripetute

Articolo 164 COT: Quando sono state pronunciate diverse condanne contro il medesimo imputato, i giudici che hanno pronunciato le sentenze successive alla prima possono non considerare le circostanze aggravanti che i processi non cumulati non hanno potuto prendere in considerazione. Essi devono anche adeguare la sanzione in modo che il cumulo delle sanzioni non sia superiore a quella che sarebbe stata inflitta se i reati fossero stati giudicati congiuntamente.
Nei casi previsti dal comma precedente, il giudice che ha pronunciato la sentenza successiva può modificare la pena, d'ufficio o su richiesta degli interessati, per adeguarla alle disposizioni ivi contenute.

1.1 Aspetti da Considerare

  1. Le decisioni successive non possono prendere in considerazione circostanze modificative della responsabilità che non si sarebbero potute considerare in un processo cumulativo (se si fossero potuti cumulare entrambi i processi e non fosse applicabile il procedimento abbreviato, non sarebbe ammissibile l'attenuante dell'art. 11 n. 9 CP che, nel nuovo processo, è stata concessa solo perché si tratta di un procedimento abbreviato).
  2. La pena nel nuovo processo, sommata a quella del primo processo (in un esercizio mentale), non può superare complessivamente la pena che sarebbe corrisposta se tutti i fatti fossero stati giudicati in un unico processo (ci saranno due sanzioni, una per il primo processo e un'altra per il processo successivo).
  3. Il giudice che pronuncia la sentenza successiva ha la facoltà di adeguamento, modificando la pena in modo che, sommata a quella del primo processo, non superi la pena che sarebbe stata appropriata se si fosse trattato di un unico processo (ad essere modificata per l'adeguamento è solo la seconda pena).

1.2 Applicazione Pratica (Caso di Truffe Multiple)

L'applicazione di queste norme si applica nel caso di varie truffe:

A) Condanna nel secondo processo (il primo processo ha condannato a presidio mayor en su grado mínimo):

  • Pena legale CP 468, 467: presidio mayor en su grado máximo.
  • Reiterazione ex art. 351 CPP: aumenta di 1 o 2 gradi (presidio mayor en su grado medio a mínimo).
  • Art. 11 n. 6 e n. 9 CP: abbassa di 1 grado (presidio mayor en su grado mínimo). Nota: l'art. 67 inc. 4 CP rende facoltativo l'abbassamento; l'art. 69 considera l'estensione del danno (40 persone, importi...).

B) Pena in un processo cumulativo:

  • Pena legale CP 468, 467: presidio menor en su grado mínimo.
  • Reiterazione ex art. 351 CPP: aumenta di 2 gradi (considerando 42 truffe consumate e 1 frustrata).
  • Art. 11 N° 6 compensato con Art. 12 N° 7 CP.
  • Art. 11 N° 9 inapplicabile perché non è un procedimento abbreviato (art. 407 CPP inc. 3).
  • Senza circostanze modificative: presidio medio en su grado medio.

1.3 Conseguenza

Di conseguenza, la pena nel secondo processo, fissata in reclusione maggiore nel suo grado minimo (da 5 anni e 1 giorno a 10 anni), applicata nella sua estensione massima (fino a 10 anni) per l'entità del danno (42 persone, la maggior parte anziane), non supera la pena che si applicherebbe se tutti i fatti illeciti fossero stati giudicati in un unico processo.

1.4 Esercizio dell'Art. 164 COT

L'adeguamento previsto dall'articolo 164 del COT consiste nell'adattare la pena del secondo processo in modo che, aggiunta alla sanzione inflitta nel primo processo, non superi quella che sarebbe risultata se tutti i reati fossero stati giudicati in un'unica causa. Il legislatore non richiede di unificare le sanzioni come nel precedente art. 160 (ora abrogato dalla Legge 19.708 del 2001), dove era necessario l'accumulo. Oggi, non vi è accumulo dal punto di vista processuale; trattandosi di due processi distinti, devono essere eseguite sentenze diverse, ognuna con la sanzione corrispondente. L'adeguamento riguarda la pena nel secondo processo, nel modo descritto.


2. Scopo e Funzione del Diritto Penale nella Distinzione tra Dolo Eventuale e Colpa Cosciente

Vivian R. Bullemore G.*, John R. MacKinnon R.**

Sommario: 1. Lo scopo e la funzione del diritto penale. 2. Ruolo del diritto penale e le teorie della pena. 3. L'elemento centrale del tipo soggettivo nei reati dolosi: il dolo. 4. Adeguatezza tipica dei reati colposi. 5. Criteri di distinzione tra dolo eventuale e colpa cosciente. 6. Il problema: 6.1. Adattare i concetti di fine e funzione per risolvere i problemi; 6.2. Criteri per una soluzione: la distinzione tra disvalore dell'azione e disvalore dell'evento.

Introduzione

Per affrontare la questione in oggetto, dobbiamo prima fare riferimento ai problemi del fine e della funzione del diritto penale e delle pene, per poi delineare gli aspetti sistematici del tipo soggettivo del reato doloso e, con minor dettaglio, l'adeguamento tipico dei reati colposi in generale. Successivamente, ci rivolgeremo all'esame degli elementi necessari per operare le distinzioni e offriremo una soluzione.

1. Il Fine e il Ruolo del Diritto Penale1

Il diritto penale, come è pacifico in dottrina, ha come fine la protezione, anche se non vi è consenso su cosa debba essere protetto. Si discute se lo scopo del diritto penale sia proteggere i beni giuridici o proteggere la vigenza dell'ordinamento giuridico. Tuttavia, va riconosciuto che questo approccio presenta sfumature. Vi è quindi un settore dottrinale che ritiene che il diritto penale miri a tutelare i beni giuridici fondamentali e abbia come scopo secondario la tutela della vigenza dell'ordinamento, come sostiene il professor Rafael Alcácer Guirao2 dell'Università Autonoma di Madrid. Un altro importante settore dottrinale ritiene invece che miri a proteggere mediatamente i beni giuridici, attraverso la tutela immediata della vigenza dell'ordinamento giuridico, come suggerito da Hans Welzel3.

Per capire questi concetti, dobbiamo fare alcune precisazioni preliminari. Quando ci riferiamo al fine del diritto penale, intendiamo la risposta alla domanda sul perché si debba punire, o perché ci debba essere una punizione. Cioè, ci riferiamo al fine in senso normativo, a differenza del fine esplicativo. Per quest'ultimo, invece, rispondendo alla domanda sul perché si punisce o perché esiste una sanzione (cioè, questioni storiche o sociologiche), si usa il termine funzione. Questa distinzione, che evita la confusione tra l'essere e il dover essere del diritto penale e della punizione, ci permette di distinguere una questione empirica o fattuale (funzione) da una assiologica (fine). Questo distingue la dottrina della giustificazione (il fine) dalle teorie della spiegazione (la funzione), nel senso attribuito da Ferrajoli4, criticando la consueta confusione della dottrina nell'affrontare questi problemi. Così, comprendiamo che molte volte, quando la dottrina parla del fine della legge penale, si riferisce alle sue funzioni, e viceversa. Ad esempio, coloro che sostengono teorie sociologiche della pena, presentandole come dottrine di giustificazione, incorrono nella cosiddetta fallacia naturalistica, che consiste nel derivare il dover essere dall'essere, in violazione della cosiddetta legge di Hume, secondo cui non si possono derivare logicamente conclusioni prescrittive o morali da premesse descrittive o fattuali, e viceversa.

Pertanto, in breve, si possono distinguere le seguenti alternative:

  1. Da un punto di vista retributivo, il fine della pena sarebbe la risposta al perché si dovrebbe punire; da un punto di vista preventivo, il fine della pena sarebbe la risposta al per cosa si dovrebbe punire.
  2. Invece, da un punto di vista retributivo, la funzione della pena sarebbe la risposta alla domanda sul perché si punisce; da un punto di vista preventivo, la funzione della pena sarebbe la risposta al a cosa serve punire.

Questa classificazione è illuminante perché, come abbiamo visto, la retribuzione guarda al passato (perché, o funzione metafisica), mentre la prevenzione guarda al futuro (per cosa, o funzione di utilità sociale). Quest'ultima è la ragione per cui solitamente vengono legati da alcuni autori, erroneamente, i concetti di fine e prevenzione, identificandoli.

2. Ruolo del Diritto Penale e Teorie della Pena

La prima questione da affrontare nello studio del diritto penale vigente è quella che riguarda il ruolo delle norme in esso contenute. Si tratta di rispondere alla domanda: perché o a quale scopo lo Stato organizza la società mediante un insieme di norme che minacciano l'applicazione di una pena per l'esecuzione di certi comportamenti? In questo senso, il ruolo del diritto penale e le teorie della pena sono strettamente connessi: ogni teoria della pena è una teoria su quale sia il ruolo del diritto penale. In modo semplificato nel pensiero classico, e tenendo a mente i punti precedenti, ci sono due linee di pensiero che cercano una risposta a queste domande: da un lato, si sostiene che il diritto penale abbia un fondamento metafisico, cioè la realizzazione di un ideale di giustizia (retribuzione); dall'altro, che il diritto penale abbia una funzione sociale (utilità), caratterizzata dalla prevenzione della criminalità, al fine di tutelare alcuni interessi sociali riconosciuti dal diritto positivo (beni giuridici).

Il ruolo del diritto penale è, a sua volta, collegato a una concezione molto ristretta di legittimità. Se si ritiene che sia una funzione (propria) dello Stato realizzare certi ideali di giustizia, il diritto penale è inteso come uno strumento al servizio del valore della giustizia. Al contrario, se comprendiamo che la giustizia, in questo senso, non corrisponde a una funzione statale, si ricorrerà ad altre concezioni del diritto penale in cui verrà interpretato in maniera diversa. Di solito, in questo caso, si giustifica il diritto penale come strumento socialmente utile, e il valore assegnato a queste funzioni sarà il fondamento della sua legittimità.

Attualmente, la storia del diritto penale si esprime nel tentativo di sintetizzare le due tesi opposte. Il criterio utilitarista (utilità sociale) viene accolto in quanto mitiga il rigore del principio di giustizia. Ad esempio, mentre si ammette con diversa intensità, a seconda delle legislazioni, l'aggravamento delle pene per i recidivi e i rei abituali, non trova posto, in generale, la pena indeterminata.

Le risposte sulla natura della pena sono state formulate come teorie della pena. Tuttavia, va notato che le teorie della pena sono tali solo nella misura in cui il termine teoria è preso in senso lato.

Vista la confusione di molti autori tra i concetti di ruolo e finalità, sia del diritto penale che della pena, e tra retribuzione e prevenzione, associando normalmente (ed erroneamente) il termine fine alla retribuzione e il termine funzione alla prevenzione, dobbiamo esaminare con attenzione ciascuna delle costruzioni concettuali, spesso fonte di confusione nella ricerca di legittimità.

Così, le teorie della pena devono rispondere alla seguente domanda: in quali condizioni è legittima l'applicazione di una sanzione?

3. L'Elemento Centrale del Tipo Soggettivo nei Reati Dolosi: Il Dolo5

Prima di poter rispondere alla domanda formulata alla fine del capitolo precedente, passiamo in rassegna alcuni concetti relativi al reato doloso. In prima approssimazione, va rilevato preliminarmente che un'azione tipica può essere eseguita con dolo o per colpa, ma non con entrambe le disposizioni della volontà, perché sono incompatibili.

Il dolo in materia penale si differenzia notevolmente dal dolo in materia civile. In primo luogo, il dolo penale è un concetto neutro dal punto di vista valoriale, sinonimo, semplicemente, dell'intenzione implicita nell'azione (o omissione) tipica, che viene poi giudicata in relazione alle cause di giustificazione (giudizio di antigiuridicità) e in relazione alla colpevolezza del soggetto per il suo comportamento (giudizio di colpevolezza), mentre il dolo civile è sempre sinonimo di malafede, finalizzato a causare danno o lesione a un altro. In secondo luogo, il dolo penale può essere non solo diretto ma anche indiretto o eventuale, classificazione che non esiste in materia civile. Infine, il dolo penale può essere diretto alla commissione di numerosi atti tipici lesivi di vari beni giuridici, mentre il dolo civile è rivolto solo al danno (patrimoniale) o alla lesione (dell'onore) delle persone. La maggiore possibilità di confusione si verifica spesso nelle questioni contrattuali relative al dolo (civile) come vizio del consenso, che nei casi più gravi sfocia in una truffa penale.

Il dolo può essere definito come la conoscenza degli elementi oggettivi del fatto tipico e la volontà di realizzarlo. Cioè, semplicemente, conoscenza e volontà di realizzazione.

Da quanto sopra emerge la distinzione tra l'elemento cognitivo e l'elemento volitivo del dolo.

Nello studio dell'elemento cognitivo del dolo, ci sono due questioni importanti: primo, qual è il contenuto della conoscenza che ci interessa, e secondo, va evidenziato il problema dell'errore sul fatto.

3.1. Contenuto della Conoscenza

In termini di contenuto, la conoscenza dei fatti deve essere completa, estendendosi sia agli elementi del tipo oggettivo (actus reus) sia alle circostanze modificative della responsabilità.

In termini di intensità, non è richiesta una conoscenza tecnica giuridica, che possiederebbero solo gli avvocati, ma, come osservava Mezger, una valutazione parallela nella sfera del profano. Vale a dire, è sufficiente la conoscenza del laico. Riguardo all'intensità della conoscenza, non è necessario che tutti gli elementi siano, secondo l'espressione di Bacigalupo, nel centro focale della coscienza dell'autore; è sufficiente che siano stati percepiti dall'autore, ad esempio, l'aggravante della notte o del luogo deserto, o quella relativa all'esercizio di un culto.

Per quanto riguarda il momento della conoscenza degli elementi del tipo oggettivo, essa deve essere attuale. Richiedere oggi la conoscenza preventiva che l'autore ha avuto e poi dimenticato è irrilevante a questi fini. Anche la conoscenza acquisita dall'autore dopo il compimento del fatto – dolo subsequens o dolo successivo – è irrilevante; non trasforma in doloso un fatto che non lo era.

3.2. Tipi di Dolo

Dal punto di vista dell'elemento volitivo, il dolo ammette una tradizionale classificazione triplice: dolo diretto, dolo indiretto e dolo eventuale.

  1. Il dolo diretto (o dolo di primo grado) è caratterizzato dal fatto che la persona sa quello che fa e vuole quello che fa. La realizzazione del tipo oggettivo è proprio l'obiettivo del soggetto attivo. Pietro sa che puntando la pistola ucciderà Giovanni, vuole farlo e lo fa.
  2. Il dolo indiretto (o dolo di secondo grado), noto anche come dolo di conseguenze necessarie, è una sorta di dolo diretto, caratterizzato dal fatto che l'esito del comportamento non è specificamente mirato, ma si agisce sapendo che tale risultato sarà una conseguenza certa e inevitabile dell'azione. Pietro vuole uccidere Giovanni mettendo una bomba sull'aereo che prenderà. Pietro agisce con dolo indiretto rispetto alla morte dei duecento passeggeri che accompagnano Giovanni in quel viaggio, morte che considera necessaria per il suo scopo.
  3. Il dolo eventuale riflette una completa indifferenza riguardo alla possibilità che il tipo oggettivo si realizzi o meno come risultato dell'azione. Si sottolinea che la differenza essenziale tra dolo diretto ed eventuale si trova sia a livello cognitivo che volitivo. Nel caso del dolo eventuale, il soggetto si rappresenta la realizzazione del tipo come possibile, ma ciò non gli impedisce di compiere la sua azione, agendo con indifferenza rispetto a tale risultato.

Se la conoscenza degli elementi di fatto del reato è imperfetta, è impossibile che l'individuo desideri veramente la realizzazione del delitto, in un diritto penale dell'atto, dove il volere implica un movimento efficiente verso il raggiungimento di un obiettivo specifico. Se Giovanni vuole bruciare la casa di Pietro per riscuotere l'assicurazione, e la brucia senza poter vedere se Pietro è effettivamente dentro, agisce con dolo eventuale, poiché la realizzazione del reato di omicidio è solo possibile. È la possibilità di realizzazione del reato, dovuta, ad esempio, alla conoscenza imperfetta delle circostanze di fatto, che ci permette di stabilire l'esistenza del dolo eventuale in un caso concreto. Infatti, l'evento eventuale non appare mai come fine voluto dal soggetto e non è suscettibile, come tale, di essere voluto dall'agente. L'obiettivo della condotta dell'agente non si trova in quella classica relazione mezzo-fine rispetto alla realizzazione del tipo oggettivo, che caratterizza il dolo diretto. Normalmente, questa condotta è legata come mezzo a un altro fine (es., riscuotere l'assicurazione), ma non rispetto ai reati eventualmente realizzabili.

