Il Potere Giudiziario in Spagna: Principi Costituzionali e Statuto dei Magistrati

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I. L'impostazione costituzionale del potere giudiziario

Lo Stato costituzionale si basa sulla separazione dei poteri o, più precisamente, sulla divisione materiale delle funzioni e la separazione formale dei poteri. Ciò significa che l'attività statale è riconosciuta in funzioni-ordinarie, compiti di natura materiale molto diversi che sono sostanzialmente riconducibili a tre: la funzione di approvare leggi (legislazione), quella di eseguire i mandati di queste leggi (esecutivo) e quella di risolvere i conflitti che possono sorgere nell'applicazione e interpretazione delle leggi (giudiziaria). Il costituzionalismo attribuisce ciascuna di queste tre funzioni a diversi organi, o insieme di organi dello Stato.

Lo Stato di diritto richiede l'esistenza di organi che, istituzionalmente caratterizzati per la loro indipendenza, abbiano una posizione che permetta loro di applicare norme costituzionali che esprimono la volontà popolare, sottoponendo tutte le autorità pubbliche al rispetto della legge, controllando la legalità dell'azione amministrativa e garantendo a tutti un'effettiva tutela nell'esercizio dei diritti soggettivi e degli interessi legittimi. Questi organi sono i giudici che compongono la magistratura.

La Costituzione spagnola (CE) dedica il Titolo VI al Potere Giudiziario (artt. 117-127), la cui regolamentazione giuridica è effettuata dalla Legge Organica 6/1985 del 1° luglio, del Potere Giudiziario (di seguito LOPJ).

I.1. Concetto del Potere Giudiziario

Il Potere Giudiziario è l'insieme di organi cui è attribuito lo svolgimento della funzione statale che consiste nella risoluzione, attraverso l'applicazione della legge, delle controversie tra cittadini o tra questi e le pubbliche amministrazioni. La magistratura è composta, quindi, dal complesso di organi cui, secondo la Costituzione e le leggi, è attribuita la funzione giurisdizionale.

La funzione giurisdizionale consiste nel giudicare e far eseguire le sentenze, in tutti i tipi di processi (art. 117,3 CE). È quindi un'attività il cui esercizio è limitato all'ambito del processo, incluso il potere di far eseguire le sentenze, cioè, far rispettare le decisioni giudiziarie. Questo non significa che giudici e magistrati siano tenuti a svolgere personalmente l'esecuzione, ma implica che debbano avere i poteri necessari per ottenere l'effettiva esecuzione.

Una caratteristica del Potere Giudiziario è che è un potere diffuso, a differenza del legislativo ed esecutivo, attribuibile a tutti e a ciascuno dei tribunali del paese nell'esercizio delle funzioni giurisdizionali, una funzione estranea all'esercizio di poteri gerarchici. Ciò significa che l'esercizio della sua funzione è particolarmente complesso a causa della diversità degli organi.

La seconda caratteristica degli organi del Potere Giudiziario è che la sua identificazione come tale deriva dall'esercizio della funzione costituzionalmente loro assegnata, cioè la giurisdizione. Come stabilisce l'art. 117,1 CE, all'inizio del Titolo VI dedicato al Potere Giudiziario, la giustizia è amministrata da giudici e magistrati, membri del Potere Giudiziario; quindi, è l'atto di amministrare la giustizia che inserisce il giudice o il magistrato nel Potere Giudiziario.

Quindi, i titolari di organi come il Registro Civile, che non esercitano funzioni giurisdizionali, che non amministrano la giustizia, non sono, in senso stretto, membri del Potere Giudiziario. E quindi anche giudici e magistrati sono membri del Potere Giudiziario solo quando amministrano la giustizia, non quando svolgono qualsiasi altra funzione loro assegnata dalla legge. Anche i membri dell'organo di governo del Potere Giudiziario, il Consiglio Generale del Potere Giudiziario (CGPJ), ne fanno parte, in quanto sono loro attribuite dalla Costituzione funzioni di governo, ma non è loro assegnata alcuna funzione giurisdizionale.

Attualmente si sta studiando una riforma del sistema giudiziario, necessaria per renderlo un servizio pubblico efficace, a beneficio del cittadino, in quanto è caratterizzato dalla sua attuale estrema lentezza. È quindi necessario ottimizzare i processi, informatizzare gli uffici giudiziari, aumentare il personale giudiziario, ecc. Misure che richiedono di ampliare la dotazione di bilancio destinata all'amministrazione della giustizia.

I.2. Potere Giudiziario e Amministrazione della Giustizia

Questa caratterizzazione del potere dello Stato come derivato dalla funzione giurisdizionale svolta è precisamente ciò che distingue il Potere Giudiziario dall'Amministrazione della Giustizia: il primo è un potere dello Stato, separato dagli altri e indipendente da essi; l'Amministrazione della Giustizia, tuttavia, è funzionalmente subordinata al Potere Giudiziario, nella misura in cui comprende un insieme di mezzi personali e materiali che sono organizzati per soddisfare al meglio le finalità del Potere Giudiziario.

I mezzi personali sono costituiti da un'ampia varietà di categorie di funzionari al servizio dell'amministrazione della giustizia. Tra questi, i cancellieri, gli ufficiali giudiziari, gli ausiliari, gli agenti, i medici legali e, infine, il personale non di ruolo (artt. 454-550 LOPJ).

I mezzi materiali, a loro volta, sono quelli necessari per l'adeguato esercizio del potere giudiziario e sono forniti dal Governo o dalle Comunità Autonome, nei casi in cui sia previsto dallo Statuto di Autonomia (art. 37 LOPJ).

Considerati nel loro insieme, tutti questi mezzi formano ciò che è stato definito l'Amministrazione della Giustizia. In conclusione, esiste una netta distinzione tra il Potere Giudiziario indipendente, composto unicamente da giudici e magistrati che esercitano funzioni giurisdizionali, e l'insieme dei mezzi di ogni genere che sono posti al suo servizio e configurano l'Amministrazione della Giustizia.

La distinzione tra Potere Giudiziario e Amministrazione della Giustizia risponde, d'altra parte, alla duplice natura del compito di amministrare la giustizia. Infatti, il Potere Giudiziario è, da un lato, e senza dubbio, un potere dello Stato, ma la funzione di amministrare la giustizia è anche un'attività prestazionale dello Stato, un servizio pubblico (essenziale), derivante dal monopolio statale del potere giurisdizionale inteso come potere di dichiarare e far eseguire il diritto. Mentre il Potere Giudiziario è completamente indipendente dagli altri due poteri, l'Amministrazione della Giustizia, in quanto servizio da fornire, rientra nell'ambito delle competenze del potere esecutivo relative alla gestione dei servizi pubblici in generale.

Questo aspetto del servizio pubblico trova anche riferimento costituzionale per giustificare l'art. 119 CE, sulla gratuità della giustizia per coloro che non dispongono di mezzi sufficienti per agire in giudizio; ciò si riflette in varie disposizioni processuali in questo senso e nell'esistenza di un servizio di patrocinio a spese dello Stato, noto come gratuito patrocinio, per coloro che ne hanno necessità. Inoltre, è questa duplice natura di potere dello Stato e servizio pubblico che sta alla base del riferimento costituzionale ai danni causati da errori giudiziari e a quelli derivanti da disfunzioni nell'amministrazione della giustizia, che daranno diritto a un risarcimento a carico dello Stato (art. 121 CE). Tale disposizione trova attualmente attuazione in ipotesi generiche (artt. 292 e 293 LOPJ) e in altre specifiche per il caso di errore giudiziario che abbia comportato una custodia cautelare, qualora la detenzione sia stata successivamente dichiarata ingiusta per insussistenza del fatto o sia stato pronunciato proscioglimento per la stessa causa (art. 294 LOPJ).

II. Principi costituzionali che disciplinano il potere giudiziario

Le caratteristiche fondamentali dell'esercizio della funzione giurisdizionale sono l'unità, la pienezza, l'esclusività e la responsabilità.

II.1. Unità della giurisdizione

È espressamente sancita dalla Costituzione in due modi diversi:

  • Sulla funzione giurisdizionale propriamente detta, l'art. 117,5 CE stabilisce che il principio dell'unità giurisdizionale è la base dell'organizzazione e del funzionamento dei tribunali.
  • Per coloro che esercitano tale funzione, l'art. 122,1 CE, secondo cui giudici e magistrati costituiscono un corpo unico.

Il riconoscimento costituzionale del principio di unità della giurisdizione ha due conseguenze immediate: in primo luogo, la divisione territoriale del potere prevista dalla Costituzione non riguarda il Potere Giudiziario: le Comunità Autonome (CCAA) possono assumere competenze legislative ed esecutive, ma il Potere Giudiziario è unico in tutta la Spagna. La seconda conseguenza dell'unità della giurisdizione è l'esclusione di qualsiasi giurisdizione non preventivamente integrata nella struttura organizzativa del Potere Giudiziario (art. 3.1 LOPJ). È vietata, pertanto, l'istituzione di tribunali speciali, così come quelli d'onore e di eccezione, espressamente menzionati dalla Costituzione – artt. 26 e 117,6 –; ciò comporta anche il divieto per l'Amministrazione di imporre sanzioni che, direttamente o indirettamente, implichino la privazione della libertà (art. 25,3 CE).

Fatta salva la possibilità che altri organi esterni al Potere Giudiziario, come la Corte Costituzionale o la Corte dei Conti, possano esercitare funzioni giurisdizionali, l'unità giurisdizionale non conosce eccezioni se non quella relativa alla giurisdizione puramente militare, la cui regolamentazione, ai sensi dell'art. 117,5 CE, deve avvenire per legge e deve essere limitata all'ambito strettamente militare e ai casi di stato d'assedio. Nel frattempo, la Legge Organica 4/1987 sulla Competenza e Organizzazione della Giurisdizione Militare ha stabilito che tale giurisdizione è parte integrante del Potere Giudiziario dello Stato, a cui si aggiunge l'esistenza di una Sezione Militare presso la Corte Suprema, che ne costituisce il vertice.

II.2. La pienezza della giurisdizione

L'art. 24,1 CE garantisce la tutela giurisdizionale effettiva; l'art. 103,1 prevede la sottomissione dell'azione amministrativa alla legge e al diritto, e l'art. 106 CE sancisce il principio del controllo giurisdizionale sulla potestà regolamentare, sull'azione amministrativa e sulla sua sottomissione ai fini costituzionali. Ciò si riflette nell'art. 4 LOPJ, a tenore del quale la giurisdizione si estende a tutte le persone, a tutte le materie e a tutto il territorio spagnolo. La giurisdizione si proietta pienamente, quindi, in forma materiale, personale e territoriale, senza eccezioni né in ragione della persona – salvo l'inviolabilità del Re (art. 56,3 CE) – né in ragione della materia, né in ragione del territorio.

Inoltre, l'art. 1.7 del Codice Civile stabilisce che i giudici e i tribunali hanno il dovere ineludibile di risolvere tutte le questioni loro sottoposte. Si tratta quindi di un sistema chiuso che assicura che qualsiasi pretesa trovi sempre, seguendo la procedura legale prevista, un tribunale che valuti la domanda e la risolva.

Va notato, tuttavia, che la pienezza della giurisdizione si estende all'applicazione delle leggi, includendo il controllo della legalità dell'azione amministrativa e la sua subordinazione ai fini che la giustificano (art. 106 CE). Non include, però, il controllo di merito, cioè sono esclusi dall'ambito del sindacato giurisdizionale quegli atti che, pur essendo stati emanati dagli organi competenti secondo la procedura prevista dalla legge e formalmente conformi all'ordinamento, sono tuttavia suscettibili di diverse valutazioni circa la loro convenienza o opportunità. Per quanto riguarda l'azione amministrativa, la manifestazione di queste ipotesi è quella degli atti politici o di governo: in altre parole, il controllo giurisdizionale non si estende al merito degli atti compiuti nell'esercizio della funzione di indirizzo politico interno ed estero e dell'amministrazione civile e militare che la Costituzione riconosce al Governo.

II.3. L'esclusività della giurisdizione

L'esclusività si manifesta in due modi. Da un lato, la funzione giurisdizionale è riservata esclusivamente ai giudici e ai magistrati; nessun altro, nemmeno il Consiglio Superiore della Magistratura o il Pubblico Ministero, può esercitarla (art. 117,3 CE). Sono vietate, pertanto, le giurisdizioni speciali. Inoltre, i giudici e i magistrati non possono svolgere funzioni diverse da quella giurisdizionale e da quelle espressamente attribuite loro dalla legge a garanzia dei diritti. Ciò evita un'eccessiva dispersione di compiti che renderebbe difficile l'esercizio della funzione giurisdizionale, ma consente al legislatore, qualora lo ritenga opportuno per garantire l'esercizio di un diritto, di attribuire altre funzioni ai giudici. Quest'ultimo caso si verifica, ad esempio, nei procedimenti elettorali o nelle funzioni del registro civile. Per lo stesso motivo, i giudici sono soggetti a un rigido regime di incompatibilità.

II.4. La responsabilità

L'art. 117,1 CE menziona la responsabilità, subito dopo l'indipendenza e l'inamovibilità, come uno degli attributi dei giudici. Questa responsabilità, costituzionalmente riconosciuta in termini generici, è tuttavia ben differenziata.

  • Responsabilità politica: Non esiste responsabilità politica dei giudici e magistrati, poiché sarebbe incompatibile con la garanzia dell'inamovibilità. L'unica forma di controllo cui sono sottoposti è quella derivante dai ricorsi legalmente previsti contro le loro decisioni, e ciò non comporta conseguenze ulteriori rispetto all'eventuale annullamento della decisione impugnata.
  • Responsabilità disciplinare: Sì, è prevista una responsabilità disciplinare in caso di violazione dei loro doveri come giudici, ma essa non riguarda il merito delle decisioni, poiché ciò sarebbe incompatibile con l'indipendenza del potere giudiziario (artt. 414-433 LOPJ).
  • Responsabilità civile: La responsabilità civile è ridotta a casi del tutto eccezionali, che non incidono sulla decisione del giudice (artt. 411-413 LOPJ). Genera sempre la responsabilità dello Stato, ferma restando l'azione di regresso dello Stato nei confronti del giudice se il danno è stato causato da dolo o colpa grave, e non altera né la decisione né la posizione del giudice.
  • Responsabilità penale: Ne consegue che l'unica vera responsabilità dei giudici e magistrati nell'esercizio delle loro funzioni si traduce nella responsabilità penale, e più specificamente, nel caso di prevaricazione, consistente nell'emanare consapevolmente una decisione ingiusta. È l'unica responsabilità relativa al contenuto della funzione giurisdizionale che può essere attribuita al giudice (artt. 351-357 Codice Penale spagnolo).

III. La posizione costituzionale del giudice

III.1. L'imparzialità

Se la funzione giurisdizionale è attribuita a un terzo potere, non è solo per evitare la concentrazione del potere, ma soprattutto per garantire che l'applicazione e l'interpretazione delle norme avvengano ad opera di un soggetto diverso ed esterno sia a chi produce le norme fondamentali dell'ordinamento sia a chi ne promuove ed esegue il contenuto, affinché possa essere risolta in modo imparziale.

La posizione costituzionale del giudice è incentrata su un principio fondamentale: il principio di imparzialità. Come sancito dall'art. 6.1 della Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle Libertà Fondamentali, il diritto fondamentale delle parti in un processo è il diritto a un tribunale imparziale. Pertanto, l'imparzialità è una caratteristica essenziale della funzione giurisdizionale, il che, data la natura diffusa di questo potere, significa che l'imparzialità deve essere la caratteristica fondamentale di ogni singolo giudice e magistrato.

Al raggiungimento di questa imparzialità sono dirette le garanzie offerte a giudici e magistrati, che sono strumentali, non fini a se stesse: il loro scopo è garantire l'imparzialità di chi giudica.

III.2. Indipendenza e legittimazione

Tradizionalmente, questo insieme di garanzie si riassume nel concetto di indipendenza. Questo attributo è già enunciato all'inizio del Titolo della Costituzione dedicato al Potere Giudiziario: infatti, l'indipendenza è la prima caratteristica che l'art. 117,1 CE predica riguardo a giudici e magistrati.

Ciò significa che i membri del Potere Giudiziario adottano le loro decisioni conformemente alla legge e non possono ricevere istruzioni, ordini, suggerimenti o indicazioni di alcun tipo sui fatti oggetto del processo, sulla norma giuridica da applicare, sul significato da attribuire a tale norma o sulla decisione da adottare in definitiva. Un giudice è soggetto soltanto alla legge (art. 117,1 CE, in fine), intendendo la legge come l'insieme dell'ordinamento giuridico.

Ciò è sottolineato dalla LOPJ, quando afferma che giudici e magistrati sono soggetti soltanto alla Costituzione e all'ordinamento giuridico (art. 1.1 LOPJ) e, quindi, ai principi e ai valori che la Costituzione enuncia o recepisce. In questo senso, l'art. 5 LOPJ, già esaminato, stabilisce che: «La Costituzione è la norma suprema dell'ordinamento giuridico e vincola tutti i Giudici e Tribunali, i quali interpreteranno ed applicheranno le leggi e i regolamenti secondo i precetti e i principi costituzionali, conformemente all'interpretazione degli stessi risultante dalle risoluzioni dettate dalla Corte Costituzionale in ogni tipo di processo». L'unico modo possibile per correggere l'applicazione del diritto da parte di un organo giudiziario è attraverso i ricorsi previsti dalla legge.

La sottomissione alla legge, escludendo qualsiasi possibile interferenza, implica anche l'obbligo per il giudice di attenersi, nel ragionamento giuridico che lo porta a risolvere un conflitto, al sistema delle fonti in cui occupano un posto preminente le norme scritte, e in particolare la legge. Preserva il giudice da influenze esterne, ma ricorda anche che egli è un applicatore della legge, e non un libero creatore di diritto.

La sottomissione alla legge è anche la fonte di legittimazione del giudice nell'esercizio della funzione giurisdizionale. Poiché non avviene la nomina dei giudici per elezione popolare, e data la loro integrazione in un corpo unico, l'unica legittimazione democratica del giudice risiede proprio nella sottomissione all'applicazione della legge che esprime la volontà generale; solo l'applicazione della norma democraticamente legittimata legittima a sua volta chi, senza essere eletto direttamente o indirettamente, amministra la giustizia in nome del popolo. Non si tratta quindi di una legittimazione di origine, ma di esercizio.

L'indipendenza della giustizia è assoluta, si estende a tutti, e l'art. 13 LOPJ stabilisce che tutti sono tenuti a rispettare l'indipendenza dei giudici e magistrati. Riguarda anche gli organi di governo del Potere Giudiziario e gli stessi tribunali superiori, nessuno dei quali può impartire istruzioni, né generali né particolari, dirette ai giudici inferiori sul merito delle cause o sull'applicazione o interpretazione dell'ordinamento giuridico.

IV. Lo statuto dei giudici e magistrati

Per garantire l'indipendenza dei giudici, la Costituzione definisce la loro posizione giuridica, con un nucleo di garanzie e alcune limitazioni di diritti che, nel loro insieme, costituiscono un vero e proprio statuto del giudice. Questo nucleo di garanzie è in gran parte contenuto nella Costituzione ed è sviluppato e ampliato nella Legge Organica del Potere Giudiziario (LOPJ).

L'art. 122,1 CE stabilisce che lo statuto giuridico dei giudici e magistrati sarà sviluppato da tale legge (la LOPJ), il che non è solo una riserva di legge organica, ma una riserva specifica per una particolare legge organica per tutte le questioni relative allo statuto dei giudici e magistrati. Questa riserva, che sottrae al potere esecutivo e persino al legislatore ordinario la possibilità di regolare lo statuto dei giudici, costituisce la prima garanzia di indipendenza.

a) Inamovibilità

È una garanzia tradizionale per assicurare l'indipendenza. Consiste nel fatto che giudici e magistrati non possono essere rimossi, sospesi, trasferiti né collocati a riposo, se non per le cause e con le garanzie previste dalla legge (art. 117,2 CE)1. Lo scopo di questa disposizione è impedire che l'azione di un giudice o magistrato possa avere conseguenze negative sulla sua posizione di titolare, o che chi avesse l'autorità per farlo potesse rimuovere da un determinato processo un giudice il cui comportamento non fosse gradito, imponendo al suo posto qualcuno più ricettivo ai propri desideri.

Sottrae al potere esecutivo qualsiasi potere sanzionatorio o relativo alle situazioni amministrative e alla carriera dei giudici. La Costituzione stabilisce che l'applicazione delle norme relative alla mobilità dei membri del Potere Giudiziario corrisponde a un organo esterno ai poteri legislativo ed esecutivo, il Consiglio Superiore della Magistratura (CGPJ), che ha competenza in materia di nomine, promozioni, ispezioni e regime disciplinare all'interno del Potere Giudiziario (art. 122,2 CE). L'attribuzione a questo organo, o ad organi propri del Potere Giudiziario, come le Camere di Governo, i Presidenti dei Tribunali o i magistrati superiori, delle competenze amministrative riguardanti giudici e magistrati, costituisce un'ulteriore garanzia di indipendenza del Potere Giudiziario.

In ogni caso, spetta al Consiglio Superiore della Magistratura la sospensione o la rimozione di un giudice o magistrato.

Anche la regolamentazione dettagliata della carriera giudiziaria è presieduta dallo scopo di assicurare l'indipendenza. In alcuni casi, la nomina è discrezionale, ma la competenza spetta al CGPJ. Si impedisce così che il potere esecutivo possa influenzare la carriera e, di conseguenza, la necessaria imparzialità dei giudici.

1 Le cause di perdita della condizione di magistrato sono la rinuncia, la perdita della cittadinanza, la sanzione disciplinare di separazione, la condanna penale a pena che comporti l'interdizione, l'incapacità e il pensionamento.

b) Limitazioni e divieti

Lo statuto dei giudici comprende, quindi, garanzie positive: l'indipendenza, l'inamovibilità e la sottrazione al potere esecutivo di qualsiasi potere sanzionatorio o relativo alla loro posizione amministrativa e alla carriera. Ma lo statuto del giudice comprende anche, necessariamente, aspetti negativi o limitazioni di facoltà che l'ordinamento riconosce alla generalità dei cittadini. Così, ai giudici e magistrati è costituzionalmente vietato appartenere a partiti politici e sindacati (art. 127,1 CE), precetto completato dalla previsione di un sistema associativo specifico sviluppato dal legislatore (art. 401 LOPJ). Sebbene non sia possibile evitare che un giudice abbia una propria ideologia politica, si può evitare l'espressione pubblica di tale ideologia che deriva dall'affiliazione a un partito politico o a un sindacato.

Oltre al diritto di associazione politica e sindacale, con lo stesso obiettivo di preservare l'immagine di imparzialità del giudice, si limita anche l'esercizio di diritti fondamentali come la libertà di espressione, di riunione o di sciopero. Pertanto, è loro vietato rivolgere critiche, congratulazioni o censure ai poteri pubblici; non possono partecipare, in quanto membri del Potere Giudiziario, a riunioni pubbliche di carattere non giudiziario; e non possono prendere parte alle elezioni se non esprimendo il proprio voto.

La LOPJ stabilisce inoltre che i giudici o magistrati che abbiano ricoperto cariche politiche devono attendere tre anni prima di rientrare nel servizio attivo.

La preservazione dell'imparzialità del giudice ha portato anche il costituzionalismo a prevedere per i membri del Potere Giudiziario un rigido regime di incompatibilità, che vieta a giudici e magistrati qualsiasi attività esterna alla funzione giurisdizionale stessa: non possono ricoprire, mentre sono in servizio attivo, altri incarichi pubblici né svolgere attività professionali o commerciali retribuite, né attività di consulenza. Solo l'insegnamento e la ricerca giuridica, nonché la produzione e creazione letteraria, artistica, scientifica e tecnica sono loro consentite (art. 127,2 CE).

La competenza per determinare l'esistenza di incompatibilità o la violazione dei divieti spetta anch'essa al Consiglio Superiore della Magistratura.

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