Evoluzione del Concetto di Giustizia: Dalla Filosofia Antica al Pensiero Contemporaneo

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L'Evoluzione del Concetto di Giustizia

La parola giustizia deriva dal latino justitia, che nel diritto romano era definita come il costante e permanente dare a ciascuno ciò che gli spetta.

La Giustizia nel Pensiero Antico

Platone

Per Platone, una società giusta sarebbe quella in cui ciascuno svolge la funzione che meglio si adatta alle proprie capacità fisiche e mentali: i più forti come custodi, i più saggi come governanti. Una società giusta perfetta, secondo Platone, vedrebbe ogni funzione svolta correttamente, assegnata ai magistrati in base alle loro capacità. Platone proponeva di conferire tutto il potere politico ai custodi sapienti e di distribuire i beni economici in modo che gli obiettivi sociali avessero la priorità su quelli individuali. Per quanto riguarda l'assegnazione dei ruoli, suggeriva di basarsi sul talento naturale manifestato nei primi anni di vita del bambino o della bambina, senza discriminazioni basate sul sesso. In questo modo, si sarebbero raggiunti i posti di comando più elevati, realizzando l'armonia sociale che, secondo lui, costituiva la giustizia.

Aristotele

Aristotele concorda con Platone, ma relaziona la nozione di giustizia con quella di uguaglianza proporzionale. La giustizia è l'idea di dare un trattamento paritario a coloro che sono uguali e un trattamento diseguale a coloro che sono disuguali. Aristotele concordava con il suo maestro Platone sull'importanza di ruoli sociali ben definiti e sulla necessità che ciascuno svolgesse il proprio correttamente, affermando che è giusto dare a ciascuno la sua funzione secondo la legge. Per Aristotele, la giustizia è l'idea di dare un trattamento paritario a chi è uguale e un trattamento diseguale a chi è disuguale. Questa idea si manifesta in due modi a seconda dei casi:

  • Giustizia commutativa: riguarda lo scambio di beni tra individui, cercando l'uguaglianza e l'equilibrio nelle transazioni commerciali.
  • Giustizia distributiva: consiste nella ripartizione equa ed equilibrata dei beni e degli oneri tra i diversi individui di pari dignità all'interno del collettivo sociale. Qui Aristotele sottolinea il concetto di merito come base per una distribuzione equa.

La Giustizia nel Medioevo e nell'Età Moderna

San Tommaso d'Aquino

San Tommaso riprende il concetto di giustizia di Aristotele, aggiungendo la carità, poiché questa è superiore alla giustizia. San Tommaso aggiunge che nella giustizia esistono due tipi di leggi: la legge positiva, che trae la sua esecutività da un patto o accordo, e la legge naturale, che è ciò che Dio dona alle creature affinché possano raggiungere il loro fine. Da questa legge naturale derivava il concetto di diritti naturali della persona, stabiliti da Dio e evidenti alla ragione umana. Successivamente, questi diritti naturali sono stati intesi come diritti umani.

Età Moderna

Alcuni filosofi dell'epoca sostenevano che la società politica dovesse essere intesa come il risultato di un contratto sociale, in cui gli individui rinunciano a parte dei loro diritti naturali a favore dello Stato, per utilizzare il potere derivante per garantire pace, sicurezza e prosperità. Gli individui possiedono un diritto naturale alla giustizia, ora inteso come il fatto che gli individui non sono soggetti al feudalesimo e godono di libertà e garanzie procedurali.

La Giustizia nel Pensiero Contemporaneo

Utilitarismo (Mill)

L'utilitarismo sostiene che l'idea di giustizia che presiede una società moderna sia quella di promuovere la massima felicità per il maggior numero di persone. I diritti e le libertà fondamentali servono a massimizzare la felicità collettiva, che è il fine dello Stato.

Teoria Sociale

La giustizia è intesa come l'abolizione dei privilegi socio-economici dei potenti.

Socialismo

Nei primi decenni del XIX secolo, i fondatori del cosiddetto socialismo utopistico non potevano concepire una società prospera e giusta senza abolire la proprietà privata dei mezzi di produzione, o almeno limitarla radicalmente. Nella seconda metà di questo secolo e all'inizio del XX secolo, per i classici del socialismo libertario o anarchico, la giustizia sarebbe il risultato di un profondo cambiamento nelle persone e nelle strutture sociali, prodotto dall'abolizione dello Stato e di ogni forma di oppressione. In contrasto con il marxismo, la priorità per realizzare una nuova società non doveva essere l'abolizione dello Stato, poiché credevano che esso sarebbe scomparso da solo al termine di un lungo processo rivoluzionario, quando la società, come unità funzionale di partner produttori liberamente associati, avrebbe posto fine alla divisione tra sfruttatori e sfruttati.

Liberalismo Contemporaneo

Per mantenere il pluralismo della società religiosa e filosofica, è possibile ordinare le teorie liberali della giustizia in due gruppi:

  • Propietariste: sostengono che in una società giusta non si dovrebbe permettere di sottrarre all'individuo ciò di cui ha legittimo possesso.
  • Solidariste: intendono che una società giusta si prenda cura dei suoi membri con uguale rispetto e considerazione.

Secondo Rawls, nella tradizione occidentale democratica, la giustizia come equità è intesa come una norma che è giusta quando va a vantaggio di tutti e di ciascuno, indipendentemente dalle loro caratteristiche. Rawls ha quindi ideato una situazione immaginaria, la "posizione originale", perché credeva che la giustizia sociale consistesse nel garantire i diritti e le libertà fondamentali per tutti, in modo che le persone svantaggiate avessero assicurato uno standard di vita dignitoso. Questo per ragioni di giustizia, poiché nessuno può pretendere merito per non essere tra i meno avvantaggiati, dato che siamo tutti soggetti a una sorta di "lotteria naturale e sociale".

Il Diritto e la Giustizia

La Legge

La legge è un sistema pubblico di regole che disciplinano i rapporti tra individui e ha il sostegno del potere coercitivo delle istituzioni politiche. Il diritto si classifica come diritto naturale, un insieme di principi e norme universali, superiori e che ignorano le leggi specifiche degli Stati, servendo come criterio per giudicare la correttezza dei particolari sistemi giuridici; e diritto positivo, che è l'insieme delle leggi nei singoli paesi.

Positivismo Giuridico vs. Diritto Naturale

Il positivismo giuridico rifiuta questa classificazione, sostenendo che non esiste altra legge se non quella positiva, poiché si può sapere cosa aspettarsi solo se le regole sono chiaramente definite ed esposte positivamente. In questo modo, separa radicalmente l'etica dal diritto.

Al contrario, i sostenitori del diritto naturale insistono sul fatto che le norme giuridiche debbano rispettare alcuni requisiti di giustizia, principi della legge naturale, che hanno un carattere superiore a quello delle norme positive. Pertanto, se una legge non è conforme alla legge naturale, manca di legittimità, anche giuridica.

Queste concezioni del diritto rappresentano due posizioni estreme, ma esiste una posizione intermedia che ammette l'esistenza di norme giuridiche non positiviste, superiori al diritto positivo, ma senza accettare la mera positività delle norme giuridiche solo per requisizione valida.

Diritti Umani

I diritti umani sono quelli relativi agli esseri umani in virtù della loro esistenza. I diritti sono affermazioni valide anche se non legalmente riconosciute dallo Stato. Se non sono riconosciuti, funzionano come requisiti morali che gli individui possono avanzare nei confronti delle autorità, le quali devono soddisfarli se desiderano essere considerate valide. Se sono già riconosciuti positivamente, servono come garanzie legali per la tutela dello Stato.

Nel corso della storia occidentale, possiamo distinguere diverse fasi nel progressivo riconoscimento dei diritti umani.

Voci correlate: