Pensatori Chiave del Rinascimento e della Riforma: Filosofia, Teologia e Politica

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Pensatori e Dottrine tra Umanesimo e Riforma

Pico della Mirandola

Fu un umanista, le cui speculazioni miravano a conciliare le dottrine più diverse. Proviene dalla tradizione platonica. Il testo “Sulla Dignità dell’uomo” è considerato il manifesto del Rinascimento italiano. Pico crede che l’uomo sia superiore a tutti gli altri animali della natura (poiché nella ripartizione, non essendoci più virtù, le ottenne tutte), e che l'uomo sia capace di seguire il proprio cammino.

Lo Scopo delle Speculazioni

Lo scopo delle sue speculazioni è il raggiungimento della pace tra gli uomini, volendo dimostrare che tutte le filosofie e religioni sono d’accordo. Inoltre, pensa che tutto il sapere umano sia unico (parte tutto dallo stesso luogo). Per questo motivo, non disprezza:

  • La Magia: crede che si debba accettare solo quella che aiuta a scoprire i segreti della natura e non quella demoniaca.
  • La Cabala: scritti che aiutano a comprendere l’Antico Testamento, e perciò che aiutano a comprendere i misteri divini.
  • L'Astrologia: solo valorata come scienza che cerca le leggi matematiche dell’universo, e non come scienza divinatoria.

Erasmo da Rotterdam

Nell’epoca del Rinnovamento si ricerca una riforma religiosa che consiste nel ritorno ai testi classici della Bibbia. I pensatori ritengono che la Bibbia sia per tutti (non solo per i dotti). Per riuscire in questo è importante il compito del filologo, che deve restaurare i testi originali (e non quelli della Chiesa): perciò è fondamentale il lavoro di Erasmo. Egli fu agostiniano, ma non volle diventare monaco. Anche se le sue idee coincidono con quelle di Lutero, egli non lo critica né lo censura in nessun momento. Non vuole distruggere la religione, ma solo ricondurla verso la semplicità del cristianesimo primitivo.

Il Pensiero di Erasmo

Nella sua opera “Elogio della Pazzia” crede che la pazzia sia l’incoscienza soddisfatta di sé: tutta la vita umana individuale e sociale si fonda su menzogne, giacché pensa che le opere (elemosine, ecc.) non abbiano alcun valore, bensì la fede. Disprezza la speculazione scolastica (le dispute non riaffermano la fede). Crede che la Bibbia sia per tutti, ma ognuno la può comprendere a suo modo. Si preoccupa molto del Nuovo Testamento.

La Polemica sul Libero Arbitrio

Con Lutero ha la polemica del libero arbitrio, poiché afferma che l’uomo non è predestinato da Dio a salvarsi o meno, perché se fosse stato così, allora l’uomo non sarebbe libero (non concepisce la dignità umana senza libertà).

Martin Lutero

Lutero nega l’opera della Chiesa, volendo un ritorno ai principi (Vangeli). Tra i principi elencati si nota quello della giustificazione per mezzo della fede (pensare che Dio perdonerà i peccati). Crede che la fede non si possa razionalizzare (non si può dimostrare a Dio).

La Dottrina Luterana

Riduce i sacramenti a tre:

  1. Battesimo
  2. Penitenza (scusarsi dei peccati)
  3. Eucaristia (Comunione)

Perciò i sacerdoti in questa chiesa perdono la loro funzione (non sono più intermediari tra uomo e Dio). Questo fu molto accettato dai sovrani perché significava eliminare il problema di chi deteneva il potere religioso. Le opere non importano, solo importa la fede. La perfezione inoltre si può raggiungere anche nella vita sociale (convivendo). Importante è il lavoro (visto come servizio divino).

Il Servo Arbitrio

Nella polemica con Erasmo sul libero arbitrio, egli scrive il “De servo arbitrio”. Dice che tutto quello che succede nel mondo succede perché Dio vuole che succeda. Il male non è male, giacché Dio non è soggetto a nessuna regola: forse a noi sembra male, ma è perché non lo capiamo. Lutero in questo senso ha un pensiero medievale.

Giovanni Calvino

È francese, ma sviluppa le proprie dottrine a Ginevra, ispirandosi all’Antico Testamento (anche se crede che l’Antico e il Nuovo abbiano cose in comune). Crede anche in un forte impegno per il lavoro. Calvino, a differenza di Lutero, si sviluppa senza l’appoggio statale. Si caratterizza per una denotata intolleranza.

La Predestinazione e il Lavoro

Vede Dio come una potenza assoluta contro la quale l’uomo non è niente; le decisioni di Dio non si comprendono dall’uomo. Apre il cristianesimo alla vita sociale, considerando il lavoro come un dovere e il successo negli affari come una prova del favore di Dio (questo si collega alla nascita della borghesia capitalista, secondo Weber). In riassunto, Calvino situa l’uomo di fronte a un muro, senza lasciargli comprendere la giustizia divina (deve limitarsi solamente a comprenderla e accettarla).

Niccolò Machiavelli

È l’iniziatore dell'indirizzo storico. Cerca, come sempre, il ritorno all’origine. È considerato il primo scrittore dell’età moderna. Il ritorno ai principi è basato sulla soggettività storica, prendendo come punto di riferimento la Repubblica Romana (da qui il suo carattere storico) e sul realismo politico.