Di conseguenza, possiamo dire che la differenza radicale tra dolo diretto ed eventuale è che, nel primo, la realizzazione del tipo oggettivo è l'obiettivo della volontà del soggetto e la sua condotta è il mezzo scelto per tale realizzazione; mentre nel dolo eventuale, la realizzazione del delitto è una conseguenza prevedibile del comportamento dell'agente, ma non è espressamente perseguita da quest'ultimo, cosicché il suo comportamento non è un mezzo utilizzato per arrivare a tale realizzazione, ma un mezzo per raggiungere altri scopi, essendo la realizzazione del tipo oggettivo prevista solo come una conseguenza collaterale rispetto alla quale il soggetto attivo esprime indifferenza circa il suo verificarsi.

4. Adeguatezza Tipica dei Reati Colposi

4.1. Concetti Preliminari6

La colpa o negligenza consiste nell'agire imprudente, violando gli obblighi di diligenza, omettendo il controllo adeguato del corso causale per chi ha il potere di farlo, o creando un rischio non consentito, essendo prevedibile e conoscibile il rischio socialmente inappropriato, con conseguente produzione di risultati tipici evitabili (nei reati di evento) e non voluti. Il soggetto agisce dimostrando un disprezzo per il bene giuridico penalmente tutelato.

Con la definizione precedente, riconosciamo implicitamente che la volontà gioca un ruolo solo complementare nella determinazione della colpa, sebbene sia fondamentale nel campo della distinzione tra comportamento doloso e comportamento colposo. Questo perché, come è chiaro, il concetto di colpa si sviluppa a partire da una costruzione normativa incentrata sul dovere di diligenza. Oggi il problema centrale dei reati colposi è la determinazione di tale dovere, che consiste essenzialmente nell'agire con cautela rispetto ai rischi che si creano per i beni giuridici, e i criteri per determinare con precisione quando la sua violazione è rilevante per il diritto penale.

A questo proposito, il codice penale cileno (NdT: si presume riferimento al C.P. Cileno) nel suo articolo 2 stabilisce che le azioni o omissioni commesse con dolo o malizia costituiscono reato; quelle commesse per colpa sono punibili solo nei casi espressamente previsti dalla legge. E all'articolo 10, n. 13, stabilisce che è esente da responsabilità penale chi commette un quasi-delitto (illecito colposo), salvo nei casi in cui la legge lo punisce espressamente.7

Recentemente sono stati compiuti progressi nello studio dei reati colposi, al punto che oggi è comunemente accettata la distinzione tra tipo oggettivo e soggettivo, mentre sono ancora appassionatamente discussi i problemi della partecipazione e dell'imputazione alla vittima.8

Attualmente, secondo Barja López de Quiroga9, ci sono tre tendenze principali:

  1. Coloro che credono che, accanto a un dovere di diligenza oggettivo, appartenente al tipo, esista un dovere di diligenza soggettivo, compreso nella colpevolezza. Questa è la via seguita da Welzel, anche se va precisato che in una prima fase questo autore includeva la diligenza oggettiva come questione di antigiuridicità, ritenendo che il soggetto avrebbe potuto evitare il comportamento illecito agendo con la diligenza dovuta. Successivamente modificò questo punto di vista, includendo la diligenza come problema di tipicità e la prevedibilità individuale come problema di colpevolezza. Si ascrive a questo punto di vista anche Jescheck, distinguendo tra il tipo dell'illecito colposo, o aspetto oggettivo del fatto, e il tipo della colpa, che si interroga se il mandato generale di diligenza e previsione sia stato eseguito dall'autore individuale in base alla sua intelligenza e formazione, capacità ed esperienza di vita e posizione sociale.
  2. Coloro che ritengono che il dovere di diligenza, sia oggettivo che soggettivo, debba essere esaminato a livello di tipicità. Qui spiccano Stratenwerth, Otto e Gössel (si può vedere in particolare questa posizione nella traduzione di Jorge Bofill della 7ª edizione del trattato di Reinhart Maurach, aggiornato da Karl Heinz Gössel e Heinz Zipf)10, sebbene con divergenze di fondo sul fatto che le capacità e le conoscenze speciali debbano essere considerate nel tipo oggettivo o soggettivo, poiché quest'ultimo accetta solo le conoscenze particolari a questo livello, scartando le capacità speciali in una visione oggettiva della violazione del dovere di diligenza. Per noi, tuttavia, le capacità speciali fanno parte o sono incluse nel tipo soggettivo del reato colposo (ricordiamo, inoltre, e per i reati dolosi, che il dolo è conoscenza e volontà di realizzare il tipo oggettivo), e le conoscenze fanno parte del tipo soggettivo dei reati dolosi, questione che vedremo più approfonditamente in seguito.
  3. I criteri che escludono la violazione del dovere di diligenza. Qui troviamo gli approcci che considerano la colpa come un caso di errore, ad esempio Jakobs, che definisce l'imprudenza come una forma di evitabilità in cui l'autore non ha conoscenza effettiva di ciò che dovrebbe essere evitato. Il problema principale, che rende questa posizione un facile bersaglio per le critiche, è che, non ammettendo la colpa cosciente come forma di imprudenza, riconduce i suoi casi alla punibilità per dolo (eventuale). Cioè, basterebbe la rappresentazione del pericolo o della probabilità di realizzazione del tipo per trovarsi di fronte a un caso di dolo eventuale. E la colpa cosciente viene inclusa nella dogmatica dei reati dolosi, sopravvivendo la colpa incosciente come unica forma di imprudenza. Questa opinione è, ovviamente, da respingere, sia da un punto di vista materiale, sia per le sue conseguenze pratiche di inaccettabile ampliamento della punibilità. Accettano o propongono anche di assimilare la colpa cosciente al dolo eventuale, tra gli altri, Bustos e Hormazábal, e in un esercizio simile, il professor tedesco Bernd Schünemann ha proposto di raggruppare concettualmente in una categoria intermedia tra reati dolosi e colposi i casi di dolo eventuale e colpa cosciente; punto di vista anch'esso respinto per l'identico risultato di estendere surrettiziamente la responsabilità penale, dato che il divieto di agire è diverso.

4.2. Il Tipo Oggettivo (Actus Reus)

4.2.1. Concetti Preliminari

Il tipo oggettivo del reato colposo richiede la realizzazione di un rischio che supera quello consentito e la concretizzazione di tale rischio nel risultato (nel caso dei reati colposi di evento), dovendo l'azione essere evitabile. Cioè, l'azione comporta un rischio che supera il rischio consentito e tale pericolo deve concretizzarsi nel risultato.

Sotto l'aspetto oggettivo della violazione del dovere di diligenza, il soggetto deve essere in grado di adottare la condotta corretta, avere la capacità di svolgere l'azione senza creare il pericolo. Anche qui incontriamo il concetto di uomo medio, che dovrebbe tener conto delle capacità specifiche e dell'esperienza richieste per affrontare l'argomento in questione. Questo punto di vista, chiamato determinazione individualizzata dell'imprudenza, è respinto da coloro che adottano un concetto puramente oggettivo, che prescinde dalle capacità speciali dell'autore, pur tenendo conto delle sue conoscenze particolari, come Gössel. Invece, autori come Stratenwerth e Bacigalupo, con i quali concordiamo su questo punto, ritengono che non vi sia motivo di disparità di trattamento tra capacità e conoscenze. Al contrario, come osserva Bacigalupo, chi non viola tale dovere di diligenza in base alle proprie capacità e conoscenze, non avrebbe potuto prevedere la realizzazione del tipo11. Aggiunge Barja López de Quiroga che, se non si prendessero in considerazione le conoscenze e le capacità particolari, non sarebbe possibile la violazione del rischio e il tipo soggettivo del reato colposo12. Ciò che appare chiaro, ma va sottolineato qui, è che le conoscenze particolari, come parte della prevedibilità individuale, anche quando fanno parte della violazione del dovere di diligenza, rientrano nell'aspetto soggettivo del tipo colposo, mentre le capacità individuali, nell'ambito della violazione del dovere di diligenza, rientrano nell'aspetto oggettivo del tipo colposo, nella prevedibilità generale (nel concetto di rischio consentito); ad esempio, capacità ottenute tramite formazione, come quelle speciali dell'istruttore di paracadutismo, del tiratore scelto, o competenze fisiche che implicano l'istruttore di immersioni subacquee o la guida alpina che scala una montagna delle Ande o dell'Himalaya.

Qui dobbiamo anche distinguere, come nel tipo doloso, tra la creazione di un rischio non consentito e la realizzazione di tale rischio (imputazione del risultato, nei reati colposi di evento), nei termini precedentemente studiati.

