Felicità, Utilità, Dovere e Giustizia: Prospettive Etiche da Epicuro a Rawls
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Epicuro: La Felicità come Piacere
Epicuro concorda con Aristotele sul fatto che il fine ultimo dell'uomo sia la felicità. Sostiene che la felicità consista nel piacere.
Tipi di Piaceri
Epicuro distingue diversi tipi di piacere:
- Piacere statico (catastematico): Consiste nell'essere in uno stato di assenza di turbamento o dolore.
- Piacere cinetico: È una variazione del nostro stato che porta all'eliminazione del dolore o del disagio. Eliminato tale dolore o disagio, si ritorna a una condizione statica di piacere.
Distingue inoltre tra:
- Piaceri del corpo: Il piacere statico del corpo è chiamato aponia, che significa assenza di dolore o disagio fisico.
- Piaceri della mente: Il piacere statico della mente è chiamato atarassia, che significa assenza di turbamento o ansia.
I Desideri
Per raggiungere il massimo piacere (felicità) è necessario moderare i desideri. Epicuro li classifica come segue:
- Desideri naturali e necessari: Legati alla sopravvivenza (es. fame, sete). Vanno soddisfatti.
- Desideri naturali ma non necessari: Non essenziali alla sopravvivenza (es. desiderio sessuale, cibi raffinati). Vanno moderati.
- Desideri né naturali né necessari (innaturali e inutili): Legati a convenzioni sociali o opinioni vane (es. desiderio di fama, onore, ricchezza). Vanno evitati.
L'Utilitarismo
L'utilitarismo è una teoria etica che si basa sulle seguenti tre proposizioni:
- Ciò che ha valore intrinseco per gli individui è il benessere o la felicità.
- La migliore situazione possibile è quella in cui la somma totale di ciò che è prezioso (benessere/felicità) è massimizzata.
- Ciò che dobbiamo fare è agire in modo da ottenere il miglior stato di cose possibile (massimizzare l'utilità totale).
Pertanto, la moralità di ogni atto o legge è definita dalla sua utilità per tutti gli esseri senzienti. Il termine utilità si riferisce a ciò che è intrinsecamente prezioso per ogni individuo. In economia, l'utilità è spesso definita come la soddisfazione delle preferenze; nella filosofia morale, è generalmente sinonimo di felicità o benessere, indipendentemente da come questi vengano intesi. Le conseguenze rilevanti solitamente includono la felicità o la soddisfazione delle preferenze.
L'utilitarismo è talvolta riassunto come "il massimo benessere per il maggior numero". Secondo l'utilitarismo, dovremmo quindi agire in modo da produrre la massima quantità complessiva di felicità nel mondo.
Utilitarismo Negativo
Mentre molte teorie utilitaristiche difendono la massimizzazione del benessere per il maggior numero di persone, l'utilitarismo negativo ritiene invece prioritario prevenire la maggior quantità di dolore o sofferenza per il maggior numero di persone. I sostenitori di questa interpretazione affermano che essa proponga una formula etica più efficace o urgente, poiché sostengono che vi siano più possibilità di causare danno che di creare benessere, e che la prevenzione delle grandi sofferenze sia prioritaria rispetto alla promozione dei grandi piaceri.
Utilitarismo dell'Atto vs. Utilitarismo della Regola
Sono state proposte diverse forme di utilitarismo:
- Utilitarismo dell'atto: La forma tradizionale, secondo cui l'azione moralmente giusta è quella specifica azione che, in una determinata circostanza, massimizza l'utilità.
- Utilitarismo della regola: Sostiene che l'azione moralmente giusta sia quella conforme a una regola la cui adozione generale (se seguita da tutti o dalla maggior parte delle persone) massimizzerebbe l'utilità rispetto ad altre regole possibili o all'assenza di regole.
