Epodi, Satire, Odi ed Epistole di Orazio: analisi e approfondimento
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Gli Epodi
Gli Epodi rappresentano l'inquietudine esistenziale del poeta. La raccolta, composta tra il 41 e il 30 a.C., si riallaccia alla tradizione dei giambografi greci, in particolare Archiloco di Paro. Questa ascendenza è confermata nell'epistola 1, 19 (20 a.C. circa), in cui Orazio si considera l'Archiloco romano. La ripresa del modello antico riguarda soprattutto i metri e lo spirito caustico e provocatorio, non tanto la tematica, che è romana e varia. Diverso è anche il linguaggio, lontano dalla violenza archilochea, che mira a colpire il vizio e la corruzione morale. La raccolta è composta da diciassette componimenti, ripartiti in base alla struttura metrica. Gli epodi 1-10 sono costituiti da coppie di versi giambici: un trimetro seguito da un dimetro; il distico così formato costituisce l'epodo.
Temi degli Epodi
I temi trattati sono vari: dall'invettiva, al tema erotico, a quello della stregoneria e a quello civile. Il principale è sicuramente l'invettiva, la tendenza espressionistica, evidente anche nelle descrizioni dell'epodo 5, dedicato alla stregoneria. Il motivo erotico compare negli Epodi 11, 14 e 15, con lo sviluppo di temi canonici ispirati alla lirica ellenistica: la passione, l'infedeltà e l'avidità della donna. Il tema civile si esprime negli Epodi 7 e 16. Gli Epodi rappresentano un'operazione innovativa: nessun romano aveva composto un'intera raccolta ispirata al modello archilocheo.
Le Satire
Le 18 satire oraziane, scritte negli stessi anni degli epodi (libro I, 35 a.C., dedicato a Mecenate; libro II, 30 a.C.), mostrano alcune differenze. Il libro primo mira a interessare e allietare il lettore con descrizioni di comportamenti ridicoli o devianti e attacchi a chi è lontano dalla visione morale oraziana, fondata su metriotes (giusto mezzo) e autarkeia (autosufficienza). Nel libro secondo, le polemiche personali sono meno frequenti e prevale lo schema dialogico, con il poeta in molteplici ruoli.
Satire a carattere narrativo e satire dialogiche
Al primo tipo appartengono le satire 5, 7, 8 e 9 del libro I; al secondo le satire 1, 2, 3, 4, 6 e 10 del libro I e la maggior parte di quelle del II, incentrate sul dibattito diatribico di stampo stoico-cinico. La diatriba (dal greco "occupazione"), nata in Grecia per diffondere la filosofia cinica a un pubblico di profani, divenne un genere letterario popolare, caratterizzato da un tono polemico e aggressivo, con battute salaci contro le passioni e i vizi umani. Oltre alla forma dialogica, Orazio riprende altre caratteristiche: argomentazioni ampie e sviluppate con interlocutori fittizi; aneddoti, favole, proverbi e citazioni; esempi storici. Questi componimenti, anticamente chiamati sermones, si riallacciano e contrappongono a Lucilio, essendo la satira un genere esclusivamente romano.
Ammirazione per Lucilio e contrapposizione
Orazio ammira Lucilio per aver dato forma alla satira, ma ne critica la rozzezza e lo stile poco scorrevole, contrapponendovi la propria aspirazione alla perfezione formale di ascendenza ellenistica. Orazio privilegia l'esametro, abbandonando i metri giambici. Altri caratteri distintivi della satira sono il tono medio, discorsivo e l'impostazione moralistica. Nella satira 1, 10, lo spirito caustico e moraleggiante si fonda sulla meditazione etica, condotta con autoironia. Nei sermones, la riflessione morale ha un'impronta autobiografica, comune a tutte le opere. La componente soggettiva, derivata da Lucilio, viene elaborata da Orazio in modo originale, definendo un ideale di misura personale.
L'etica oraziana: metriotes e autarkeia
Orazio utilizza il tema della metriotes, di tradizione aristotelica, consapevole che l'invito alla misura proviene anche dal Mos maiorum e dalla predicazione diatribica. Connesso è il concetto di autarkeia, che in Orazio parte dall'epicureismo. L'autarchia diventa una pratica di vita per la libertà interiore e il soddisfacimento dei bisogni semplici.
Morale mondana
Orazio ricerca una morale mondana, applicabile alla vita quotidiana. Si autodefinisce ironicamente "porcello del branco di Epicuro", non vuole "garantire la parola di alcun maestro" e si sente "ospite" delle scuole filosofiche. Nelle Epistole, emerge scontentezza e inquietudine, con un allontanamento dalla mondanità di Roma per cercare nell'isolamento la soluzione alla precarietà esistenziale. Il capolavoro di sintesi tra filosofia e poesia sono le Odi. L'autarkeia si lega alla riflessione sulla brevità della vita (carpe diem), lenita dalla moderata ricerca di piaceri.
Le Odi
Raccolta di 103 componimenti lirici in quattro libri (I-III, 23 a.C., 88 carmi; IV, 13 a.C., 15 carmi). Vari i metri: strofe alcaica, asclepiadea e saffica minore. L'estensione varia da componimenti brevissimi ad altri di 80 versi. L'ordinamento segue un criterio alessandrino. Le odi principali sono dedicate a Mecenate, Augusto e altri personaggi importanti; altre a personaggi minori o immaginari. Orazio segue la tradizione lirica greca. Dopo i primi tre libri, compone il Carmen Saeculare su commissione di Augusto, poi il libro IV con temi politici, civili e romani.
Il rapporto con i modelli greci
Orazio dichiara la sua ambizione di essere tra i lyrici vates, prediligendo la lirica monodica arcaica (Saffo e Alceo). Nelle odi "romane" del libro III, ricerca uno stile più elevato, influenzato da Pindaro e Bacchilide. Callimaco influenza l'architettura compositiva. L'emulazione degli arcaici porta a sviluppi originali. Spesso il modello greco fornisce uno spunto con una citazione riconoscibile dagli intenditori.
Le tematiche
Le odi trattano vari temi: precarietà della vita, amore, poesia come valore assoluto, temi civili. Il carpe diem, evocato nell'ode a Leuconoe, è ricorrente. Il simposio, occasione di piacere e riflessione, si intreccia con temi epicurei (brevità della vita, autarchia, mediocritas), talora associandosi al paesaggio e alla natura. Il tema erotico è diverso dall'elegia amorosa: manca il senso drammatico, le passioni sono viste con disincanto. I carmi narrano episodi circoscritti; il sentimento è temperato dalla filosofia. L'innovazione oraziana stravolge il tema del paraklausithyron, abbandonando i toni patetici per l'invettiva. La poesia civile caratterizza le prime sei odi del libro III ("romane").
Carmen Saeculare
L'occasione della composizione
Composto su richiesta di Augusto per i Ludi Saeculares (consacrazione di Orazio a poeta ufficiale). 76 versi in 19 strofe saffiche, cantato da un coro di 27 ragazzi e 27 fanciulle. I Ludi, con riti e sacrifici, celebravano la nuova era augustea.
Struttura
Esalta la nuova epoca di pace e prosperità, magnificando il destino di Roma. Invocazione agli dei, rievocazione della leggenda di Enea, esaltazione di Augusto. Epilogo con la fede nella benevolenza di Giove e degli dei.
Le Epistole
Con il libro I (20 a.C. circa), Orazio torna alla poesia in esametri.
Analogie e novità rispetto alle satire
Ritorno alla poesia discorsiva ed etica, con novità stilistiche: epistola in versi. Maggiore importanza ad autobiografia e speculazione.
Il libro primo delle epistole
Ambientato nella villa in Sabina, esalta la vita in campagna. Nella prima epistola (a Mecenate), Orazio annuncia l'abbandono della lirica per un trattato di etica eclettica. La filosofia è pragmatica. Il tema della serenità è ripreso con autoironia, ma il poeta confessa la sua scontentezza. Presente anche la critica letteraria: Orazio si scaglia contro gli imitatori e rivendica il primato nell'emulazione di Archiloco e dei lirici greci.
Il libro secondo delle epistole
Tre componimenti: ad Augusto, a Giulio Floro e l'Ars Poetica (a Pisoni). L'epistola ad Augusto tratta della rinascita del teatro latino, voluta dal Princeps. L'epistola a Floro è autobiografica: Orazio giustifica l'abbandono della poesia con la dedizione alla filosofia.
Ars poetica
Lunga epistola in 476 esametri su forma e contenuto della poesia, generi drammatici e qualità del poeta. Basata sulla dottrina aristotelica e sull'estetica di Callimaco (perfezione formale). Nel grande artista si coniugano ars (maestria formale) e ingenium (talento naturale). Sui generi drammatici, Orazio elenca precetti aristotelici, insistendo sull'unità d'azione.