Ricordiamo che per noi il rischio consentito è causa di esclusione della tipicità (chi agisce entro il rischio consentito non realizza azioni o omissioni tipiche, anche se lede un bene giuridico), come sostengono anche Welzel, Stratenwerth e Bacigalupo; altri, come Jescheck13 nel suo Trattato di Diritto Penale, si sono pronunciati per includere il rischio consentito tra le cause di giustificazione, ma ora ha cambiato posizione e lo menziona solo in questa sede come incluso in ogni causa di giustificazione riconosciuta. Pertanto, chi si comporta entro il rischio tollerabile non realizza un comportamento tipico, o penalmente rilevante, anche quando vi è lesione o messa in pericolo del bene giuridico (essendo un comportamento atipico, si dice solo che non è penalmente protetto, almeno rispetto a tale comportamento; il rischio consentito lascia ciò che è giuridicamente permesso al di fuori dei limiti della tipicità e della tutela penale).

Insieme alla dottrina del rischio consentito, Roxin14 afferma che l'obbligo di diligenza è delineato dal cosiddetto principio di affidamento, secondo il quale chi agisce diligentemente deve poter confidare che anche gli altri lo facciano, dispiegando i suoi effetti quando concorrono le prestazioni di diverse persone. Soprattutto nel diritto della circolazione stradale, è ormai riconosciuto che il suo rifiuto comporterebbe un aumento inaccettabile del rischio. Roxin stesso fornisce un esempio dicendo che chi ha diritto di precedenza a un incrocio non ha bisogno di rallentare, confidando che gli altri rispettino la norma, anche se guidassero ubriachi; la negazione dell'impunità in questo caso comporterebbe l'inaccettabile sanzione del versari in re illicita. Come vedremo di seguito, riguardo alla ripartizione del rischio generato dalla vittima, questo esempio sul rischio consentito rafforza la proposta sistematica dell'imputazione oggettiva del risultato a chi crea il rischio, a condizione che si concretizzi nel risultato.

4.2.2. Elementi del Tipo Oggettivo

Qui ci interessano solo alcuni aspetti del tipo oggettivo, in particolare il comportamento e il verbo principale, il bene giuridico e il risultato.

4.2.2.1. Azione Colposa

È quella che viola il dovere di diligenza oggettivo. Per noi, il dovere di diligenza si determina in base alla teoria del rischio consentito. Non tutti i rischi sono tipici, ma solo quelli che superano i limiti tollerati dall'ordinamento giuridico; cioè, il soggetto è tenuto a non eseguire un'azione che superi il rischio tollerabile. Il rischio consentito esclude la tipicità del comportamento. L'azione viene studiata in base ai tipi di reato di azione.

4.2.2.2. Il Verbo Principale

All'interno del tipo oggettivo del reato colposo, ovviamente la prima cosa che troviamo è il verbo principale, che non è altro che quello contenuto nel reato doloso corrispondente. Quindi, se si tratta di un omicidio colposo, ovviamente il verbo principale sarà quello riferito all'uccidere. Ciò che accade è che, in questo caso, la morte altrui si verifica come conseguenza di una violazione del dovere di diligenza. È la modalità dell'azione che definisce chiaramente l'azione tipica.

4.2.2.3. Il Bene Giuridico

I beni giuridici penalmente tutelati, ribadendo concetti generali, devono essere meritevoli di tutela, bisognosi di tutela penale e il diritto penale deve essere capace di proteggerli. Riguardo alla meritevolezza di tutela, non dobbiamo dimenticare che il diritto penale ammette diverse accezioni in relazione al bene giuridico che può contenere, proteggendo quei comportamenti che vengono valutati come idonei a lederlo e che, attraverso una valutazione sociale, sono considerati pertinenti per elevare la tutela penale. Cioè, la meritevolezza di tutela penale di un bene giuridico si costruisce sia sul valore sociale del bene e sulla sua importanza, sia sulla gravità dell'attacco15. Nel delitto colposo, la violazione del dovere di diligenza e la creazione di un rischio non consentito costituiscono un'aggressione al bene giuridico di entità minore rispetto a quella realizzata dolosamente, e quindi l'applicazione di sanzioni penali all'imprudenza o negligenza nel nostro diritto penale è molto limitata. Riguardo al bisogno di protezione, ovvero la qualità del bene giuridico di necessitare protezione penale, deve trattarsi di un bene che non possa essere adeguatamente o efficacemente protetto da altri settori dell'ordinamento giuridico. Come vedremo trattando la colpa incosciente nel tipo soggettivo, crediamo che la tutela offerta dal settore privato o civile sia sufficiente in questo caso, non essendo necessaria la tutela penale per beni giuridici lesi per negligenza non rappresentata. Riguardo alla capacità di protezione del settore penale dell'ordinamento giuridico, non solo può esserci un errore materiale dovuto a ignoranza scientifica, ma ci sono beni giuridici che non sono suscettibili di una protezione reale ed efficace a causa, ad esempio, del momento storico-culturale che si vive, come nei casi di pudore, decoro, ecc. Non dobbiamo dimenticare, naturalmente, che il bene giuridico leso nei delitti dolosi e colposi non cambia.

4.2.2.4. Il Nesso di Causalità (Imputazione Oggettiva)

Oggettivamente, si imputa l'effetto, cioè il risultato (nel caso dei reati colposi di evento), che può essere normativamente attribuito all'azione negligente o imprudente. Si determina attraverso un'operazione mentale consistente nello stimare se, senza l'atto o l'omissione creativa del rischio non consentito, il risultato derivante dalla mancanza della diligenza richiesta dalla legge non si sarebbe verificato.

Oltre al fatto che il risultato costituisca la realizzazione del rischio creato dall'azione, si utilizzano criteri di imputazione. Il primo, secondo Roxin16, è la teoria dell'aumento del rischio, che afferma che è necessario che il comportamento del soggetto abbia aumentato la possibilità di produzione del risultato rispetto al rischio accettabile all'interno della gamma del rischio tollerabile. Inoltre, come segnalato da Gimbernat17, si utilizza come criterio di imputazione la teoria dello scopo di protezione della norma, secondo la quale la norma che impone il dovere di diligenza mira a evitare certi risultati e non altri; quando il risultato prodotto non è tra quelli, trovandosi al di fuori dell'ambito di protezione, si deve negare l'imputazione. Infine, si rispetta il criterio della teoria dell'evitabilità, che richiede di chiedersi cosa sarebbe successo se la persona avesse agito conformemente alla norma. Se, pur agendo conformemente ad essa, il risultato si sarebbe comunque verificato, l'imputazione deve essere negata. Per Bacigalupo18, ai fini dell'imputazione del risultato, è sufficiente che l'azione conforme al dovere di diligenza avrebbe potuto evitare la produzione del risultato, mentre altri autori, come Barja López de Quiroga19, richiedono un'elevata probabilità, piuttosto che una mera possibilità; naturalmente, nessuno richiede la certezza assoluta. Si menziona inoltre il già citato principio di affidamento, che più che un limite al rischio, è un criterio di imputazione secondo il quale si deve riconoscere che il soggetto può ritenere che gli altri si comporteranno secondo la norma.

4.2.2.5. Il Risultato

Ci riferiamo ad esso nei termini spiegati sopra, nel caso dei reati di evento. Questo richiede una breve spiegazione. Come notato sopra, il risultato non è un elemento del tipo oggettivo dei reati colposi, tranne nei casi in cui è richiesto da essi. Come nei reati dolosi, esistono reati colposi di evento e reati colposi di mera attività. Esempi di reati colposi di mera attività si trovano nel codice penale cileno (NdT: si presume riferimento al C.P. Cileno) nei reati previsti all'articolo 224, n. 1, articolo 225, n. 1, articolo 228, comma 2, articolo 229, articolo 337 comma 2, e nella contravvenzione di cui all'articolo 494 n. 10. Ovviamente ci riferiamo al risultato materiale, non a quello giuridico, che è la lesione del bene giuridico penalmente tutelato.

Pertanto, il risultato deve essere oggettivamente imputabile all'azione illecita. Il soggetto attivo non risponde se non della propria violazione della norma di diligenza. In caso di danno derivante da un'azione o omissione negligente della vittima stessa, esso le sarà imputato (imputazione a carico della vittima). Così, ad esempio, se Pietro guida incautamente il suo veicolo e passa un incrocio nonostante un segnale di stop, impattando contro il veicolo guidato da Giovanni, e quest'ultimo viene sbalzato fuori dal veicolo a seguito dell'impatto, subendo lesioni gravi, Pietro non dovrebbe rispondere penalmente per le lesioni se Giovanni guidava omettendo l'uso della cintura di sicurezza, imposto dal regolamento a tutti i conducenti, poiché è altamente probabile che l'espulsione dal veicolo e i danni conseguenti non si sarebbero verificati se l'avesse utilizzata. Altri esempi nella stessa direzione possono includere il comportamento di Giovanni che guida di notte con le luci del veicolo spente, con carico sistemato in modo improprio o senza l'autorizzazione per trasportare tale carico, ecc.

4.2.3. Forme di Colpa

La classificazione tradizionale delle forme di colpa comprende l'imprudenza, la negligenza e l'imperizia.

  • L'imprudenza consiste nell'affrontare un rischio chiaramente non controllabile, violando il dovere di diligenza. Nel Codice Penale cileno (NdT: si presume riferimento al C.P. Cileno), l'art. 490 sanziona l'imprudenza temeraria, che è il grado più intenso di colpa ai fini sanzionatori e corrisponde all'ignorare i più elementari doveri di diligenza.
  • La negligenza consiste nell'affrontare un rischio controllabile, ma che sfocia in un risultato tipico per mancanza di attenzione o cura nell'agire. Solitamente, la dottrina cilena la identifica con la mancanza della cura che l'uomo medio impiega nelle attività che svolge20.
  • Infine, l'imperizia comporta l'assunzione di rischi per i quali si è consapevoli di non avere sufficiente preparazione, richiedendo conoscenze o abilità particolari.

In ultima analisi, la colpa implica sempre una violazione del dovere di diligenza nella vita di relazione, che si traduce nel non controllare adeguatamente i corsi causali, creando rischi non consentiti pur potendolo fare, al fine di evitare risultati indesiderati che ne conseguono (tipici). Certo, l'assenza o la mancanza di un adeguato controllo dei rischi nella creazione di decorsi causali non ammessi può verificarsi sia per averli generati o esservisi immischiati senza prendere le dovute precauzioni per evitarne la deviazione (colpa commissiva), sia per non essere intervenuti, potendo e dovendo farlo, per modificare o sospendere tale corso causale, ma astenendosene non per dolo di alcun tipo, ma solo per non essere stati attenti ai propri doveri di agire (colpa omissiva).

4.2.4. Il Tipo Soggettivo

Quando ci riferiamo al problema della soggettività nel tipo del reato imprudente, è evidente che l'analisi respinge nettamente le vecchie nozioni causalistiche, tipiche dei primi anni Trenta del XX secolo, anche se tali concezioni sopravvivono, soprattutto in America Latina, per mano di alcuni autori che con esse si sono formati durante la loro gioventù. Un sistematico causalista conosce la distinzione tra tipo oggettivo e tipo soggettivo e anche la distinzione tra dovere di diligenza oggettivo e soggettivo nel reato imprudente. Tuttavia, per quanto rispettabili siano questi punti di vista come credenze personali degli autori che li difendono oggi, dopo più di settant'anni di evoluzione dogmatica, rappresentano solo un interesse storico locale, quindi li lasceremo da parte in questa analisi.

Per noi, così come abbiamo separato lo studio degli aspetti o lati oggettivi e soggettivi del tipo doloso, dobbiamo anche distinguere tra tipo oggettivo e tipo soggettivo del reato colposo. Mentre nel tipo oggettivo si stabilisce, come discusso finora, la violazione del dovere di diligenza, la causalità e l'imputazione oggettiva, nel tipo soggettivo analizzeremo gli elementi cognitivi e volitivi.

Di conseguenza, riconosciamo, accanto all'esistenza di un tipo oggettivo, un tipo soggettivo colposo, ma precisando che tale questione, come nei reati dolosi, è una divisione didattica piuttosto che reale.

Solitamente si caratterizza, inoltre, il lato soggettivo della colpa mediante un elemento positivo, cioè che l'autore ha voluto realizzare la condotta imprudente, e uno negativo, cioè che l'autore non ha voluto che si producesse il risultato. Alcuni autori, come Garrido Montt21 in Cile, considerano che questi elementi, positivo e negativo, costituiscono il tipo soggettivo dei reati colposi, una posizione che, pur rispettabile, non sembra sufficiente.

Per noi, il tipo soggettivo colposo include:

  • Un elemento cognitivo: la prevedibilità del risultato tipico e la conoscenza (o possibilità di conoscenza) del rischio socialmente inadeguato che si crea per un bene giuridico attraverso il proprio comportamento rischioso.
  • Un elemento volitivo: la decisione volontaria di mantenere il comportamento negligente o trascurato, nonostante si conosca (colpa cosciente) il rischio per il bene giuridico tutelato, credendo di poterlo evitare, oppure il mero dovere di conoscere tale rischio senza però farlo (colpa incosciente), perché se non si ha nemmeno la possibilità di evitarlo, riteniamo, come si vedrà di seguito, che debba essere considerato impunito.

È qui, nel tipo soggettivo dei reati colposi, che includiamo le conoscenze particolari del soggetto attivo, che aumentano la possibilità di prevedere il risultato tipico conoscendo il rischio socialmente inappropriato creato con l'azione rischiosa che viola il dovere di diligenza. Ad esempio, un esperto informatico di un sistema bancario ha una maggiore possibilità di conoscere il rischio e prevedere il risultato se effettua il backup delle informazioni dei conti correnti in un formato facilmente corruttibile da sovraccarico di informazioni, producendone la perdita.

Dal nostro punto di vista, lo schema è il seguente:

                  elemento cognitivo --> Prevedibilità (del risultato tipico)
                 /                     Conoscenza (del rischio socialmente inappropriato)
Tipo Soggettivo --
                 \                     Conoscere il rischio (Colpa cosciente)
                  elemento volitivo --> (Decisione volontaria, nonostante ciò)
                                       Semplice dovere di conoscere, senza farlo (Colpa incosciente)

Inoltre, questo schema è un'elaborazione basata sul riconoscimento dell'innegabile importanza del reato colposo. I processi penali per reati colposi, specialmente in relazione agli attacchi contro la persona nelle sue condizioni fisiche, sono di gran lunga superiori per numero e frequenza a quelli per reati dolosi. Ciò è molto logico se si considera che il comportamento doloso è molto più marginale e, quindi, eccezionale rispetto al reato colposo. Gli omicidi passionali o le vendette commesse con dolo sono eventi molto meno frequenti delle morti che si verificano quotidianamente a causa di incidenti stradali. È per questa crescente importanza che alcuni autori hanno sollevato la necessità di un diritto penale speciale per la colpa, posizione con cui siamo d'accordo.

4.2.5. Specie di Colpa
4.2.5.1. Colpa Cosciente (o con Rappresentazione)

Il soggetto si rappresenta come possibile il risultato, conosce il pericolo creato dal suo comportamento e, tuttavia, agisce. In questo caso, confida di poter evitare il risultato e ne respinge la possibilità di accadimento. Questo rifiuto categorico del risultato è ciò che la differenzia dal dolo eventuale.

4.2.5.2. Colpa Incosciente (o senza Rappresentazione)

Qui il soggetto non si rappresenta nemmeno il risultato. Cioè, non prevede l'esito, anche se, naturalmente, esso è prevedibile. Un esempio classico di questa situazione sono i cosiddetti reati di dimenticanza. Si ritiene quindi che si rispetti il tipo soggettivo se, data la sua situazione, poteva e doveva conoscere il pericolo della sua azione. È così sottile la rimproverabilità dell'azione, che può essere disvalorata solo con rigorosi criteri normativi, confrontando l'azione intrapresa dal soggetto con quella che avrebbe dovuto e potuto compiere, motivo per cui alcuni autori ne discutono l'incriminazione. In questo senso, Bacigalupo22 ha dichiarato che non è certo che la punibilità della colpa incosciente sia compatibile con il principio di colpevolezza, indicando che l'autore che non è consapevole del pericolo della sua azione difficilmente può essere motivato a correggere la rotta della stessa.

Come si può vedere, nel passaggio dal dolo eventuale alla colpa cosciente e poi alla colpa incosciente, si riduce gradualmente l'elemento cognitivo, e nella colpa incosciente (per questo chiamata anche 'senza rappresentazione') si attenua, fino a scomparire, l'elemento volitivo.

Per noi, la cosiddetta colpa incosciente deve rimanere impunita. Questo principalmente per due motivi. Primo, il diritto penale non deve proteggere i beni giuridici più preziosi da attacchi che, sebbene lesivi, mancano di rilevanza o gravità, e quindi mancano del bisogno di protezione penale, essendo sufficiente la tutela offerta dall'ordinamento giuridico attraverso il settore civile o privato. Secondo, e come ragione principale, il livello minimo richiesto per il tipo soggettivo colposo è che il soggetto attivo si sia rappresentato il pericolo della sua condotta, e non, come nel livello del tipo soggettivo nel reato doloso, che si rappresenti gli elementi del tipo oggettivo. Cioè, deve essere possibile rappresentarsi il rischio creato dalla condotta. Se non c'è prevedibilità del risultato tipico, né conoscenza del rischio socialmente inappropriato, si violerebbe il principio di colpevolezza per il fatto (nulla poena sine culpa) e il principio di legalità in generale. Se il rischio non è rappresentato, non si può credere di eluderlo, né tentare di eluderlo, diventando un "dover sapere" che rasenta l'ignoranza invincibile del divieto o del mandato, la quale esclude la tipicità e, quindi, l'illiceità della condotta. Non si tratta, come sostiene Bacigalupo, di una violazione del principio di colpevolezza (poiché egli ritiene che l'elemento soggettivo del dovere di diligenza sia radicato nella colpevolezza, come Welzel), ma di un problema di tipicità soggettiva e dell'importanza di stabilire la rilevanza e il livello dei comportamenti vietati.

Un'altra interpretazione che non escluda la punibilità della colpa incosciente potrebbe ledere il principio di legalità e il divieto costituzionale di presunzione di colpa, andando contro le interpretazioni contemporanee più ragionevoli dell'articolo 1 del codice penale cileno (NdT: si presume riferimento al C.P. Cileno), che limita la responsabilità penale ai casi di coscienza dell'illiceità, reale o potenziale. Se l'agente non può rappresentarsi, nemmeno potenzialmente, l'illiceità della sua azione, il suo comportamento deve rimanere impunito. Non si può imputare nulla, e questi sono i casi più noti di colpa incosciente. Come discusso nel paragrafo seguente, questa non è una questione minore.

5. Criteri di Distinzione tra Dolo Eventuale e Colpa Cosciente

Il problema più grande del dolo eventuale è la sua delimitazione rispetto alla colpa cosciente. Fondamentalmente, si distinguono le teorie che pongono l'accento sull'aspetto volitivo del dolo (teorie del consenso, della volontà o dell'accettazione) e quelle che sottolineano l'aspetto intellettuale (teorie della rappresentazione o della probabilità).

  1. Nelle teorie della rappresentazione, si stima che vi sia dolo eventuale quando una persona si è rappresentata la realizzazione del risultato (o meglio e più precisamente, la realizzazione del tipo oggettivo) come molto probabile. Si sostiene, infatti, che chi non sa che il tipo oggettivo sarà probabilmente realizzato, non può nemmeno accettarne la realizzazione nella sua volontà. Le critiche mosse riguardano casi specifici in cui il soggetto attivo, pur rappresentandosi come altamente probabile la produzione del risultato o la realizzazione del tipo oggettivo, non ha accettato in alcun modo nella sua volontà tale realizzazione (è il caso del medico che assume il rischio di un'operazione senza mezzi igienici adeguati nel tentativo di salvare la vita di un ferito nel deserto).
  2. Le teorie della volontà ritengono necessario dimostrare, ovviamente attraverso elementi esterni, che il soggetto attivo ha effettivamente accettato nella sua volontà, con indifferenza, la realizzazione del tipo oggettivo o la produzione del risultato, fatto che è indipendente dal grado di probabilità che il soggetto si sia rappresentato per tale realizzazione o produzione.

Nell'ambito di queste teorie della volontà, si trovano le teorie ipotetiche e positive del consenso. La prima indica che si deve valutare l'esistenza del dolo eventuale se il soggetto, qualora avesse saputo che il risultato si sarebbe prodotto (o il tipo oggettivo si sarebbe realizzato) con certezza, avrebbe agito comunque (in altre parole, avrebbe agito con dolo diretto, o eventualmente con dolo indiretto). Per la teoria positiva del consenso (Frank), si deve semplicemente lavorare con la situazione volitiva effettiva del soggetto, apprezzata da dati esterni, nel senso di verificare se ha espresso una genuina indifferenza rispetto alla possibilità di produrre il risultato o realizzare il tipo oggettivo: che si verifichi o meno, non importa, agisco comunque.

  1. Altri concetti. Nella moderna dottrina penale si sono compiuti sforzi per raggiungere criteri di classificazione migliori. Così, ad esempio, per Stratenwerth, se il soggetto ha preso sul serio la possibilità di realizzazione degli elementi oggettivi del tipo e, nonostante ciò, ha agito, ci sarebbe dolo eventuale; mentre se ha confidato, per leggerezza o temerarietà, che il comportamento non avrebbe realizzato il tipo, ci sarebbe imprudenza cosciente. Hanno abbracciato questo approccio, tra gli altri, Jescheck, Wessels, Roxin e Rudolphi, in Germania, e, analogamente, Zugaldía Espinar, in Spagna. Contrariamente si pronuncia Cerezo Mir, che ritiene che ciò danneggi le persone scrupolose, coscienziose e responsabili, e favorisca, invece, i distratti o egoisti, che non riflettono e quindi non prendono sul serio la possibilità di realizzazione del tipo.

Quindi, possiamo concludere, seguendo la professoressa spagnola di Cadice, Esther Hava García23, che tradizionalmente la dottrina maggioritaria aveva compreso che, sebbene il dolo eventuale abbia in comune con la colpa cosciente il fatto che l'autore si rappresenti come possibile la realizzazione del tipo, il dolo rivela, rispetto all'imprudenza, un eccesso di gravità dell'illecito materializzato in un'accettazione più o meno intensa del fatto tipico. Al contempo, un altro settore dottrinale, inizialmente molto minoritario, cominciò a negare rilevanza all'elemento volitivo nel classificare un comportamento come doloso. Tuttavia, nessuna di queste posizioni dottrinali è stata in grado di fornire criteri oggettivi che riuscissero pienamente a delimitare l'ambito del dolo eventuale rispetto all'imprudenza cosciente: le prime, presupponendo l'esistenza di un elemento soggettivo così difficile da dimostrare come la volontà di realizzare un determinato tipo penale; le seconde, proprio perché prescindono dall'elemento volitivo e concentrano esclusivamente il contenuto del dolo eventuale sull'elemento cognitivo. In questa prospettiva, i contributi moderni hanno scelto due vie diverse: la prima si caratterizza per i tentativi di ridefinire o, se si vuole, ammorbidire l'elemento volitivo, al fine di giustificare anche nel dolo eventuale la presenza di questa componente; mentre la seconda fa scomparire quest'ultima dal contenuto stesso del dolo, arricchendo e qualificando, invece, l'elemento cognitivo per renderlo l'unico criterio valido di demarcazione rispetto all'imprudenza.

6. Il Problema

6.1. Adattare i Concetti di Fine e Funzione per Risolvere i Problemi

Le conseguenze dell'adozione di una posizione o dell'altra non sono irrilevanti. Se si parte da una concezione dualistica, in cui si mantengono in una certa misura le componenti tradizionalmente assegnate al dolo (cioè, conoscenza e volontà), è possibile distinguere le due categorie classiche della colpa (cosciente e incosciente) e mantenere queste figure al di fuori dell'ambito dei reati dolosi, circoscrivendo e affermando il carattere eccezionale della punibilità della colpa cosciente. Al contrario, se si accetta una visione monistica, che concepisce il dolo come pura conoscenza, la distinzione tra colpa cosciente e colpa incosciente (o colpa con e senza rappresentazione) perde gran parte del suo significato, al punto che la prima categoria si integrerebbe nel contenuto del dolo eventuale, lasciando come unica modalità possibile di commissione colposa quella incosciente. La conseguenza politico-criminale di questa seconda opzione è chiara: comportamenti che tradizionalmente sono stati considerati, e se del caso puniti, come imprudenti (anche se il soggetto si rappresentava la possibilità del risultato) dovrebbero ora essere considerati dolosi; la loro punizione, lungi dall'essere eccezionale, si aggraverebbe e diventerebbe la regola24. Ovviamente, noi rifiutiamo questa seconda possibilità, per violazione dei principi di legalità e colpevolezza.

6.2. Criteri per una Soluzione: La Distinzione tra Disvalore dell'Azione e Disvalore dell'Evento

Il diritto penale, come settore giuridico costituito da un insieme di norme giuridiche, integra gli altri settori contenendo una regola di condotta imposta ai cittadini mediante un mandato di fare o di omettere, e la minaccia di una sanzione penale per chi disobbedisce a tale mandato.

Il diritto penale contiene giudizi di valore su un determinato evento, e ciò, associando una sanzione alla sua realizzazione – o omissione – sta esprimendo un giudizio di disvalore su di esso. In questo senso, la norma penale è una norma oggettiva di valutazione. Ma oltre a ciò, la norma penale contiene un imperativo destinato a incidere sulle tendenze antisociali dell'individuo, agendo così come fattore che dovrebbe motivare il comportamento umano socialmente adeguato. Poiché il diritto penale sanziona le infrazioni alle norme giuridiche, si parla di disvalore dell'azione.

