Petronio e il Satyricon: Un Viaggio nella Società Romana

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Petronio Arbitro: Vita e Misteri

Dell'autore del Satyricon non rimane quasi nessuna notizia certa. I manoscritti medievali che riportano i frammenti dell'opera, insieme ad alcuni grammatici del II secolo, la attribuiscono a un certo Petronius Arbiter, che molti studiosi identificano con un personaggio di spicco della corte di Nerone. A sostegno di questa ipotesi concorrono alcuni indizi interni al testo: la menzione di gladiatori, attori e cantanti attivi all'epoca di Caligola e Nerone e alcuni rimandi al Bellum civile di Lucano. Di questo personaggio sembra parlare Tacito negli Annales, descrivendolo come un uomo estremamente raffinato (elegantiae arbiter, da cui il soprannome Arbiter), eccentrico, dedito agli affari, ma anche ai piaceri della vita. Probabilmente ricoprì delle cariche pubbliche, ma cadde in disgrazia a seguito di alcune manovre del prefetto Tigellino e nel 66 si tolse la vita per evitare la condanna per la sua presunta partecipazione alla congiura di Pisone.

Il Satyricon: Un'Odissea Grottesca

Il Satyricon (dal greco satyrikòs, «satiresco») è una sorta di Odissea burlesca, che racconta le avventure del gruppo di personaggi al seguito del giovane Encolpio, perseguitato dall'ira del dio Priapo (come Poseidone incalzava Ulisse), nel suo viaggio per mare e per terra. Il numero dei libri totali è sconosciuto (forse ventiquattro, come il poema omerico): possiamo leggere solo i libri XIV-XVI, che peraltro presentano numerose lacune. Anche il genere a cui l'opera appartiene rimane oscuro, dal momento che nel Satyricon convivono molteplici influenze letterarie:

  • Dal romanzo greco, riletto secondo alcuni in chiave parodica, riprende il motivo del viaggio e l'argomento erotico;
  • Dalla satira Menippea la parodia, l'estrosità dei contenuti e l'uso del prosimetro (mescolanza di prosa e versi).

Sono inoltre presenti, nelle parti di opera ancora leggibili, vere e proprie fabulae Milesiae, racconti erotici e pungenti incastonati nella trama principale come dei racconti nel racconto.

Il Mondo Grottesco di Petronio: Una Critica Senza Morale

Nessuno dei personaggi incarna un modello positivo di valori: truffatori, imbroglioni, parassiti, adulatori, liberti arricchiti, poeti a caccia di notorietà animano un mondo sordido, descritto senza alcuna condanna morale, ma usando un registro grottesco, che deforma ed estremizza i tratti peggiori delle situazioni e dei personaggi. Tutti i disvalori della società, che Petronio descrive, sono incarnati da uno dei personaggi più noti dell'opera, Trimalchione («Trevoltearricchito»), un liberto arricchitosi con l'eredità lasciatagli dal suo padrone, paradigma di cattivo gusto e ignoranza. La descrizione della cena da lui organizzata è un'evidente parodia delle opere letterarie, soprattutto greche, ambientate nei banchetti (Simposio di Platone). In Petronio, però, non c'è spazio per discussioni filosofiche: davanti agli occhi di Encolpio sfilano stoviglie preziose; torte enormi da cui prendono il volo stormi di tordi.

La Lingua del Satyricon: Tra Raffinatezza e Volgarità

Il linguaggio di Petronio è estremamente vario: i personaggi colti usano una lingua ricercata, persino artificiosa, quelli umili, come i liberti, il sermo vulgaris della plebe urbana. Ciò rende la lingua del Satyricon non solo estremamente realistica, ma anche la dimostrazione del divario ormai insanabile tra lingua letteraria e lingua d'uso, destinato ad accentuarsi sempre di più fino alla formazione del volgare (bucca per os e di vinus per vinum, progressiva scomparsa del neutro); l'abbondanza di diminutivi e di grecismi. Spesso il linguaggio dei personaggi è costellato da massime e proverbi, paradossi e parole che la lingua colta mette al bando.

La Matrona di Efeso: Un Racconto nel Racconto

Encolpio ed Eumolpo si imbarcano su una nave, che, tuttavia, si rivela comandata da Lica, un mortale nemico dello stesso Encolpio. Nel tentativo di stemperare la tensione, Eumolpo racconta ai compagni di viaggio una storia riconducibile alla tradizione delle fabulae Milesiae, (racconto erotico che si inserisce nella tradizione dei Milesiaká di Aristide di Mileto). Ancora una volta il Satyricon ospita un racconto nel racconto; una vicenda dai toni divertenti, e anche il linguaggio è più elevato, come si addice a un letterato come Eumolpo. Non mancano nemmeno citazioni virgiliane che, forse con qualche ironia, vengono attribuite a un'umile ancella. Quello che ne risulta è una narrazione lieve e raffinata, in cui gli spunti comici, che culminano nel finale, vengono inquadrati in una struttura narrativa e linguistica sapiente e misurata.

  • Matrona: oggetto di ammirazione per la sua Pudicitia (virtù), Singularis exempli femina.
  • Ancella: anello di congiunzione tra il soldato e la matrona.
  • Ringkomposition (composizione ad anello): dimensione pubblica per la storia della matrona prima e dopo, in contrasto con il cadavere del marito sulla croce (rovesciamento comico).

La Carriera di un Arricchito: L'Ascesa di Trimalchione

Trimalchione, come si era già intuito dagli affreschi presenti nel vestibolo della sua dimora, in cui si era fatto ritrarre quand'era un giovane schiavo, non ha alcun problema ad ammettere di essere un liberto e di aver costruito la propria fortuna tirandola su dal nulla. In questo brano racconta per filo e per segno tutti gli eventi che lo hanno portato a essere quel che è: si tratta della cronaca di una vera e propria scalata, se non sociale, almeno economica, che è stata innescata dal bell'aspetto del giovane Trimalchione, che per ben quattordici anni ha goduto dei favori del padrone e della padrona. Privo di pudori, Trimalchione riferisce ogni cosa: i rovesci economici, il riscatto ottenuto grazie alla propria intraprendenza e senza perdersi d'animo, il rapporto non proprio idilliaco con la moglie Fortunata e soprattutto la fiducia nelle profezie di un ciarlatano, un astrologo greco che gli ha predetto ancora trent'anni di vita e gli ha posto come obiettivo quello di espandere ancora i propri possedimenti. Ne emerge il quadro di un uomo caratterizzato da un misto di rozza vitalità e di ingenua ignoranza per il quale, in ogni caso, il denaro è la misura di tutte le cose.

Trimalchione Buongustaio: L'Arte dell'Effetto Sorpresa

Uno dei mezzi cui Trimalchione ricorre per impressionare i propri convitati è costituito dal cibo: nel corso della cena verranno proposte pietanze improbabili ed elaborate e, soprattutto, si cercherà sempre l'effetto sorpresa, anche con l'ausilio di scenette, evidentemente preparate in precedenza, che coinvolgono il padrone di casa, il cuoco e i servitori addetti alla tavola. Gli applausi con cui vengono accompagnati questi colpi di scena ne sottolineano la dimensione spettacolare e teatrale. Per quanto le trovate di Trimalchione siano esagerate e iperboliche, si può sospettare che questi siano tra i passi del Satyricon, paradossalmente, più realistici: la ricerca di effetti speciali a tavola era nota, ed è risaputo che sale da pranzo attrezzate con meccanismi e marchingegni per stupire gli ospiti erano state allestite, per esempio, da Nerone nella sua Domus Aurea. Si può pensare, nello specifico, alla cosiddetta coenatio rotunda, una sala da banchetto circolare, descritta da Svetonio, che, ruotando su se stessa, imitava il movimento del cielo.

L'Arrivo a Casa di Trimalchione: Tra Sfarzo e Cattivo Gusto

Il narratore Encolpio, l'amico Ascilto, il giovinetto Gitone e il retore Agamennone sono stati invitati a cena a casa di Trimalchione, un liberto tanto ricco quanto rozzo e ignorante. Trimalchione, secondo il quale il valore di una persona è dato dal suo patrimonio, nel corso del banchetto non risparmierà messinscene di pessimo gusto per impressionare i commensali ostentando i propri mezzi. Tuttavia, le trovate pacchiane non si limitano agli 'effetti speciali' organizzati per la cena: appena i protagonisti entrano nella sua dimora, si trovano di fronte a una sequenza di 'installazioni' e allestimenti grotteschi (iscrizioni, affreschi, improbabili trofei, servi appositamente addetti a mansioni sconcertanti) che, nelle intenzioni del padrone di casa, dovrebbero magnificarne lo status e sottolinearne l'importanza. Si tratta, in realtà, di maldestri e involontariamente spassosi tentativi di imitare le consuetudini delle grandi famiglie romane, che nelle stanze di rappresentanza delle proprie domus (in particolare l'ingresso e l'atrio) collocavano una sorta di galleria delle glorie della propria stirpe.

L'Evoluzione della Satira: Da Ennio a Giovenale

La satira è l'unico genere letterario di origine latina. Le sue caratteristiche si sono definite con il tempo e sono il risultato di una lunga e stratificata rielaborazione di forma e contenuti. In un primo momento, infatti, le satire (composte per esempio da Ennio, III-II secolo a.C.) costituivano un genere miscellaneo, caratterizzato dalla varietà di temi e metri.

Da Lucilio a Orazio

A partire da Lucilio (II secolo a.C.), la satira assume un metro (l'esametro), temi (la critica dei costumi e gli argomenti morali) e caratteristiche (il tono aggressivo e la lingua colloquiale) suoi propri. Una nuova evoluzione di questo genere si ha poi con Orazio (I secolo a.C.), che ne accentua il carattere letterario, cura la forma con un meticoloso labor limae e trasforma le satire in eleganti conversazioni ideali con il lettore; i toni aggressivi cedono il passo a una bonaria ironia.

La Satira sotto Nerone

A partire dal principato di Nerone la satira si rinnova ancora: abbandonati i toni affabili oraziani, il poeta si erge a moralizzatore e fustigatore dei costumi, che mette alla berlina i vizi altrui con una lingua spesso oscura e complessa.

Le Satire di Persio: Indignazione e Rigore Morale

Nato a Volterra nel 34 e trasferitosi a Roma per completare gli studi, Persio è allievo del filosofo Anneo Cornuto, che lo inizia al rigore morale dello stoicismo. Dopo la sua morte (a soli 28 anni), il maestro Cornuto e l'amico Cesio Basso esaminano i suoi scritti e li pubblicano in una raccolta, le Satire. In apertura (o, in alcuni manoscritti, in chiusura), un prologo di 14 coliambi rivendica orgogliosamente le origini dell'autore, che si definisce semipaganus («mezzo campagnolo») e prende le distanze dalle mode letterarie del tempo; le successive sei satire, in esametri, nascono dall'indignazione per il decadimento morale dell'epoca e, con toni violenti, smascherano i vizi umani. Persio non offre modelli di comportamento alternativi, insiste solamente sulle accuse: il lettore è così schiacciato sotto il peso delle sue manchevolezze. Solo nell'ultima satira (Satire, 6) il tono si fa più pacato e lascia spazio alla riflessione spirituale. Per dare voce alla sua denuncia, Persio usa una lingua oscura (che mescola volgarismi, barbarismi, neologismi e tecnicismi del lessico medico) e accostamenti arditi di parole e immagini (iunctura acris).

Le Satire di Giovenale: Tra Nostalgia e Rassegnazione

Nato ad Aquino tra il 50 e il 60, Giovenale si dedica alla stesura delle Satire dopo la morte di Domiziano (96). La raccolta, composta da 16 satire e divisa in cinque libri, ha idealmente una struttura bipartita:

  • I libri I-III (satire 1-9), frutto dell'indignatio del poeta, denunciano il decadimento morale della Roma contemporanea con nostalgico rimpianto del mos maiorum perduto;
  • I libri IV-V (satire 10-16) sono animati dalla rassegnazione e presentano al lettore modelli positivi a cui ispirarsi.

I monstra della società sono descritti con un linguaggio esasperato, che unisce i toni dell'oratoria al patetismo della tragedia e dell'epica, e uno stile concitato, in cui si susseguono senza soluzione di continuità anafore, iperboli e interrogative retoriche.

La Gladiatrice: L'Esempio di Eppia nella Satira VI di Giovenale

L'episodio di Eppia, la moglie di un senatore fuggita in Egitto insieme a uno scalcagnato gladiatore, è probabilmente il brano più celebre della satira 6, di cui costituisce una vera e propria mise en abyme, ovvero l'esemplificazione in sintesi dei concetti principali. Eppia riassume in sé tutto quel che la misoginia di Giovenale rimprovera alle matrone dei suoi tempi: la distanza abissale dai modelli del bel tempo andato, la lussuria sfacciata, la passione per gli elementi più dequalificati della società come pantomimi e gladiatori, l'infedeltà vissuta senza alcun pudore, in una parola l'anteporre i propri capricci ai figli, alla patria e al marito.

  • Eppia: moglie di un senatore (manca di Pudicitia).
  • Amante: non bello né giovane, ma prossimo al congedo e di brutto aspetto (uso ironico del diminutivo “Sergetto”).

La Mattinata di un Bamboccione: Un Invito alla Filosofia Stoica

Un'esortazione a vivere correttamente la giovinezza. Il mattino ha l'oro in bocca, per Persio. E dunque il poeta immagina di rivolgersi come «uno degli amici» a un giovane che varie ore dopo l'alba è ancora a letto, dopo una serata di bagordi. L'invito ad alzarsi si lega strettamente a un'altra esortazione, quella a studiare seriamente la filosofia stoica, senza cercare scuse ridicole. In questo senso la satira si rivela un protreptikon (discorso esortatorio), in cui l'invito a non perdere tempo e a non sprecare la mattina a poltrire viene declinato su un duplice piano. All'alba reale, infatti, ne corrisponde una metaforica, quella della giovinezza, che è il momento giusto, osserva Persio, per plasmarsi e incamminarsi lungo la strada della virtù. Altrimenti si corre il rischio di rimanere eternamente bambini e di vagare per sempre senza una meta e senza una vera consapevolezza di sé.

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