Utilitarismo delle Preferenze
Un tipo particolare di utilitarismo definisce l'utilità in termini di soddisfazione delle preferenze. L'utilitarismo delle preferenze sostiene che la cosa giusta da fare sia quella che produce le migliori conseguenze, definendo "migliori conseguenze" in termini di massimizzazione della soddisfazione delle preferenze individuali. Queste preferenze possono includere desideri complessi, come quelli legati alla reputazione, alla realizzazione personale o a progetti di vita, piuttosto che limitarsi al puro piacere edonistico.
L'Etica Kantiana del Dovere
Kant distingue due usi della ragione:
- Uso teoretico della ragione: Finalizzato alla conoscenza del mondo fenomenico.
- Uso pratico della ragione: Avviene quando usiamo la ragione per dirigere l'azione, ovvero per determinare la volontà e prendere decisioni morali.
Gli Imperativi
L'espressione di un comando della ragione pratica è ciò che Kant chiama imperativo. Ne distingue due tipi:
- Imperativo ipotetico: Esprime un comando condizionale, legato al raggiungimento di un fine specifico (es. "Se vuoi essere sano, fai sport"). Prescrive un'azione come mezzo per ottenere uno scopo desiderato.
- Imperativo categorico: Esprime un comando incondizionato, una legge morale assoluta che vale indipendentemente da qualsiasi fine o desiderio personale (es. "Non devi rubare"). È la forma della legge morale stessa.
Etica Materiale e Formale
Kant contrappone la sua etica formale alle etiche materiali precedenti:
Etica materiale:
- Presuppone che esistano beni o fini ultimi (es. felicità, piacere) e si propone di stabilire quali siano i migliori e di trovare i mezzi per raggiungerli.
- Parte da contenuti specifici (il bene da raggiungere).
- I suoi precetti sono empirici, derivati dall'esperienza (a posteriori).
- I suoi precetti sono ipotetici (comandano un'azione in vista di un fine).
- Le sue norme sono relative a interessi specifici; non hanno validità universale.
- È eteronoma: il soggetto riceve la legge morale dall'esterno (dall'oggetto desiderato, dall'esperienza), non la dà a se stesso in modo autonomo.
- Per Kant, questo tipo di etica non è propriamente morale, poiché è condizionata da fattori empirici e sensibili.
Etica formale (Kantiana):
- Non si concentra sui contenuti (cosa fare), ma sulla forma della legge morale (come si deve agire, cioè secondo una legge universalizzabile).
- L'unica etica formale nella storia della filosofia è considerata quella kantiana. Tutte le altre sono etiche materiali.
- I suoi precetti sono a priori, non derivati dall'esperienza.
- I suoi precetti sono categorici (comandano in modo incondizionato).
- Ha validità universale, valida sempre e per tutti gli esseri razionali.
- È autonoma: il soggetto dà la legge morale a se stesso attraverso la propria ragione, indipendentemente dall'esperienza o da fini esterni. L'individuo deve essere guidato esclusivamente dalla propria ragione pratica.
John Rawls: Giustizia come Equità
John Rawls, nella sua teoria della giustizia come equità, ritiene che i principi di giustizia fondamentali per una società debbano essere scelti in una situazione iniziale di equità.
Sostiene che quando "persone razionali", poste in condizioni ideali di libertà e uguaglianza, raggiungono un accordo su tali principi, questi acquisiscono una validità che aspira all'universalità.
La condizione di imparzialità, necessaria per scegliere principi equi, è garantita da quello che Rawls chiama il "velo d'ignoranza".
Il velo d'ignoranza implica che, nella posizione originaria in cui si scelgono i principi di giustizia, le persone non conoscano le proprie circostanze specifiche: non sanno quale posizione sociale occuperanno, quali talenti naturali avranno, quali saranno le loro concezioni del bene, la loro razza, il loro sesso, ecc. Questa ignoranza delle proprie particolarità assicura che nessuno possa proporre principi volti a favorire la propria condizione specifica, garantendo così l'imparzialità della scelta.
L'idea di società secondo Rawls è quella di un'impresa cooperativa per il reciproco vantaggio, un'associazione più o meno autosufficiente di persone che, nelle loro relazioni reciproche, riconoscono certe regole di condotta come vincolanti e che, per la maggior parte, agiscono in conformità con esse.