Il Fascismo e il Nazismo: Ideologie, Ascesa e Caduta

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Il dopoguerra italiano: l’Italia era uscita vincitrice dalla prima guerra mondiale, ma con molte perdite. L’economia era in crisi, braccianti agricoli ed operai chiedevano migliori condizioni di lavoro (tanto da arrivare, nel 1919-20 al cosiddetto BIENNIO ROSSO, fatto di occupazioni di fabbriche e scioperi, ‘rosso’ perché si ispirava alla rivoluzione d’ottobre russa), il governo era sempre più debole. C’era poi il problema della ‘vittoria mutilata’, cioè del fatto che mancavano delle terre nel trattato di Versailles, rispetto a quelle promesse. In modo particolare mancava Fiume, che D’Annunzio occupò con i suoi Arditi e tenne per due anni. 

L’etimologia del termine: Il nome fascismo deriva da Fasci di combattimento fondati nel 1919 da Benito Mussolini. Per quanto riguarda l’origine etimologica dalla parola fascio. Il riferimento era ai fasci usati dagli antichi littori, (magistrati romani) come simbolo del potere legittimo, e poi passati ai movimenti popolari e rivoluzionari come simbolo di unione dei cittadini. Il richiamo ai fasci va inoltre letto come un esempio dell'innegabile fascino che il mito di Roma esercitava sul fascismo, il quale di fatti tentò una restaurazione degli antichi fasti imperiali romani, e giustificò la sua politica espansionistica alla luce di una missione civilizzatrice del popolo italiano, erede di Roma. 

Dai Fasci di combattimento alla Marcia su Roma: Il fascismo nacque ufficialmente il 23 marzo 1919 a Milano. Quel giorno a Piazza San Sepolcro, all'interno di Palazzo Castagni, si radunò un piccolo gruppo di circa 120 ex combattenti, interventisti, arditi e intellettuali, che fondarono i Fasci italiani di combattimento. Il loro compito era soprattutto quello di bloccare scioperi e occupazioni con la forza. Seguì quindi un programma economico-sociale che prevedeva - fra l'altro - l'abolizione del Senato, tasse progressive, pensione a 55 anni, giornata lavorativa di otto ore, abolizione dei Vescovati, sostituzione dell'Esercito con una milizia popolare. Un fondamentale contributo alla nascita del fascismo fu dato dal movimento dello Squadrismo, ovvero l'organizzazione di squadre paramilitari con le quali si realizzò una sistematica demolizione di sedi di partito (socialisti, popolari, comunisti) e di giornali, cooperative, case del popolo e la progressiva occupazione - con mezzi legalitari e illegali - di posizioni chiave nelle amministrazioni comunali. Inoltre lo stesso Giovanni Giolitti tenne nei confronti del movimento fascista un atteggiamento benevolo volto ad utilizzarlo nel contrastare la sinistra in quanto era poi intenzionato a "costituzionalizzarlo" dopo essere arrivato al potere. Così facendo si riteneva di esaurirne le potenzialità poiché, essendo venuti meno gli avversari di sinistra, il fascismo avrebbe conseguentemente perso gli appoggi, anche finanziari, di coloro che temevano la "minaccia rossa". Le squadre, che, a detta di Mussolini, giunsero a raccogliere 300.000 aderenti. Il 28 ottobre 1922 il Fascismo marciò su Roma convincendo il sovrano Vittorio Emanuele III a consegnare le redini del governo. Il re avrebbe potuto bloccare la marcia dichiarando lo stato d’assedio, ma non lo fece. Le squadre, che, a detta di Mussolini, giunsero a raccogliere 300.000 aderenti, fornirono il nerbo della forza eversiva con la quale, il 28 ottobre 1922 il Fascismo marciò su Roma convincendo il sovrano Vittorio Emanuele III a consegnare le redini del governo. Con il congresso di Roma del 9 novembre 1921 il fascismo si trasformò da movimento in partito. In seguito alla marcia su Roma del 28 ottobre il re Vittorio Emanuele III incaricò Benito Mussolini di formare un nuovo governo. Mussolini si presentò alla Camere con un governo di coalizione formato soprattutto da esponenti liberali, cattolici e da alcuni esponenti moderati dal Partito Fascista, ed ottenne la fiducia. 