Se diciamo che il diritto penale è un settore giuridico di carattere punitivo, il cui fine è regolare le relazioni umane e gestire la struttura sociale per consentire la coesistenza, proteggendo determinati valori fondamentali per l'individuo e la comunità di cui fa parte, mediante l'imposizione di pene o l'istituzione di misure di sicurezza contro chi li viola, questi valori sono i beni necessari all'individuo o alla comunità per la sua realizzazione e sviluppo. Poiché questi beni meritano la protezione del diritto, sono chiamati beni giuridici.

Dei valori che riguardano l'individuo e la comunità e sono meritevoli di tutela da parte di altri settori del diritto, il diritto penale non giustifica la sua protezione "particolarmente forte" per tutti, ma solo per i più fondamentali: quelli la cui lesione o messa in pericolo costituisce un disturbo essenziale per le basi che rendono possibile la convivenza umana. Né li deve proteggere da qualsiasi attacco, ma solo da quelli che, per la loro particolare intensità o modalità, sono più intollerabili per la convivenza. Poiché il diritto penale mira a proteggere i beni giuridici, dalla loro lesione o messa in pericolo parliamo di disvalore dell'evento (o del risultato).

Bene, poniamoci la seguente domanda: qual è la relazione tra il disvalore dell'azione e il disvalore dell'evento nelle categorie dei reati colposi e dei reati dolosi? In entrambe le categorie di reati, possiamo osservare nel tipo oggettivo che si produce lo stesso disvalore dell'evento, cioè la lesione o messa in pericolo di un bene giuridico. Tuttavia, il disvalore dell'azione è diverso, poiché è più disvaliosa la violazione della norma quando è accettata dall'agente, come nel caso del dolo25.

Così, si scopre che, in materia di fine del diritto penale, chi pone l'accento sulla tutela della vigenza della norma dovrebbe anche essere a favore di far prevalere il disvalore dell'azione sul disvalore dell'evento e, viceversa, chi pone l'accento sulla tutela dei beni giuridici dovrebbe dare primazia al disvalore dell'evento sul disvalore dell'azione per presentare una posizione di coerenza sistematica nelle proprie dottrine. Ad esempio, abbiamo il punto di vista dell'autorevole funzionalista Jakobs26, per il quale lo scopo principale del diritto penale è proteggere la vigenza della norma e, quindi, concentra le sue argomentazioni sul disvalore dell'azione. Tuttavia, quando si tratta di discutere sulla distinzione tra dolo eventuale e colpa cosciente, non include questi argomenti, poiché nella sua ricerca di un concetto di dolo eventuale basato esclusivamente sulla conoscenza, ignora la profonda contraddizione in cui incorre, neutralizzando il disvalore dell'azione dando priorità al disvalore dell'evento. Questo perché, se si considera uguale il disvalore di un'azione compiuta con colpa cosciente e un'altra compiuta con dolo eventuale, si trascurano le differenze strutturali tra la norma e il mandato in essa contenuto, poiché non si tiene conto della disobbedienza cosciente e voluta rispetto a quella non voluta.

Ebbene, è per questo che non si può prescindere da una priorità di un disvalore rispetto all'altro, poiché ci sono casi che dimostrano, come la distinzione tra colpa cosciente e dolo eventuale, che sia il disvalore dell'azione (la violazione della norma) sia il disvalore dell'evento (la lesione del bene giuridico) hanno un ruolo da svolgere nella motivazione del diritto penale. Non possiamo sconfiggere lo scopo di tutela dei beni giuridici che ha il diritto penale, assegnandogli come unico scopo il disvalore dell'azione per contenere l'illecito, poiché i comandi e i divieti sono parte dell'essenza del settore giuridico punitivo, e non semplici indicatori di uno scopo preventivo. Di fronte alla costante minaccia di abuso dello ius puniendi statale, ad esempio, i tipi di responsabilità oggettiva sono violazioni delle norme contenute nei tipi penali che compongono la tipicità e sono garantiti dalla nostra Costituzione.

Ricordiamo qui, riguardo alla distinzione tra reati dolosi e reati colposi, la domanda che formulammo in precedenza discutendo le teorie della pena: a quali condizioni è legittima l'applicazione di una sanzione?

La nostra risposta è che, affinché l'applicazione di una sanzione nei casi vicini ai confini tra colpa e dolo sia legittima, conformemente ai fini e alle funzioni del diritto penale, è opportuno utilizzare il doppio argomento del disvalore dell'azione e del disvalore dell'evento. Questo perché non è possibile sostenere l'applicazione di una sanzione dolosa quando c'è un minor disvalore dell'azione, cioè quando manca l'elemento volitivo nel tipo soggettivo, basato sulla decisione volontaria di mantenere il comportamento negligente o trascurato nonostante si conosca il rischio a cui si sottopongono i beni giuridici penalmente tutelati, nella convinzione di evitare il pericolo o la lesione; il soggetto attivo non mira né vuole la violazione della norma.


* Direttore del Dipartimento di Scienze Penali, Facoltà di Giurisprudenza, Università del Cile. E-mail: [email protected]
** Assistente, aggiunto alla Cattedra della Professoressa Bullemore, Dipartimento di Scienze Penali, Facoltà di Giurisprudenza, Università del Cile. E-mail: [email protected]

