Filosofia Aristotelica: Concetti Chiave su Cambiamento, Essere e Anima
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Principi del Cambiamento
Comprendere il movimento, tuttavia, richiede tre principi: il substrato, la forma e la privazione. In ogni cambiamento qualcosa resta e qualcosa cambia; ciò che rimane è il substrato. Il cambiamento, a sua volta, significa che il substrato acquisisce una forma di cui era precedentemente privato. Immaginate un analfabeta che impara a leggere e scrivere: il substrato è l'uomo; la privazione è l'essere analfabeta (è privato della conoscenza dell'alfabeto, della capacità di leggere); il cambiamento è l'acquisizione di quella forma, l'alfabetizzazione.
Relazionando questi tre principi del cambiamento con la teoria ilemorfica, vediamo che la materia è il sostrato indeterminato in cui il cambiamento si verifica. La forma è l'elemento che la materia tende ad acquisire nel cambiamento. La privazione, intesa come ciò che non è ancora realizzato, è il punto di partenza del cambiamento, mentre la forma realizzata è il punto di arrivo. Ogni individuo, cambiando, tende a realizzare sempre più la propria forma specifica (per esempio, negli esseri umani la forma specifica è la "razionalità" e, quindi, l'acquisizione della scienza o della conoscenza è una delle manifestazioni più caratteristiche della nostra specie).
L'Atto e la Potenza
Ora, che senso ha dire che gli esseri hanno una forma senza averla ancora realizzata? La potenza è la capacità di essere, la possibilità di diventare qualcosa. L'atto è ciò che un essere è attualmente, ciò che è in corso di realizzazione. Ogni essere, in un dato momento, possiede determinate caratteristiche o proprietà, che costituiscono il suo atto. Lo stesso essere, in quel momento, possiede anche determinate possibilità che può sviluppare, che costituiscono la sua potenza. Il movimento è, quindi, il passaggio dalla potenza all'atto, dal poter essere all'essere.
Quindi, qualsiasi cambiamento, secondo Aristotele, ha un senso finalistico, «teleologico» (da telos, "fine"), a seconda dello scopo specifico di ogni essere. In ogni essere concreto, la forma ha una priorità ontologica sulla materia, dal momento che fin dall'inizio è presente in potenza. Tuttavia, nell'individuo particolare, la forma si realizza come atto solo durante il processo di cambiamento. La forma, di conseguenza, non è generata dalla materia, ma è potenzialmente presente nella materia e si attualizza nel cambiamento; è l'atto della sua potenza. Se c'è una priorità della forma, una cosa può diventare solo ciò che è potenzialmente. Ad esempio, un gatto appena nato non può diventare un cane, ma può solo diventare un gatto adulto, perché questa è la forma che il gatto appena nato possiede in potenza.
Le Cause del Cambiamento
Aristotele non si limita a descrivere che il cambiamento accade, ma cerca anche di spiegarne la causa, ciò che lo provoca. Aristotele individua quattro tipi di cause: due intrinseche o interne agli esseri che cambiano, che sono la causa materiale, costituita dal materiale o substrato su cui avviene il cambiamento, e la causa formale, data dalla forma, cioè da ciò che si ottiene nel cambiamento; e altri due estrinseche o esterne, che sono la causa efficiente, intesa come ciò che innesca il processo di cambiamento, l'iniziatore di esso, e la causa finale, che è quella per cui il cambiamento si verifica, l'obiettivo o lo scopo di esso.
Il Motore Immobile
Aristotele ritiene che, affinché un corpo si muova, passando dalla potenza all'atto, sia necessario un motore che inizi il processo di cambiamento. Negli esseri naturali, questo motore è la forma stessa, che agisce, in un certo senso, sia come causa efficiente sia come causa finale. Ora, cosa muove il motore? Se il motore di ogni individuo necessita di un altro motore per muoversi, e questo, a sua volta, ne richiede un altro, e così via all'infinito (il che non spiegherebbe l'origine del movimento), bisogna ammettere l'esistenza di un Motore Primo, capace di muovere senza essere a sua volta mosso. Questa è la spiegazione ultima di tutti i movimenti e di tutti i cambiamenti. Il Motore Immobile è Atto Puro e contiene in sé, come oggetto del suo pensiero, le forme di tutti gli esseri, diventando così la causa finale di tutti i movimenti.
L'Anima
La natura fisica, considerata nel suo complesso, è, secondo Aristotele, un sistema organico e gerarchico in cui le forme inferiori preparano i gradi superiori, formando così un tutto organizzato che tende verso un unico fine: l'Atto Puro, un'eterna aspirazione che non può mai essere completamente raggiunta. All'interno di questo tutto organizzato si distinguono quattro livelli gerarchici, che dal basso verso l'alto sono: la natura inorganica, il regno vegetale, il regno animale e l'umanità. Ognuno di questi livelli aspira ai gradi superiori, e l'uomo, che riassume l'evoluzione, non è il culmine definitivo della gerarchia, poiché tende all'Atto Puro, al pensiero di sé. È nella concezione dell'uomo che il pensiero aristotelico si differenzia maggiormente da quello platonico. Pur partendo dalla concezione dualistica dell'uomo, ereditata da Platone, Aristotele se ne distacca, ritenendo che l'anima umana sia così strettamente legata al corpo da non poter sopravvivere separata da esso.
Per Aristotele, l'anima non è altro che la forma del corpo. Il corpo è dotato di strumenti e organi adeguati a svolgere le funzioni vitali, ma tale vita rimarrebbe in potenza, cioè una mera possibilità, se l'anima non la attualizzasse. L'anima è, quindi, atto e forma; il corpo, da parte sua, è strumento, materia e potenza. Ciò non impedisce che il corpo sia a sua volta forma e atto rispetto agli organi e tessuti che lo costituiscono. L'anima appare in questa visione dell'uomo come la forma più alta, il fine supremo di una serie di forme inferiori, tutte gerarchicamente orientate verso di essa e verso la sua meta finale.
La conseguenza di tutto questo è che l'anima, a differenza di quanto sostenuto da Platone, non è un essere che può sopravvivere da sola. L'anima non è una sostanza separata; l'unica sostanza è l'uomo, il composto di corpo e anima. L'anima è al corpo ciò che la funzione è all'organo, come la visione è all'occhio, per esempio.