Educazione nell'Antichità: Dalla Paideia Greca alla Humanitas Romana e il Metodo di Quintiliano
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La Paideia Ellenistica
La paideia ellenistica (dal greco pais, 'fanciullo') assume la sua forma definitiva nell’età ellenistica e definisce, non il processo educativo, ma il suo risultato, cioè il contenuto culturale che viene trasmesso dalle istituzioni educative. Si dichiara filosofica e riconduce la filosofia alla riflessione sul comportamento etico e morale condotta sul materiale retorico e letterario. Chiamata dai latini humanitas, è lo sviluppo armonico del bambino, cioè la crescita sia fisica che culturale dell’individuo. L'idea educativa, nell'età ellenistica, accentua la dimensione intellettuale, con gli studi logico-grammaticali, e quella morale della formazione, che tuttavia non raggiunge un'educazione piena della personalità ma si risolve nel moralismo.
In questa educazione, come in tutte quelle dell’antichità, non c’è un interesse pedagogico per l’infanzia, che quindi non veniva considerata per due motivi:
- L'alta mortalità infantile.
- L'adultismo, ovvero la tendenza a considerare il bambino come un adulto non ancora sviluppato.
Infatti, nell’antichità, fino al XVII secolo, gli adulti inducevano il bambino a imitare i loro comportamenti, nel presupposto che non avesse una sua identità ma fosse solo un uomo non ancora sviluppato. In più, l'educazione si basava sull'utilizzo della verga come principale strumento disciplinare. Le tappe scolastiche rispettavano lo sviluppo psicologico e biologico dell'alunno. La prima educatrice era la madre, affiancata nelle famiglie più aristocratiche da una serva, il cui posto veniva preso successivamente dal pedagogo, di solito un aristocratico colto fatto schiavo che lavorava per i figli del suo padrone, o dal maestro, figura disprezzata dalla società. Le materie principali dell'educazione primaria erano leggere, scrivere e fare i conti, con l'aggiunta, talvolta, di educazione fisica, musicale e artistica, materie che poi perderanno progressivamente importanza. La metodologia era basata sulla ripetizione, come l'enkyklios paideia, con cui si intendeva la formazione generale dello studente e che riguardava il periodo dell'educazione secondaria. Tappa successiva era l'educazione superiore, che coincide con l'efebia e con gli studi di specializzazione. Il ragazzo infatti, raggiunti i 18 anni, riceveva un'educazione militare, letteraria e musicale e successivamente veniva affidato a un rettore o filosofo che lo potesse guidare negli studi di specializzazione, divisi in due orientamenti: quello filosofico e quello retorico-letterario.
L'Educazione Romana: Principi e Valori
A differenza dell'educazione ellenistica, dove il fine dell'educazione è stabilito dalla filosofia e dalla morale, nell'educazione romana il fine educativo è sociale e l'uomo non è nulla al di fuori della società. A Roma l'areté (in latino virtus) politica coincide con quella morale, e la massima virtù è essere buoni cittadini. Questo è dovuto alla natura agricola e arcaica di Roma, che rimane attaccata alle tradizioni, al pragmatismo, al legame col passato e alla sua organizzazione. Tale natura è confermata, per esempio, dal sistema dei tria nomina e dai nomi legati alla vita contadina. L'organizzazione sociale romana è originata da un patto concreto nato all'interno della stessa comunità, alla cui base si trova il censimento che stabilisce diritti e doveri dei cittadini. La struttura agricola spiega i fenomeni educativi di rilievo come la centralità della famiglia, il culto della tradizione e il rispetto della legge.
Questa mentalità resta immutata nel tempo grazie alle tradizioni, agli usi, alle abitudini e ai valori che si ripetono uguali di generazione in generazione e che, proprio per questo, si elevano a legge. Il mos maiorum è infatti l'insieme di usi e costumi che ne costituiscono anche le norme e i valori quotidiani. Il fine è quindi quello di creare un uomo i cui principi si fondino sulla famiglia, sullo Stato e sul lavoro.
Figura importante è quella del pater familias, il cui potere per lungo tempo non conosce limiti, e a cui viene affidata l'educazione del fanciullo diventato preadolescente. Egli prende infatti il posto della madre (o di una schiava), che educa il bambino nei primi anni e che occupa un posto di rilievo nella tradizione culturale e sociale romana. Il padre, quindi, introduce il figlio alla pratica del lavoro per poi affidarlo, dopo un'educazione militare, a una persona anziana dotata di ricca esperienza e di provata fiducia.
L'Influenza Agricola sull'Educazione Arcaica
Il tratto che caratterizza l’educazione a Roma in età arcaica è l’economia, che fa di Roma una città agricola. La storia dell'educazione a Roma è, infatti, la storia dell'educazione di un popolo di contadini. Ciò si evince dalla scelta, da parte del patriziato, del sistema dei tria nomina (tre nomi), che rispecchia lo spirito pragmatico del contadino: i prenomi e i soprannomi realistici utilizzati ricordavano la vita dei campi.
La struttura agricola dell'economia spiega tutta una serie di fenomeni educativi di rilievo: la centralità della famiglia, il culto della tradizione e il rispetto della legge.
Il primato etico del Mos maiorum (il costume degli antenati) nasce dalla codificazione di un insieme di usi e costumi.
Le forme di vita contadina hanno la caratteristica di fissarsi in tradizioni, comportamenti, attività, abitudini e rapporti che si ripetono immutati nel tempo.
Inoltre, l'economia agricola ha carattere familiare, il che conferisce una naturale stabilità e solidità alla continuità della vita sociale, attraverso l'iniziazione delle nuove generazioni al lavoro e alla partecipazione all'attività comune.
È una mentalità che si crea e che si trasmette identica a se stessa e che, proprio perché immutabile nel tempo, si eleva a valore di legge.
Il valore etico e giuridico che i Romani conferiscono alla legge trae origine da qui: non nasce all'esterno, ma si sperimenta all'interno della vita comunitaria.
Norme e valori fanno parte del Mos maiorum, del costume e della vita di tutti i giorni.
Una posizione centrale nel sistema di vita in età arcaica è occupata dalla famiglia e, dunque, dalla figura del Pater familias, il cui potere per lungo tempo non conosce limiti.
L'Educazione Familiare e Pubblica
L'educazione romana in età arcaica si risolve in un processo di socializzazione che collega l'etica familiare a quella politica. L'educatrice naturale nei primi anni di vita è la madre e non una schiava, come avveniva in Grecia. La donna, madre e sposa, occupa nella tradizione culturale e sociale romana un posto di rilievo.
Nella fascia d'età successiva, quando il fanciullo diventa preadolescente, al ruolo della madre succede quello del padre. Il padre non solo introduce il figlio alla pratica del lavoro e all'organizzazione dell'azienda familiare, ma gli sta accanto, direttamente o indirettamente, nel tirocinio del Foro e delle armi, affidandolo a una persona anziana, dotata di ricca esperienza e meritevole di provata fiducia.
Verso i 14 anni, una pubblica cerimonia religiosa introduce il giovane nella vita pubblica. Da questo momento, egli inizia ad assistere con il padre alle sedute del Senato e a partecipare alla vita politica. Stiamo parlando, con tutta evidenza, dell'educazione di una classe sociale di privilegiati, i soli per i quali si concepiva un processo educativo.
Quando il padre non può più seguire il figlio, lo affida a una personalità di rilievo, dopo che il giovane ha svolto il servizio militare.
Il Pensiero Pedagogico di Quintiliano
Quintiliano pone al centro dell'educazione l'ideale di 'umana perfezione' fondato sul perfetto oratore. Nella prospettiva pedagogica di Quintiliano si segnalano due motivi. Sebbene egli si occupi della formazione del 'perfetto oratore' e il suo obiettivo educativo sia un tipo particolare di professionista (il retore e l'avvocato), la sua opera va letta come un trattato di pedagogia generale.
Il motivo dell'universalità (l'educazione dell''uomo in quanto uomo') ispira la prima pagina dell’Institutio Oratoria, in cui Quintiliano sostiene il principio dell'educabilità di tutti gli uomini. Se dunque tutti possiedono la ragione, tutti sono educabili, vale a dire che tutti possono perfezionarsi attraverso la cultura, assimilabile con lo studio.
L'intuizione di Quintiliano riguarda il principio della distinzione tra natura e cultura: ed è alla cultura che attribuisce la 'responsabilità' di ciò che l'uomo diventa in quanto uomo.
Quintiliano intende parlare della formazione del perfetto oratore e, dunque, occuparsi di un tipo di formazione riservata a un'élite. Ma nel frattempo, partendo dall'analisi della natura umana, scopre la possibilità dell’educazione per tutti.
Il Primato della Formazione Generale
La chiusura del libro I dell’Institutio Oratoria ripropone il tono 'alto' dell'apertura. Dopo aver dimostrato la centralità dell'educazione linguistica, già nel momento iniziale del processo di formazione, e dopo aver sostenuto che all'insegnamento linguistico siano accostati per tempo gli insegnamenti della musica e della geometria, Quintiliano anticipa l'obiezione, che può essere rivolta al suo curricolo, di esporre l'alunno a eccessive difficoltà, richiamandosi alle potenzialità e alla plasticità della mente. Egli, infatti, pensa che la mente del bambino sia 'plastica' e dotata di molte potenzialità.
Tale posizione non nasce dal retore ma dal pedagogista e dall'educatore, o forse più precisamente dal retore che valuta le discipline del curricolo in termini pedagogici e le esalta per il loro valore formativo.
È la conferma che, per Quintiliano, la formazione dell'uomo precede quella dell'oratore, e che, comunque, non può essere perfetto oratore colui che non sia perfettamente uomo.
Filosofia e Retorica
Quintiliano sa bene che, dopo Isocrate, la retorica non si è opposta alla filosofia, ma l’ha incorporata in sé stessa. Lo stesso è accaduto con Cicerone, per il quale retorica e filosofia convergono in un sapere unitario. È la posizione di Quintiliano, per il quale il contenuto della filosofia (ricerca morale) è il contenuto stesso della retorica, nel senso che l'arte del dire è arte del dire bene, e cioè arte strettamente connessa alla moralità.
Quando Quintiliano parla dell'oratore, intende riferirsi sempre all'uomo onesto. In questo senso, dunque, il retore è allo stesso tempo filosofo.
L'Educazione tra Natura e Cultura
La posizione pedagogica di Quintiliano prevede una formazione aperta e pluridimensionale, basata sulla relazione tra le tendenze naturali del soggetto e le esigenze culturali poste dall'ideale dell'eccellenza. Quintiliano riserva particolare attenzione alle caratteristiche individuali dei singoli soggetti, con una sensibilità inconsueta per il suo tempo. Il rispetto dovuto alla natura non significa però nel suo pensiero scelta di una metodologia che si pieghi alla logica dell'adattamento alle esigenze soggettive, ma richiede un parallelo rispetto per la cultura: il che significa far valere non una pedagogia 'contro natura', ma una pedagogia di mediazione e di integrazione tra doti naturali e valori culturali. Per raggiungere l'eccellenza, l’oratore non solo asseconda le proprie tendenze, ma colma le proprie lacune, amplia i propri interessi e l'orizzonte della propria cultura.
La Formazione Integrale: L'Educatore Autentico
Quintiliano intuisce che il maestro non agisce contro natura se, attraverso gli stimoli culturali, consente alla natura di esplicitare e potenziare pienamente se stessa, anche perché l'uomo nasce dall'incontro di natura e cultura. Il maestro, pertanto, si può dire tale, si può dire autentico, solo se saprà avere il massimo rispetto per i suoi allievi, e cioè distinguere la diversità delle 'disposizioni naturali' di ciascuno, in modo da valorizzarle e potenziarle attraverso l’insegnamento.
Didattica e Contenuti dell'Istruzione
Il grande pregio e l'originalità dell’Institutio Oratoria si vedono nella capacità dell'opera di tracciare il processo educativo nella sua interezza, come un percorso unitario che va dall'educazione familiare a quella prescolastica, fino alla scuola di grammatica e di retorica. Quintiliano mostra di essere consapevole della novità che introduce occupandosi anche della prima infanzia.
L'Educazione Familiare e Prescolastica
Nell'istruzione prescolastica, Quintiliano si mostra molto attento alla maturazione psicologica del bambino, tant’è vero che ritorna in più occasioni sull'opportunità di non sottoporre l'alunno ad apprendimenti inadeguati alle sue possibilità prima del tempo opportuno; si rende però anche conto che l'istruzione deve perseguire mete elevate, ragion per cui essa deve aver origine al più presto, sia pure attraverso forme adeguate all’età.
L'Educazione Pubblica: La Scuola di Grammatica
All'educazione in famiglia deve seguire, secondo Quintiliano, la scuola pubblica, per i numerosi vantaggi educativi che essa è in grado di assicurare. L'uomo (cittadino o oratore) è destinato a vivere in società, e pertanto solo la vita associata può educarlo al senso comune e al confronto delle opinioni, mentre la sua intelligenza, che 'nella solitudine dell'istruzione privata langue, o all'ombra prende un certo odore di muffa o, ancora, si gonfia di vuota superbia', viene stimolata dalla vita in comune, anche per effetto dell'emulazione e del confronto con gli altri. L'insegnamento e il rapporto educativo non devono trascurare procedure didattiche graduate in rapporto alla maturazione di ciascun alunno e devono prevedere relazioni individualizzate, in cui il maestro modera le proprie forze e scende al livello di comprensione dell'allievo.
I Contenuti Scolastici: Il Curricolo
Il fulcro intorno al quale ruota il curricolo è costituito dall’educazione linguistica. Quintiliano suggerisce che si inizi dall'insegnamento del greco, ma insiste altresì perché, per tempo, al greco si accosti lo studio della lingua latina. Inoltre, dà particolare attenzione alla didattica della letteratura e della scrittura.
Il contenuto fondamentale di apprendimento in questa fase è costituito dalla grammatica, che per Quintiliano va intesa in funzione della comprensione e della valutazione letteraria.
La scuola di grammatica deve comunque, per Quintiliano, evitare i limiti di una formazione unilaterale, e pertanto allo studio linguistico e letterario vanno accostati gli studi della musica, dell'aritmetica e della geometria. Quintiliano, inoltre, dice che l'oratore che egli ha in mente appartiene al mondo ideale e, in ultima istanza, coincide con l'uomo sapiente.
Il perfetto oratore, con ogni probabilità non esisterà mai, e dunque l'uomo perfettamente educato, con una formazione culturale plurilaterale, è con ogni probabilità un’utopia; ma, si chiede Quintiliano, perché non avere il coraggio di impegnarsi fino in fondo, come se l’utopia potesse divenire realtà? L'ultimo fine del disegno pedagogico di Quintiliano è dunque il sapiente, il saggio; pertanto, l'idea educativa designa un ideale di perfezione. Così come deve essere per ogni autentica dottrina pedagogica.
La Scuola di Retorica e il Ruolo del Maestro
Del passaggio dalla scuola di grammatica alla scuola di retorica e dei primi elementi dell’educazione letteraria, Quintiliano si occupa nel libro II dell’Institutio Oratoria. Ai nostri fini risulta di particolare interesse la sua riflessione sulle questioni metodologiche, ma anche quelle sui contenuti della retorica, che rimandano all'idea dell'enkyklios paideia.
I motivi fondamentali della metodologia educativa teorizzati da Quintiliano per la scuola di retorica riguardano la figura etico-culturale del maestro e le procedure di apprendimento dell'alunno che fanno leva sulle possibilità della sua immaginazione e della sua intelligenza critica. Quintiliano richiede, in questa fase del processo di formazione della personalità culturale degli alunni, che il maestro di retorica sappia accostare una solida preparazione culturale a una raffinata sensibilità psicologica e senso dell'equilibrio, per cui il rapporto didattico e quello educativo si istituiscano sulla cooperazione tra l’autorità di chi insegna e l’iniziativa spontanea di chi apprende.