La Figura del Principe

Qui appare la figura del Principe, il quale deve riorganizzare e unificare la nazione italiana. Questo Principe corre il pericolo di convertirsi in un tiranno, ma non lo farà perché vedrà che nella storia tutti i tiranni sono finiti male. Ci deve essere realismo politico (parlare di cose concrete), e per arrivare a ciò ci dà consigli nella sua opera “Il Principe”:

  • Il Principe, per non avere problemi, deve pensare che tutte le persone sono cattive (deve essere cauteloso).
  • Non deve allontanarsi dal bene, ma userà il male se fosse necessario (essendo questo il realismo politico).

Il fine giustifica i mezzi: si può fare qualunque cosa per raggiungere la stabilità politica.

Francesco Guicciardini

Crede che l’uomo non scelga la sua classe sociale, ma la forma con la quale si comporterà in essa. Crede che la fede sia buona perché implica ostinazione, e questo conduce alla fortuna. Come Machiavelli, crede che anche se gli uomini sono inclinati verso il bene, alla fine il male finisce col tentarli, e perciò finisce con esserci più uomini cattivi che buoni. Per questo motivo il politico non si deve fidare, e il governo si deve fondare più nella severità che nella dolcezza.

Giovanni Botero

Parla della Ragion di Stato: utilizza i mezzi più atti per conservare un dominio statale. La novità è che considera che le esigenze della Ragion di Stato sono le stesse che quelle della morale, e per questo dice che è necessaria la virtù (meglio la virtù che la paura). Botero inoltre considera importante la prudenza, che si basa più nell’onore che nell’utile, mentre che l’astuzia tiene conto solo dell’interesse, e questo per lui non è sufficiente. Il suo pensiero si può definire un “Machiavellismo timorato di Dio”: i mezzi del governo sono precetti della morale e della religione.

Tommaso Moro

L’inglese More cerca di raggiungere il medesimo obiettivo di Machiavelli mediante la delineazione di ciò che dovrebbe essere uno Stato Ideale. Le sue vedute filosofiche sono esposte nella “Utopia”. In quest’opera il punto di partenza è la critica delle condizioni sociali dell’Inghilterra del suo tempo.

La Società Ideale di Utopia

Nell’isola idillica, la proprietà privata è abolita, la terra è coltivata a turno da tutti gli abitanti, i quali sono tutti istruiti nell’arte dell’agricoltura. L’oro e l’argento non hanno nessun valore, e servono solamente per gli utensili più umili. I cittadini dell’isola lavorano solamente sei ore al giorno e dedicano il resto della giornata alle lettere o al divertimento. La cultura è tutta rivolta all’utilità comune. La caratteristica fondamentale dell’Utopia, però, è la tolleranza religiosa: tutti concepiscono l’esistenza di un Dio creatore dell’universo, ma ognuno lo concepisce e lo venera a suo modo.

Giordano Bruno

Nasce nel 1548 a Nola. A 15 anni entra nel chiostro domenicano di Napoli, nel quale crebbe come ragazzo prodigio. Con 18 anni ha i primi dubbi religiosi, che lo costringono a riparare prima a Ginevra, poi a Tolosa e poi a Parigi, dove pubblica “Il Candelaio” e “Le ombre delle idee”. Con quest'ultima ha i primi successi come maestro dell’arte lulliana della memoria.

Il Martirio e la Filosofia

Dopo molti alti e bassi, accoglie l’invito del patrizio veneziano Giovanni Mocenigo, il quale si aspettava di venire istruito da lui nell’arte della magia. Il 23 maggio 1592, però, viene denunciato da Mocenigo e arrestato dall’Inquisizione di Venezia, alla quale si sottomise, credendo che la religione fosse un mezzo rispettabile per raggiungere la filosofia. Ma nel 1593 Bruno viene trasferito dall’Inquisizione a Roma, dove rimane in carcere per sette anni. Ebbe in questo periodo ripetuti inviti di ritrattare le sue dottrine, ma non volendolo fare, venne arso vivo il 17 febbraio 1600 in Campo dei Fiori a Roma, senza riconciliarsi con il crocifisso (al momento della morte distolse lo sguardo dall’immagine della croce).

La Religione della Natura

Tutti gli scritti di Bruno presentano una simile caratteristica: l’amore per la vita nella sua potenza dionisiaca. Questa caratteristica sarà quella che renderà insopportabile il chiostro, venendo poi descritto da lui come una “prigione augusta e nera”. Dall’amore della vita nasce, infine, il suo interesse per la natura che si esaltò in un impeto lirico e religioso che trovò espressione nella forma poetica. Il naturalismo di Bruno è perciò una religione della natura: impeto lirico, raptus mentis, contractio mentis, esaltazione e furore eroico.

Questa concezione della natura rende possibile intendere l’atteggiamento di Bruno di fronte alla religione, che sostanzialmente riprende quello di Averroè, ma senza il rispetto che questo mostrava per la religione stessa: egli pensa che essa valga per l'istruzione di popoli rozzi che debbano essere governati, ma le rifiuta qualsiasi valore.

La Doppia Visione di Dio

Bruno vede Dio in maniera doppia:

  1. Mens Super Omnia (Mente al di sopra di tutto): Dio è fuori dal cosmo e dalla portata delle capacità umane. In quanto sostanza trascendente, è oggetto di fede.
  2. Mens Insita Omnibus (Mente presente in tutte le cose): Dio è invece principio immanente del cosmo e risulta accessibile alla portata dell’uomo.

Poi Dio, in quanto Mente delle cose, è Anima del cosmo, che opera tramite l’intelletto universale, cioè l’insieme di tutte le idee che plasmano dal di dentro la materia. Dio, in quanto spirito animatore delle cose, è causa e principio dell’essere: Causa in quanto Energia produttrice del cosmo, Principio perché elemento costitutivo delle cose.

Voci correlate: