Dualismo Onda-Particella: Effetto Compton e Natura Quantistica della Radiazione

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Dualismo Onda-Particella: Effetto Compton e Natura Quantistica della Radiazione

L’ipotesi di una natura corpuscolare attribuibile alla radiazione elettromagnetica spiegava molte cose: a parte il discorso fatto in precedenza, spiegava l’assenza di ritardo fra il momento di accensione della luce e il momento in cui si registrava il passaggio degli elettroni; infatti, se l’intensità è bassa, il numero di fotoni che colpiscono l’unità di superficie del metallo nell’unità di tempo è molto piccolo, ma ciascun fotone ha abbastanza energia per estrarre un elettrone: quindi c’è una buona probabilità che un elettrone sia estratto immediatamente. Inoltre, tale ipotesi spiegava anche quella di Planck: gli elettroni assorbono energia a “pacchetti” perché è l’energia stessa della radiazione a essere quantizzata. Tuttavia risultava difficile rinunciare alla natura ondulatoria della luce, poiché essa spiegava alla perfezione tutti i risultati dell’ottica fisica. Questo fu il motivo per cui l’ipotesi di Einstein fu in un primo momento accantonata. Fu poi rispolverata per spiegare l’effetto Compton.


Cenni all’effetto Compton

Arthur H. Compton misurò la diffusione dei raggi X da parte di elettroni liberi (poco legati). Il fisico statunitense osservò che la radiazione subiva un aumento di lunghezza d’onda. Secondo la fisica classica, questo era inspiegabile, perché quando un’onda elettromagnetica che possiede una certa frequenza incide su un materiale contenente cariche, queste ultime oscilleranno con questa frequenza e emetteranno nuovamente onde elettromagnetiche alla stessa frequenza. Come Compton fece osservare, se invece si considera la natura corpuscolare, allora l’esperimento è spiegabile utilizzando come modello l’urto fra due particelle.





Infatti, se si considera la conservazione della quantità di moto, si può scrivere:

(hν0/c) = (hν’/c) + mvelettrone (in forma vettoriale)

0 = hν’ + Ecelettrone (ricordando che l’energia di un fotone è E = pc)

Da questo risulta evidente che ν0 > ν’, poiché Ecelettrone è sempre positiva.

Rianalisi dei calori specifici

La teoria classica poteva essere ritenuta valida a patto che, per gas biatomici, non si considerassero i due gradi di libertà legati al moto vibrazionale. La teoria quantistica afferma, secondo un’analisi di tipo probabilistico, che a basse temperature, l’energia disponibile deve competere a oscillatori a basse frequenze (meno energetici) per i gradi di libertà associati ai moti di traslazione e rotazione (si ricordi che il sistema evolve verso il macrostato realizzabile con il maggior numero di microstati); i gradi di libertà legati al moto vibrazionale, di frequenza elevata, necessitano di un ingente apporto di energia disponibile solo ad altissime temperature, dove il calore specifico a volume costante osservato è effettivamente 7/2 R.


Modelli atomici

La teoria dell’atomo ha radici profonde. Il primo a proporre l’atomismo fu Democrito; dopo di lui Aristotele sostenne l’indivisibilità della materia, pensiero che rimase per molto tempo. Con la rivoluzione scientifica ritorna l’idea dell’atomo come modello per spiegare alcuni fenomeni. Il metodo scientifico venne usato da Boyle e dai chimici. Il primo considerava i gas come insieme di particelle e ne spiegava il loro comportamento; tra i chimici invece ci fu Dalton che formulò delle leggi che regolavano il quantitativo di sostanza dei composti chimici (ovvero in un certo composto le percentuali degli elementi che lo formano rimangono fisse). Tuttavia queste erano solo ipotesi in attesa di essere sperimentate. Il primo a compiere degli studi fu Faradey il quale ha notato che vi era un aumento di massa proporzionale alla quantità di carica che passava in una soluzione elettrolitica ( Δm ÷ Δq ).

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