1 Cfr. Bullemore G., Vivian e MacKinnon R., John. Scopo e funzione del diritto penale e della pena: le teorie della pena. Annali della Facoltà di Giurisprudenza 5ª Epoca (1) 2004: 13-33.
2 Guirao Alcácer, Rafael. I fini del Diritto Penale. Liberalismo e comunitarismo nella giustificazione della pena. Ed. Ad-Hoc. Buenos Aires. Argentina. 2001. P. 258. Sebbene (è vero che) la protezione effettiva dei beni giuridici proteggerà sempre il funzionamento delle norme, perché il fine è che esse siano di fatto rispettate, il ruolo di protezione della vigenza, pur potendo indurre chi si allontana dal rispetto della norma a rimanervi, di per sé non implica alcuna protezione effettiva del bene giuridico, ma solo la convinzione che ciò avvenga. Materialmente, quindi, la soddisfazione di entrambi i compiti può essere raggiunta solo quando si assume come scopo primario la protezione dei beni giuridici. ... optando per uno scopo o un altro come telos del diritto penale si deve prestare particolare attenzione ai criteri valutativi di legittimità, secondo cui, da una concezione liberale, lo scopo primario deve essere la protezione (degli) interessi immediati individuali, la sicurezza fattuale dei beni giuridici", e solo secondariamente si assicura la protezione cognitiva della sicurezza, che può essere intesa come bene mediato per i cittadini. ... In conclusione, lo scopo preventivo del diritto penale, oltre al fine garantistico di proteggere le persone contro la violenza statale, si trova soprattutto nella protezione dei beni giuridici, e solo secondariamente nel tutelare la vigenza della norma, per il già menzionato stretto collegamento funzionale, anche se non del tutto reciproco. Quindi, assicurare le aspettative funziona come un fine in sé, anche se di secondo ordine, ma anche come un mezzo – data la sua promozione del rispetto delle norme – per raggiungere l'obiettivo principale di tutela dei beni giuridici. Cfr. Guirao Alcácer, Rafael. Il concetto di illecito penale: lesione del dovere o lesione del bene giuridico? Ed. Ad-Hoc. Buenos Aires. Argentina. 2003. Pp. 143 e segg.
3 Welzel, Hans. Diritto penale tedesco. Parte Generale. 11ª edizione. Trad. Juan Bustos e Sergio Yáñez. Ed. Jurídica de Chile. 1976. Pp. 12 e segg. La missione centrale del diritto penale è, dunque, assicurare la validità incrollabile di questi valori dell'atto mediante l'ingiunzione e la pena per il mancato rispetto dei valori fondamentali dell'atto espressi nel diritto. ... Il diritto punisce il mancato rispetto effettivo dei valori della coscienza giuridica, proteggendo nel contempo i beni giuridici a cui si riferiscono quei valori dell'agire. ... Tuttavia, la missione primaria del diritto penale non è la protezione reale e attuale dei beni giuridici, ossia la protezione della persona, dei suoi beni, ecc. Beh, in realtà entra in azione, di solito è troppo tardi. Più essenziale della protezione di determinati beni giuridici specifici, è il compito di assicurare l'effettiva vigenza (osservanza) dei valori dell'atto della coscienza giuridica, poiché essi costituiscono il fondamento più solido che sostiene lo Stato e la società. La mera protezione dei beni giuridici ha solo uno scopo preventivo, poliziesco e di carattere negativo. Al contrario, la missione più profonda del diritto penale è di natura etico-sociale e di carattere positivo.
4 Cfr. Ferrajoli, Luigi. Diritto e ragione. Teoria del garantismo penale. (Traduzione italiana dell'autore). Laterza. 1989. (NdT: La citazione originale sembra riferirsi a un'opera diversa o a una raccolta specifica, ma il concetto è centrale in Ferrajoli). Pagina 26 (dell'edizione citata nel testo originale): Un vizio metodologico che si può riscontrare in molte delle risposte alla domanda "perché punire" è la confusione in cui esse incorrono tra funzione e scopo, o tra essere e dover essere della pena, e la conseguente assunzione di tutte le spiegazioni come giustificazioni o viceversa. Questa confusione è praticata soprattutto da coloro che elaborano o sostengono dottrine filosofiche di giustificazione, presentandole come teorie sociologiche della pena.
5 Cfr. Bullemore G., Vivian R., MacKinnon R., John R. Corso di Diritto Penale. Parte Generale. Tomo II, Teoria del Reato. 2ª edizione. Ed. LexisNexis Chile. 2007. Pp. 40 e segg.
6 Cfr. Bullemore G., Vivian R., MacKinnon R., John R. Corso di Diritto Penale. Tomo II. Op. cit., pp. 50 e segg.
7 In Cile vige il sistema del numerus clausus, cioè si punisce il comportamento colposo solo eccezionalmente, e in genere solo nei delitti contro le persone (articoli 490 e seguenti del Codice Penale). Si prevede un sistema di criminalizzazione del comportamento negligente cosiddetto misto, ereditato dal codice penale spagnolo del 1848, e interpretato come crimina culpae, al contrario di culpa criminis. Questo richiede una breve spiegazione. Il sistema dei crimina culpae implica che le ipotesi colpose siano numerus apertus, con disposizioni generali per la pena, mentre nel sistema della culpa criminis il reato colposo, per quanto riguarda la sua tecnica di tipizzazione, è simile al reato doloso, accettando solo tipi concreti. Ovviamente, per violazione del principio di tassatività, il sistema dei crimina culpae non rispetta il principio di legalità, raggiungendo a volte risultati assurdi. Dobbiamo chiarire, però, che nel codice penale cileno esistono clausole generali, ma limitate, come nel caso dei delitti contro le persone (art. 490, 491 e 492). L'argomento di maggior peso che fa pendere la bilancia in questo settore, nel senso di interpretare il reato colposo come crimina culpae, risiede nel necessario raccordo che deve esistere tra l'ipotesi colposa e l'ipotesi dolosa, che generalmente è descritta rispetto a clausole generali. E non dobbiamo dimenticare i numerosi tipi di negligenza che esistono nel codice penale, come nel caso dell'articolo 224, n. 1, 225 n. 1, 228 comma 2, 229, 234, 243, 302, 329, 333 e 337.
8 Cfr. Bullemore G., Vivian R., MacKinnon R., John R. Il reato colposo e quattro aree problematiche: il tipo soggettivo, l'errore di tipo, l'imputazione alla vittima e la partecipazione. Gazzetta Giuridica (NdT: traduzione approssimativa di "Gaceta Jurídica"). Santiago, Cile. Dicembre 2005 (N° non specificato nel testo originale, ma probabilmente riferito a un numero specifico). Pp. 9-29.
9 Barja López de Quiroga, Jacobo. Il reato imprudente nel Codice Penale del 1995. Cuadernos del Consejo General del Poder Judicial. Seconda epoca (40) Ottobre-Dicembre 1995. Ed. Consejo General del Poder Judicial. Madrid, Spagna. 1995. Pp. 215-245.
10 Maurach, Reinhart. Diritto Penale: Parte Generale. Aggiornato da Gössel Karl Heinz e Heinz Zipf. Traduzione della 7ª edizione tedesca di Jorge Bofill Genzsch. Ed. Astrea, Buenos Aires, Argentina. 1995.
11 Bacigalupo, Enrique. Principi di Diritto Penale. Parte Generale. 5ª edizione. Ed. Akal, Madrid, Spagna. 1998. P. 244.
12 Barja López de Quiroga, op. cit., p. 230.
13 Jescheck, Hans-Heinrich. Trattato di Diritto Penale. Parte Generale. 4ª edizione. Trad. José Luis Manzanares Samaniego. Ed. Comares. Granada. Spagna. 1993. Pp. 537 ss.
14 Roxin, Claus. Diritto Penale. Parte Generale. Tomo I. Fondamenti. La Struttura della Teoria del Reato. Trad. della 2ª edizione tedesca (NdT: il testo originale cita la 4ª ed., ma la traduzione spagnola citata è della 2ª) di Diego-Manuel Luzón Peña, Miguel Díaz y García Conlledo e Javier de Vicente Remesal. Ed. Civitas, Madrid, Spagna. 1997. Pp. 1004 e segg.
15 Cfr. MacKinnon R., John R. Il bene giuridico e la partecipazione nel delitto di ricettazione. Ed. LexisNexis, Santiago del Cile, 2004, p. 3. Questo oggetto di protezione, o bene giuridico, non è solo un oggetto di corrispondenza minima, ma un principio guida per l'interpretazione del diritto penale; si definisce mediante l'interpretazione nel contesto dei significati possibili sostenuti dal testo di un reato. Se le interpretazioni sono tinte con le sfumature soggettive dell'interprete, nel quadro dei significati possibili nella formulazione del testo, che a sua volta è definito dal contesto sociale in cui si trova – da uno all'altro, l'interprete e il testo – è possibile richiedere uno schermo che dia toni di razionalità al processo. In questo filtro risiede il sistema di garanzie penali sviluppato nel moderno Stato liberale e democratico di diritto. Cioè, l'insieme dei principi fondamentali del diritto penale (che può anche essere letto come intersoggettività) si riferisce non solo all'interpretazione del reato, ma all'interpretazione del bene giuridico che l'interprete menziona come (protetto) in esso. In breve, questi comportamenti che abbiamo menzionato sopra (valutati come beni) sono, a loro volta, l'oggetto della norma, che a sua volta è definita giuridicamente, che a sua volta può (o non può) essere, in tutto o in parte, un reato penale. Stesso concetto in: Bullemore G., Vivian R., e MacKinnon R., John R. Il fallimento del proibizionismo e la riforma penale. Revista de Derecho, Pontificia Universidad Católica de Valparaíso. XXVI, 2005, I semestre, Ed. Edeval: pp. 101 e segg., e nota n. 23.
16 Roxin, op. cit., pp. 1001 e segg.
17 Gimbernat Ordeig, Enrique. Delitti qualificati dall'evento e causalità. Ed. Centro de Estudios Ramón Areces. Madrid, Spagna. 1990 (NdT: Edizione successiva a quella citata nel testo originale del 1966). Pp. 135 e segg.
18 Bacigalupo, op. cit., p. 246.
19 Barja López de Quiroga, op. cit., p. 233.
20 Cfr. Garrido Montt, Mario. Diritto Penale. Parte Generale. Tomo II. Teoria del Delitto. Editorial Jurídica de Chile, Santiago, Cile. 3ª edizione, 2003. P. 173.
21 Cfr. Garrido Montt, Diritto Penale, op. cit., p. 165.
22 Bacigalupo, op. cit., p. 250.
23 García Hava, Esther. Dolo eventuale e colpa cosciente: criteri di differenziazione. [Online] Anuario de Derecho Penal. Associazione Peruviana di Diritto Penale. 2003. Pp. 111-146. Disponibile su: <http://www.unifr.ch/DerechoPenal/anuario/03/Hava.pdf> [Consultato il 17 Marzo 2008]
24 Hava, op. cit., p. 113.
25 Inoltre, se si accettasse la visione dei sostenitori delle teorie puramente cognitive del dolo, la sua espressione concreta in materia penale comporterebbe un inaccettabile aumento della punibilità per molti reati. Ad esempio, un omicidio colposo (con colpa cosciente) comporta una pena massima di reclusione nel suo grado medio (da 541 giorni a tre anni di reclusione), mentre la pena per omicidio doloso (con dolo eventuale) porta alla pena minima di reclusione maggiore nel suo grado minimo (cinque anni e un giorno a dieci anni di reclusione). Di conseguenza, accettare il punto di vista puramente cognitivo minaccerebbe la commissione di omicidio colposo con una pena minima superiore di due gradi rispetto a quella massima attualmente in vigore, rompendo ogni proporzionalità in materia penale.
26 Cfr. Jakobs, Günther. Diritto Penale. Parte Generale. Fondamenti e teoria dell'imputazione. Trad. Joaquín Cuello Contreras e José Luis Serrano González de Murillo. Ed. Marcial Pons, Madrid, Spagna. 1995. Pp. 9 e segg.

Immagine

Immagine

Entradas relacionadas: