Giacomo Leopardi: Evoluzione della Concezione di Natura e Pessimismo

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Il Pensiero Filosofico di Giacomo Leopardi: Evoluzione e Temi Chiave

Giacomo Leopardi, uno degli scrittori più importanti della letteratura italiana, inserisce nelle sue opere il proprio pensiero filosofico.

La Condizione Umana e il Pessimismo

Egli crede che la natura dell’uomo sia destinata alla sofferenza; tuttavia, gli uomini non sono soliti riconoscere questa triste condizione, ma anzi scelgono deliberatamente di non pensarci. Lo dimostra, nelle Operette morali, il dialogo fra il protagonista Tristano e un suo amico, in cui Tristano afferma che gli uomini “volendo vivere, conviene che credano la vita bella e pregevole; e tale la credono”.

La causa di questa condizione di infelicità, afferma Leopardi, è la Natura, intesa come materia incorruttibile ed eterna, che ha un proprio funzionamento meccanicistico di cui, ovviamente, l’uomo è costretto a seguire le leggi.

L'Evoluzione della Concezione di Natura

La sua concezione di Natura, però, non è la stessa in ogni opera, ma assume una diversa conformazione al maturare del pensiero filosofico di Leopardi.

La Fase della Natura Benigna e le Illusioni

Nelle sue prime opere, infatti, la natura non ha una connotazione tanto negativa quanto in quelle successive. Ad esempio, nello Zibaldone, l’autore afferma che la natura è dispensatrice di illusioni, “senza cui la vita nostra sarebbe la più misera e barbara cosa”. L’uomo moderno, però, è dominato dalla ragione, per cui non può beneficiare appieno delle illusioni. In questo senso, Leopardi afferma che gli uomini antichi sono stati i più felici, in quanto più vicini allo stato di natura, e questo ha permesso loro di formulare la vera poesia, a cui l’uomo moderno potrà tendere ma mai giungere.

La Natura Crudele e il Pessimismo Cosmico

Secondo lo studioso Sapegno, dopo questa prima fase Leopardi sottopone a un’analisi il concetto di natura nella teoria di Rousseau, scoprendo che essa sia illusoria, mitica e non razionale. Per questo, cambia la sua visione del mondo: la natura non ha creato gli uomini felici, ma è crudele e perseguita gli esseri viventi. Questo pensiero è il fulcro dell’operetta morale Dialogo della Natura e di un Islandese, in cui il protagonista, un islandese che ha viaggiato in tutto il mondo per fuggire dalla natura, si ritrova al cospetto della Natura stessa, che ha l’aspetto di una donna imponente.

Egli dice di essere fuggito dapprima dagli altri uomini, poiché questi lo molestavano; una volta in solitudine, è costretto a patire i fenomeni naturali, per cui decide di partire alla ricerca di un luogo in cui, afferma, “potessi, non offendendo, non essere offeso, e non godendo, non patire”.

Ma la Natura ribatte che il mondo non è creato a misura d'uomo, dato che esso è regolato da leggi necessarie a cui tutti i viventi devono sottostare. Per questo, la Natura non agisce né per il bene né per il male degli uomini, è completamente indifferente al loro destino.

A causa della risposta, l’Islandese si chiede quale fosse il senso della vita; il mondo è come una villa nella quale l’uomo è stato invitato a dimorare, ma che non offre alcuna comodità e mette a repentaglio la sua incolumità.

La risposta della Natura è nuovamente tagliente: l’universo è un circuito di creazione e distruzione, e nel suo attuarsi non si cura del turbamento a cui sono sottoposte le sue creature.

Alla fine dell’operetta, l’Islandese non potrà conoscere il fine ultimo dell’esistenza, a causa di due leoni che pongono fine alla sua vita. L’ideale di Leopardi, dunque, è prettamente materialistico e lontano da ogni dottrina religiosa.

Il Tema della "Natura Matrigna" in A Silvia

Il tema della “natura matrigna” è presente anche nel canto A Silvia, in cui essa inganna l’uomo promettendogli delle gioie che poi non concede.

In quest’opera, infatti, la figura dell’io lirico è messa in parallelo con quella di Silvia, una figura femminile molto vaga in quanto emblema della distruzione di ogni speranza.

Silvia è una giovane donna il cui presente è ricco di speranze per l’avvenire, ma tutte queste illusioni sono spazzate via all’improvviso dalla malattia che la condurrà alla prematura morte. Dunque, è proprio la morte che non permette il realizzarsi dei suoi sogni; le speranze dell’io lirico, invece, sono distrutte dalla razionalità, che non gli consente di credere alle illusioni dispensate dalla natura.

L’io lirico, quindi, si chiede: “O natura, o natura,/perché non rendi poi/quel che prometti allor? Perché di tanto/ inganni i figli tuoi?”.

La Fase della Solidarietà Sociale

Infine, nell’ultima fase della sua vita, Leopardi dimostra un maggiore ottimismo riguardo alle capacità dell’uomo: la natura è il comune nemico, pertanto gli uomini non devono accettare passivamente la loro condizione di infelicità ma devono mettere da parte le rivalità tra loro e associarsi per combattere la causa della loro sofferenza. Questo, afferma Leopardi, è l’essere uomini dall’animo nobile, ovvero fronteggiare a testa alta il destino dell’umanità.

Conclusione

Dunque, la concezione della natura per Leopardi assume sfumature diverse in tutto il suo pensiero, passando da una concezione positiva a una negativa, a cui però si contrappone, negli ultimi anni della sua vita, una speranza nella capacità dell’uomo a non darsi vinto di fronte a un destino ineluttabile.

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