 Sviluppo e punti fondamentali della politica fascista. Le ‘leggi fascistissime’: Il programma politico del primo governo Mussolini aveva subito una serie di aggiustamenti con l'obiettivo di favorire accordi con le forze conservatrici e reazionarie, le quali iniziarono quasi da subito a finanziare il movimento. Con l'arrivo al potere, Mussolini intraprese una politica di riassetto delle casse dello stato, di liberalizzazioni e riduzioni della spesa pubblica. Venne riformata la scuola dietro impulso del filosofo Giovanni Gentile. D'altro canto diede seguito ad una serie di rivendicazioni delle associazioni combattentistiche, e dei sindacati fascisti, garantendo le pensioni e le indennità ai reduci e ai mutilati e rendendo obbligatoria la giornata lavorativa di otto ore agli operai. In politica estera, l'Italia accettò i patti siglati a Locarno con la Jugoslavia, ma ebbe la protezione delle minoranze italiane in Dalmazia e l'autonomia di Fiume (che nel 1924 venne unita all'Italia).. Ne fecero le spese numerosi antifascisti, il più importante dei quali, Giacomo Matteotti, che accusò in Parlamento Mussolini di aver vinto grazie a brogli elettorali, venne assassinato il 10 giugno 1924 nel corso del suo rapimento da parte di una banda di squadristi capeggiata da Amerigo Dumini. La cosiddetta "crisi Matteotti" che ne seguì mise il governo Mussolini di fronte ad un bivio: continuare a governare in modo legalitario, rispettando quantomeno nella forma lo Statuto, oppure imprimere una svolta autoritaria. Mussolini, premuto dai ras dello squadrismo, optò per la seconda scelta. I passaggi successivi sono i seguenti (e portarono alle cosiddette ‘leggi fascistissime’): • 3 gennaio 1925 - Discorso della "Ceka" Mussolini respinge l'accusa di essere mandante dell'omicidio di Matteotti ma rivendica la "responsabilità politica storica e morale" degli avvenimenti e del clima di violenza di quei mesi. Annuncia provvedimenti straordinari contro la Secessione dell'Aventino e minaccia di usare la Milizia contro le aggressioni dell'opposizione a membri dei Fasci e a militari. Il giorno successivo il ministro degli Interni Federzoni, inoltre, fa diramare telegrammi a tutti i prefetti affinché si proceda alla "chiusura di tutti i circoli e ritrovi sospetti dal punto di vista politico", "lo scioglimento di tutte le organizzazioni "sovversive"", "la vigilanza sui comunisti e gli "antinazionali"". • 2 ottobre 1925 - Patto di Palazzo Vidoni (perfezionato con la legge Rocco del 3 aprile 1926) che riduce i sindacati a due, uno per i lavoratori e l'altro per i padroni (entrambi fascisti), abolisce il diritto di sciopero (per gli operai) e di serrata (per il padronato) e riconduce le controversie fra lavoratori e datori di lavoro all'arbitrato dello stato e delle corporazioni. • 24 dicembre 1925 - Tutti i poteri vengono affidati a Mussolini: il capo del governo viene dichiarato non più responsabile di fronte al Parlamento, ma solo nei confronti del sovrano. • 31 ottobre 1926 - Mussolini subisce un attentato da parte di Anteo Zamboni in seguito al quale vengono abolite la libertà di stampa per l'antifascismo, i partiti e le organizzazioni antifasciste e si dichiarano decaduti i deputati della Secessione dell'Aventino. Il 31 dicembre 1925 entrò in vigore la legge sulla Stampa, la quale disponeva che i giornali potevano essere diretti, scritti e stampati solo sé avevano un responsabile riconosciuto dal prefetto, quindi dal governo. Tutti gli altri venivano considerati illegali. Queste leggi furono completate nel 1928 con una modifica della legge elettorale per la Camera dei deputati che prevedeva una lista unica nazionale di 400 candidati scelti dal Gran Consiglio del Fascismo da sottoporre agli elettori per l'approvazione in blocco. Da allora in avanti le elezioni assunsero di fatto un carattere plebiscitario finché, nel '39, con l’istituzione della Camera dei fasci e delle corporazioni, anche questa parvenza verrà accantonata. 


 Politica economica Il governo mirò principalmente ad aumentare i margini d'azione, e quindi di profitto, all'iniziativa privata. Vennero inoltre alleggerite le tasse sulle imprese, vennero privatizzati alcuni monopoli di stato, come quello sulle assicurazioni sulla vita e sul servizio telefonico, i cui costi diminuirono sostanzialmente (rimanendo comunque elevati). Si limitò la spesa pubblica, in parte però con i licenziamenti dei ferrovieri. La politica liberista in economia portò buoni successi, con un aumento della produzione agricola e industriale. Il bilancio statale tornò in pareggio già nel 1925. Nel 1939 l' età pensionabile venne abbassata a 55 anni per le donne e 60 anni per gli uomini, venendo anche introdotta le reversibilità della pensione. 

L'autarchia La politica economica del fascismo fu essenzialmente basata sull'autarchia: la nazione doveva diventare autosufficiente, essenzialmente per poter mantenere la propria indipendenza economica anche nei momenti di crisi. Questa linea divenne più decisa quando la società delle Nazioni come conseguenza della guerra d'Etiopia applicò le sanzioni economiche, vietando il commercio con l'Italia. Il governo fascista spinse, allora, alla produzione dei prodotti autarchici, come ad esempio la Lanital ed il formaggio italico. 

La riforma Gentile Uno dei primi atti del governo Mussolini fu una radicale riforma scolastica portata avanti dal ministro Giovanni Gentile nel 1923: questa prevedeva un'istruzione classica e un esame ad ogni conclusione di ciclo di studi, mettendo in questo modo sullo stesso piano scuole pubbliche e private. L'analfabetismo ebbe un calo generalizzato, soprattutto l'analfabetismo femminile. La riforma tuttavia non fu mai completata nel senso voluto dal filosofo, ma subì diversi aggiustamenti successivi. Fra gli scopi fondamentali - in senso fascista - della riforma vi era l'elevazione della scuola dell'obbligo ai 14 anni (per la lotta all'analfabetismo); la preminenza assoluta degli insegnamenti classici, i soli che permettevano l'accesso all'università, una regola che tuttavia subì successivamente modifiche (lo scopo era selezionare un'élite intellettuale per la guida del paese); la realizzazione di una solida istruzione tecnica per tutti coloro i quali invece non avessero avuto le doti per accedere ai gradi superiori d'istruzione 

I Patti Lateranensi (1929) Patti Lateranensi è il nome con cui sono noti gli accordi di mutuo riconoscimento tra il Regno d'Italia e la Santa Sede sottoscritti l'11 febbraio 1929. Presero il nome del palazzo di San Giovanni in Laterano in cui avvenne la firma degli accordi, che furono negoziati tra il cardinale Segretario di Stato Pietro Gasparri per conto della Santa Sede e Benito Mussolini, capo del Fascismo, come primo ministro italiano. I Patti Lateranensi constavano di due distinti documenti: il Trattato che riconosceva l'indipendenza e la sovranità della Santa Sede e fondava lo Stato della Città del Vaticano; con diversi allegati, fra cui, importante, la Convenzione Finanziaria; e il Concordato che definiva le relazioni civili e religiose in Italia tra la Chiesa ed il Governo (prima d'allora, cioè dalla nascita del Regno d'Italia, sintetizzate nel motto: «libera Chiesa in libero Stato»). La Convenzione Finanziaria regolava le questioni sorte dopo le spoliazioni degli enti ecclesiastici a causa delle leggi eversive. È stata poi prevista l'esenzione, al nuovo Stato denominato «Città del Vaticano», dalle tasse e dai dazi sulle merci importate ed il risarcimento di «1 miliardo e 750 milioni di lire e di ulteriori titoli di Stato consolidate al 5 per cento al portatore, per un valore nominale di un miliardo di lire» per i danni finanziari subiti dallo Stato pontificio in seguito alla fine del potere temporale. Il governo italiano acconsentì di rendere le sue leggi sul matrimonio ed il divorzio conformi a quelle della Chiesa cattolica di Roma e di rendere il clero esente dal servizio militare. I Patti garantirono alla Chiesa il riconoscimento di religione di Stato in Italia, con importanti conseguenze sul sistema scolastico pubblico, come l'istituzione dell'insegnamento della religione cattolica, già presente dal '23 e tuttora esistente seppure con modalità diverse.


La politica estera In politica estera il fascismo seguì fino alla nomina agli Esteri di Galeazzo Ciano esclusivamente le direttive mussoliniane, improntate al pragmatismo ed al cinismo, dopodiché si trovò a dover agire - sia per la direzione di Ciano degli Esteri, sia per i minori margini di manovra dati dalla situazione internazionale - in maniera sempre meno autonoma. Dopo l'incidente di Corfù del 1923, Mussolini non si discostò per un lungo periodo dall'obiettivo del mantenimento dello status quo in Europa, seguendo una politica prudente e scevra da avventure militari, nonostante la retorica nazionalista e militarista fossero tra i caratteri distintivi della politica fascista. L'Italia mantenne buone relazioni con Francia e Inghilterra, collaborò al ritorno della Germania nel sistema delle potenze europee pur nei limiti del Trattato di Versailles (1919). Al tempo stesso cercò di far sì che anche l’Italia avesse un impero coloniale, che si indirizzò verso Etiopia ed Eritrea (denominate all’epoca Abissinia). La campagna militare italiana per la conquista dell'Abissinia fu conseguenza della decisione di Mussolini di fornire all'Italia un'ampia retrovia coloniale dove attingere materie prime, derrate, uomini e fornire altresì uno sbocco all'emigrazione in vista di un prossimo e probabile conflitto. La campagna fu condotta con un imponente dispiegamento di forze e vinta con relativa facilità. Dal punto di vista propagandistico, essa fu il più grande successo del regime fascista: riuscì a attirare intellettuali e perfino antifascisti attorno ai leitmotiv del posto al sole, della liberazione degli abissini dalla schiavitù e della rinascita dell'Impero Romano. Come conseguenza dell'aggressione all'Etiopia, l'Italia subì la condanna della Società delle Nazioni, che determinò un blocco commerciale del mar Mediterraneo e le sanzioni economiche condotte da 52 nazioni (fra cui tutte le potenze coloniali europee). Ciò favorì l'avvicinamento economico e politico dell'Italia alla Germania nazista (sebbene questa avesse rifornito di armi l'Etiopia in funzione anti-italiana sino a poco prima del conflitto), che era già uscita dalla Società delle Nazioni e aveva denunciato gli accordi di Versailles. In seguito l'Impero in Africa Orientale fu tuttavia amministrato con pugno di ferro contro le bande di ribelli e lealisti al vecchio governo del Negus, e si preparò una forma di sviluppo separato fra le popolazioni indigene e i nuovi coloni italiani. Dal 1938 in Europa si iniziò a respirare aria di guerra: Hitler aveva già annesso l'Austria e i Sudeti e con la successiva Conferenza di Monaco gli venne dato il lasciapassare per l'annessione di tutta la Cecoslovacchia. Il 22 maggio tra Germania e Italia venne firmato il Patto d'acciaio. Tale patto assumeva che la guerra fosse imminente, e legava l'Italia in una alleanza stretta con la Germania. Alcuni membri del governo italiano si opposero, e lo stesso Galeazzo Ciano, firmatario per l'Italia, definì il patto una «vera e propria dinamite». Pochi mesi dopo l'Italia fascista si schierò coi franchisti nella guerra civile spagnola, inviando anche un corpo di spedizione di 20.000 uomini. 9) La caduta: Il 25 luglio 1943 per iniziativa da parte di alcuni importanti gerarchi (Grandi, Bottai e Ciano) con l'appoggio del Re, si tradusse in un famoso Ordine del giorno presentato al Gran Consiglio del Fascismo col quale si chiedeva al Re di riprendere il potere, e portò all'arresto di Mussolini e all'improvviso crollo del fascismo, che si dissolse. Ma la caduta di Mussolini non preludeva alla conclusione delle guerra, che si protrasse per alcune settimane nella crescente ambiguità del nuovo governo Badoglio che sottoscrisse l'armistizio di Cassibile.


Il dopoguerra in Germania: la Germania era in profonda crisi. I disoccupati erano milioni, le fabbriche chiudevano una dopo l’altra, il marco si era svalutato e non valeva più praticamente nulla. Inoltre i politici non godevano della stima della popolazione (in questo momento in Germania c’è la Repubblica di Weimar, nata dopo la fine del secondo Reich), anche perché avevano accettato l’umiliazione del Trattato di Versailles, che aveva imposto pesanti sanzioni alla Germania (perdita dell’Alsazia e della Lorena, debiti da restituire, limiti all’esercito, ecc.) C’era voglia di rivincita e c’era la consapevolezza che solo un uomo forte avrebbe potuto garantirla. Quindi Hitler ebbe vita relativamente facile nel prendere il potere. 

Hitler e il Mein Kampf; l’ideologia. Hitler scrive il Mein Kampf ( ‘La mia battaglia’) dopo esser stato arrestato per il tentato colpo di stato a Monaco. Nel suo "Mein Kampf" Hitler spiega chiaramente i motivi per cui intende perseguitare queste categorie: "La sconfitta dell'esercito tedesco, invitto, al termine della Prima Guerra Mondiale è scaturita da una pugnalata alle spalle inferta dal giudaismo internazionale con la complicità della massoneria, del bolscevismo internazionale, del nomadismo fomentatore di disordini e del pacifismo propugnato dagli omosessuali e da vasti settori religiosi, tutti quanti sotto l'egida del Papa a Roma". Il cuore dell'ideologia nazionalsocialista era il concetto di razza. La teoria nazista ipotizzò la superiorità della razza ariana come "razza dominante" su tutte le altre e in particolare sulla 'razza ebraica'. Il concetto di "razza" è l'essenza della dottrina nazista: per il nazionalsocialismo una nazione è la più alta espressione della razza, quindi una grande nazione è la creazione di una grande razza. La teoria dice che le grandi nazioni crescono con il potere militare. Le nazioni più deboli sono quelle la cui razza è impura: sono perciò divise e litigiose, e quindi producono una cultura debole. Le nazioni che non possono difendere i loro confini erano quindi definite come le creazioni di razze deboli o schiave. Le razze schiave erano ritenute meno meritevoli di esistere rispetto alle razze dominanti. In particolare, sé una razza dominante necessitava di "spazio vitale" , si riteneva avesse il diritto di prenderlo e di eliminare o ridurre in schiavitù le razze schiave indigene. Come conseguenza, le razze senza una patria venivano definite "razze parassite": più gli appartenenti a una razza parassitaria erano ricchi e più inaccettabile era considerato il parassitismo. Una "razza dominante" poteva quindi, secondo la dottrina nazista, rafforzarsi facilmente eliminando le "razze parassitarie" dalla propria patria. Questa era la giustificazione teorica per l'oppressione e l'eliminazione fisica degli ebrei e degli slavi. Per iniziare a diffondere questo pensiero e farlo assimilare dalla popolazione venivano mostrati filmati di tedeschi deformi, fisicamente o mentalmente, fatti giungere adagio adagio da tutta la Germania in alcuni centri di raccolta, mettendo in evidenza i loro problemi fisici e mentali; furono questi i primi esseri umani bruciati nei forni dai nazisti. 

SA e SS: Le SA – abbreviazione di Sturmabteilung, letteralmente «battaglione d'assalto», anche sé si è affermata nell'uso comune l'espressione «squadre d'assalto») – furono il primo gruppo paramilitare del Partito Nazista. Sono conosciute anche come camicie brune a causa del colore della loro divisa. Furono sterminate dalle SS in una lotta per il potere all’interno del Nazismo, nella famosa notte dei lunghi coltelli, nel giugno 1934, in cui fu ucciso anche il leader delle SA, Rohm. Le SS - abbreviazione del tedesco Schutzstaffeln («squadre di protezione») - erano un'unità paramilitare d'élite del Partito Nazista tedesco. Furono fondate nel 1925 da Hitler, da cui dipendevano direttamente. 


La conquista del potere: Il punto di svolta delle fortune di Hitler giunse con la Grande Depressione che colpì la Germania nel 1930. Nelle elezioni del 14 settembre 1930, il partito nazionalsocialista sorse improvvisamente dall'oscurità e si guadagnò oltre il 18% dei voti e 107 seggi nel Reichstag, diventando così la seconda forza politica in Germania. Il successo di Hitler si basava sulla conquista della classe media, colpita duramente dall'inflazione degli anni venti e dalla disoccupazione portata dalla Depressione. Hitler si rifiutò di scendere a patti con gli altri partiti e anzi corse contro Hindenburg nelle elezioni presidenziali, arrivando secondo nelle due tornate elettorali, superando il 35% dei voti nella seconda occasione. Alle successive elezioni del luglio 1932 i nazisti ottennero il loro migliore risultato, vincendo 230 seggi e diventando il partito di maggioranza relativa. Hitler fu nominato legalmente Cancelliere dal Presidente Hindenburg nel 1933. Usando il pretesto dell'Incendio del Reichstag, (il Parlamento tedesco), di cui furono accusati i comunisti, Hitler emise il "Decreto dell'incendio del Reichstag", del 28 febbraio 1933. Il decreto sopprimeva diversi importanti diritti civili in nome della sicurezza nazionale. I leader comunisti, assieme ad altri oppositori del regime, si trovarono ben presto in prigione. Al tempo stesso le SA lanciarono un'ondata di violenza contro i movimenti sindacali, gli ebrei e altri "nemici". 

La politica di Hitler: Hitler promulgò presto (sempre nel 1933) delle leggi per la nazificazione della Germania, simili alle leggi fascistissime. Con queste leggi il partito nazista diventava l’unico, mentre gli altri erano dichiarati fuorilegge; venivano aboliti i sindacati, cominciava un controllo totale sulla stampa. Hitler diventò poi anche Presidente oltre che Cancelliere. Le teorie diffuse da Hitler nel Mein Kampf vennero usate per giustificare un programma politico totalitario di odio e soppressione razziale, usando tutti i mezzi dello Stato e soffocando il dissenso. Come altri regimi, il regime nazista enfatizzò l'anticomunismo e la «supremazia del capo», nel caso di Hitler chiamato Fuhrer, cioè ‘capo’, come ‘Duce’ per Mussolini. Aspetto centrale dell’ideologia nazista fu il razzismo. Alcune delle manifestazioni del razzismo nazista furono: • Antisemitismo, che culminò nell'olocausto • Nazionalismo etnico, incluse le nozioni di tedeschi come Herrenvolk ("razza dominante") e Übermensch ("superuomo") • Purificare la razza tedesca attraverso l’eliminazione dei disabili. • Omofobia, che portò all'internamento di più di 10000 persone omosessuali In campo economico Hitler investì nell’economia, soprattutto nell’industria tedesca e fece diminuire notevolmente la disoccupazione. 

Il rapporto con il Fascismo: Hitler all’inizio era un ammiratore di Mussolini, ma voleva superarlo. Il patto d’acciaio che i due stipularono nel 1939, fu alla base della futura alleanza nella seconda guerra mondiale.

La guerra: Hitler voleva costruire la Grande Germania (cioè l’unione di tutti i popoli che parlavano tedesco), anche grazie allo spazio vitale, cioè la conquista dei territori soprattutto ad est. Dopo l’annessione (anschluss) dell’Austria, Hitler iniziò la conquista della Repubblica Ceca e poi della Polonia. Fu l’inizio della guerra. 


L’antisemitismo e la Shoah: L'invasione dell'Unione Sovietica fu anche motivata dall'idea nazionalsocialista, già presente agli albori del movimento, di acquisizione di un Lebensraum («spazio vitale») ad Est a scapito delle popolazioni slave, considerate Untermenschen («sub-umane»). Contemporaneamente l'operazione Barbarossa (per conquistare la Russia) si proponeva di abbattere il nemico ideologico rappresentato dal comunismo, parte, secondo l'ideologia hitleriana, del complotto «giudaico» per il dominio del mondo. Non ultimo, la campagna ad Est avrebbe permesso alla Germania, svaniti i sogni di una rapida campagna occidentale, di raggiungere ed utilizzare le ricche risorse economiche sovietiche rappresentate dal petrolio caucasico e le derrate alimentari ucraine. Fu immediatamente dopo lo scoppio del conflitto ad Est che la persecuzione ebraica raggiunse la sua fase culminante con l'avvio dei massacri. D'altro canto non esistono prove che nel giugno 1941 esistesse già un piano per una «soluzione finale della questione ebraica». Gli storici rilevano che probabilmente la decisione venne presa in un periodo compreso tra il novembre 1941 ed il gennaio 1942 e che la fase operativa si concretizzò solo successivamente. Tra il 1942 e il 1944 le SS, assistite dai governi collaborazionisti e da personale reclutato nelle nazioni occupate, uccisero in maniera sistematica circa 3,5 milioni di ebrei in sei campi di sterminio localizzati in Polonia: Auschwitz-Birkenau, Bełżec, Chelmno, Majdanek, Sobibor e Treblinka. Altri vennero uccisi meno sistematicamente in altri luoghi e in altri modi, o morirono di fame e malattie mentre lavoravano come schiavi. Al tentativo di Genocidio degli ebrei europei ci si è generalmente riferiti nel dopoguerra con la parola Olocausto, ma più recentemente il termine ebraico Shoah, preferito dagli ebrei stessi, è stato adottato dalla comunità internazionale. Altri gruppi etnici, sociali e politici sono stati oggetto di persecuzione e in alcuni casi di sterminio durante la "Soluzione finale". Migliaia di socialisti tedeschi, comunisti e altri oppositori del regime morirono nei campi di concentramento, così come un numero alto ma sconosciuto di omosessuali, musulmani, Rom e zingari, ugualmente considerati razze inferiori, furono anch'essi internati o uccisi nei campi. 

9)La caduta: Il dubbio sé Hitler fosse realmente morto o no è rimasto per anni al centro di numerose polemiche: c'era chi lo riteneva effettivamente morto e chi invece pensava che fosse ancora vivo. Va detto che le poche persone presenti nel bunker o si suicidarono o furono catturate, ma tutti affermarono con certezza della morte del Führer. Questo però appare alquanto inverosimile in quanto l'operazione di incenerimento dei due corpi fu fatta in maniera molto frettolosa poiché nel giardino della Cancelleria, dove si è ritenuto che avvenne il rogo, pioveva ogni sorta di proiettile. L'autopsia che venne fatta al corpo di Hitler da parte dei russi rivelò che si suicidò con il cianuro, Pur sé nel tempo sono stati espressi diversi dubbi sulla morte del dittatore, ormai viene data per certa la sua morte avvenuta nel bunker di Berlino il 30 aprile 1945

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