Filosofia Medievale: Agostino, Anselmo e Tommaso d'Aquino – Verità, Esistenza e la Disputa sugli Universali

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Agostino d'Ippona: Il Dubbio e la Certezza della Verità

Lo scettico non può negare i rapporti matematici. Lo scettico non può negare il principio di non contraddizione. Lo scettico mostra l’esistenza della verità con il suo stesso modo di procedere. Se credo di ingannarmi, vuol dire che esisto e non posso dubitare della mia esistenza. Si può dubitare di tutto, ma non si può dubitare di stare dubitando. Chi dubita? Un essere dubitante è anche pensante. Il dubbio implica un’autocoscienza e dall’atto di dubitare è possibile dedurre l’esistenza dell’anima.

L'Anima, le Idee e la Ratio Superior

Una volta ammessa la realtà dell’anima, bisogna indagare sui suoi contenuti: le idee. Le idee matematiche non possono essersi formate come elaborazione di sensazioni, dato che le nozioni di numero, punto, ecc., si riferiscono a entità astratte. Il fatto che l’anima riesca a usare tali nozioni dimostra l’esistenza di una *ratio superior*, la capacità di trascendere l’esperienza, e la presenza in essa di procedimenti logici, principi e regole universali precedenti la sensazione.

La matematica implica l’esistenza di un’intelligenza, ossia di una mente capace di possedere principi superiori e indipendenti dall’esperienza. Anche per le idee di giustizia, coraggio, amicizia, ecc., se siamo in grado di capirne il senso, bisogna ammettere che la mente sia illuminata da interne regole di verità, il cui fondamento sfugge alla nostra capacità di comprensione. Anche la nozione di esistenza non si forma su basi esperienziali (la mente è in grado di capire anche la nozione di non esistenza). Il pensiero non è in grado di spiegare sé stesso.

La Dottrina dell'Illuminazione Divina

La ragione non basta a sé stessa. La comprensione delle verità più profonde necessita l’aiuto divino. L’origine delle *interiores regulae veritatis* è Dio. Senza Dio, l’uomo non sarebbe in grado di pensare. Agostino afferma:

“Non è il ragionamento che fa le verità quali sono, ma le svela. Pertanto prima di essere scoperte, esistono, e quando sono scoperte, ci rinnovano.”

L’anima è un luogo di transito verso Dio: i principi regolativi del conoscere sono **in noi**, ma non originano da noi. Il processo che permette alla mente di accogliere la verità è come un’interiore illuminazione divina. Dio è presente nella mente di ogni uomo più di quanto ogni uomo sia presente in sé stesso. È la sorgente di ogni verità, guida la mente sulla via della verità, la quale è già in noi, ma si lascia scoprire solo tramite il suo aiuto.

Anselmo d'Aosta: La Ricerca dell'Esistenza di Dio

Lo scopo della riflessione di Anselmo era provare l’esistenza di Dio.

Prove a Posteriori (Metodo Induttivo)

Sono elaborate nel *Monologion* e dimostrano Dio a partire dall’osservazione del mondo.

La Prova del Sommo Bene

La prima prova parte dalla considerazione che nel mondo convivono beni di vario grado, che seguono una scala gerarchica, e troviamo sul vertice un Sommo Bene: **Dio**.

Prova a Priori (Metodo Deduttivo): La Prova Ontologica

È l’unica prova presentata nel *Proslogion* ed è detta **ontologica** perché intende dimostrare l’esistenza di Dio a prescindere dall’osservazione del mondo e a partire dal concetto di Dio stesso (detta *a priori* perché rimarrebbe valida anche se Dio non avesse creato il mondo).

La prova si svolge in forma di dialogo tra un *sapiens* (credente) e un *insipiens* (ateo). Di fronte alla convinzione che Dio non esista esposta dallo stolto, il credente chiede di fornire una definizione di Dio. La sua esistenza potrà anche essere negata, ma bisogna accordarsi su ciò che si nega. La definizione data è:

Dio è perfetto, *“quell’essere di cui non si può pensare nulla di maggiore”*.

Se si immaginano due tipi di perfezione, una che esiste nella realtà e l’altra solo nell’intelletto, ciò che esiste nella realtà è più perfetto di ciò che esiste solo nell’intelletto. Perciò *“quell’essere di cui non si può pensare nulla di maggiore”* non può essere solo nell’intelletto. Anche l’ateo ammetterà che la mancanza dell’esistenza rende la seconda perfezione minore della prima. Dunque, Dio è la perfezione esistente.

La Disputa sugli Universali nella Scolastica

La disputa sugli universali è la maggiore questione filosofico-teologica della Scolastica e ha per base il concetto degli universali. Nel linguaggio quotidiano usiamo parole di due specie:

  1. Termini che indicano un oggetto o un individuo particolare.
  2. Termini di genere e specie (gli universali).

Dalla disputa si originarono tre concezioni principali del rapporto tra linguaggio e realtà:

1. Realismo

Il **Realismo** è la posizione filosofica della quale Guglielmo di Champeaux fu il massimo esponente (anche se successivamente mitigò notevolmente le sue precedenti convinzioni). Egli riteneva gli universali del tutto *ante rem* (prima delle cose), identificandoli, nell'ottica di Platone, con le idee di Dio atte a creare il mondo. Vi è corrispondenza tra ogni concetto universale e un aspetto della realtà, cui a sua volta corrisponde un contenuto di un’altra realtà superiore (Platone: Iperuranio; Scolastica: Mente di Dio).

2. Nominalismo

Il **Nominalismo**, il cui più rilevante assertore fu Roscellino, sostiene che i concetti (gli universali) non posseggono una loro propria esistenza prima o scollegata dalle cose, né esistono al di fuori o nelle cose, ma vengono concepiti solo come nomi (*nomina*). Essi consistono in un mero suono, ossia nel semplice movimento d’aria che la voce emette nel pronunciarli. Questa posizione estrema implica:

  • Negare al linguaggio qualunque funzione generale d’ordine conoscitivo.
  • Porre in discussione l’intera tradizione filosofica e mettere in crisi anche la teologia cristiana.

Roscellino, sostenendo il nominalismo, affermava che, come l'umanità non è nulla di per sé poiché la sua vera realtà è costituita dagli uomini reali che la compongono, così la divinità non è qualcosa di comune alle tre persone, ma ognuna delle tre persone della Trinità – il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo – è una realtà distinta dalle altre (eresia).

3. Concettualismo

Il **Concettualismo** (sostenuto da Abelardo) contestò ambedue le tesi contrapposte. Innanzitutto non si può sostenere la realtà dell'universale *ante rem*, poiché nessuno è in grado di conoscere la mente divina, né ha senso sostenere l'esistenza dell'universale *in re*, poiché le cose sono sempre individuali. Gli universali sono ciò che può essere detto di molte cose; proprio per questo non possono essere *res* (cose a tutti gli effetti). Si cadrebbe nell’assurdo di concludere che la stessa cosa è presente in molte cose.

Per Abelardo l’universale è *sermo*, ossia una parola intesa nel suo significato, un prodotto della ragione con un contenuto logico. Nella realtà esistono solo individui dotati di peculiarità che li distinguono dagli altri, ma ognuno di essi è dotato di affinità che lo rendono simile agli altri componenti della stessa specie. Pensare significa cogliere queste somiglianze attraverso l’astrazione di ciò che è comune. Gli universali sono concetti (*conceptus mentis*) esistenti nel pensiero umano e divino come enti logici. Essi esistono soltanto all'interno della mente e non hanno realtà esterna o sostanziale.

Tommaso d'Aquino: Sintesi e le Cinque Vie

La Posizione sugli Universali

Tommaso d'Aquino si poneva nella disputa sugli universali definendoli in una triplice prospettiva, cercando una sintesi tra Platone e Aristotele:

  • ***Ante rem***: Esistono *ab aeterno* nella mente di Dio come forme che precedono la creazione.
  • ***In re***: Seguendo Aristotele, costituiscono l'essenza introdotta da Dio nelle cose all'atto della loro creazione.
  • ***Post rem***: Sono nella mente dell'uomo come concetti astratti dalle cose e trasformati in immagini mentali, in parole e in segni convenzionali.

Le Cinque Vie per Dimostrare l'Esistenza di Dio

Tommaso parla di **Cinque Vie** (*Quinque Viae*), ovvero dei percorsi a ritroso: si risale fino a Dio attraverso ragionamenti induttivi (dal particolare al generale) per supporre la sua esistenza, senza la pretesa di volerla dimostrare. Tommaso sostiene che “esistenza” non è un predicato; “esistente” significa che c’è, è osservabile nella realtà o no. Non è una caratteristica derivabile come “infinito” o “imperituro”; si può solo constatare, non si può dedurre.

  1. La Prova Cosmologica (o del Movimento)

    Tutto ciò che si muove è messo in movimento da altro. Questa catena deve aver avuto un inizio: un motore originario capace di mettere in movimento la realtà senza essere esso stesso in movimento. Questo motore immobile è **Dio**.

  2. La Prova Causale (o della Causa Efficiente)

    Nel mondo ogni effetto presuppone una causa esterna che lo provochi, ma questa catena non può risalire all’infinito: ha avuto origine da una causa prima, causante ma incausata: **Dio**.

  3. La Prova della Contingenza (o del Necessario)

    Ogni cosa contingente (possibile) esiste ma potrebbe anche non esistere, presupponendo un altro ente necessario, che ne crei la possibilità. Si deve ammettere un ente originario, necessitante ma non necessitato: **Dio** (richiama Aristotele).

  4. La Prova della Perfezione (o dei Gradi di Perfezione)

    Guardando la natura vediamo diversi gradi di perfezione. Bisogna ammettere un vertice assoluto in rapporto al quale tutto si definisca, ma che a sua volta non sia in rapporto con nulla ad esso maggiore. Questa perfezione massima è **Dio** (richiama Platone).

  5. La Prova del Finalismo (o del Governo delle Cose)

    Tutte le cose sembrano muoversi verso un fine; vi è quindi un ente che ha diretto a un fine la natura. Gli esseri non intelligenti (come gli animali) non possono essersi dati un fine da soli, quindi c’è bisogno di un ente primo che abbia immesso il fine nel mondo: **Dio**.

Voci correlate: