I Promessi Sposi: Analisi dei Primi Due Capitoli
Classified in Lingua e Filologia
Written at on italiano with a size of 11,37 KB.
Capitolo Uno
La sera del 7 novembre 1628, torna a casa dalla passeggiata don Abbondio, curato di un paesino, così come non è specificato il casato del personaggio.
Il curato cammina lentamente e con fare svogliato, recitando le preghiere e tenendo in mano il breviario, mentre alza di quando in quando lo sguardo e osserva il paesaggio, oppure prende a calci i ciottoli sulla strada.
Percorre la strada sino a un bivio alla cui confluenza è posto un tabernacolo, che contiene immagini dipinte di anime del purgatorio: qui, con sua grande sorpresa, vede due uomini che sembrano aspettare qualcuno, il primo seduto a cavalcioni sul muretto e l'altro in piedi, appoggiato al muro opposto della strada.
Entrambi indossano una reticella verde che raccoglie i capelli e hanno un enorme ciuffo che cade loro sul volto, portano lunghi baffi arricciati all'insù e due pistole attaccate a una cintura di cuoio, hanno un corno per la polvere da sparo appeso al collo e un pugnale che emerge dalla tasca dei pantaloni, con una grossa spada dall'elsa d'ottone e lavorata.
Don Abbondio li riconosce immediatamente come individui appartenenti alla specie dei bravi e capisce subito che stanno aspettando lui, dal momento che al vederlo essi si scambiano un cenno d'intesa e gli si fanno incontro.
Il curato si guarda intorno, nella speranza di scorgere qualcuno, ma la strada è deserta; pensa se abbia mancato di rispetto a qualche potente, escludendo di avere conti in sospeso di questo genere; non potendo fuggire, decide di affrettare il passo e affrontare i due figuri, atteggiando il volto a un sorriso rassicurante.
Capitolo Uno (2)
Uno dei bravi lo apostrofa subito chiedendogli se lui ha intenzione di celebrare l'indomani il matrimonio tra Renzo Tramaglino e Lucia Mondella, al che il curato si giustifica balbettando che i due promessi hanno combinato tutto da sé e si sono rivolti a lui come un funzionario comunale.
Il bravo ribatte che il matrimonio non dovrà esser celebrato né l'indomani né mai e don Abbondio tenta di accampare delle scuse poco convincenti, finché l'altro figuro interviene con parole ingiuriose e minacciose.
Il compagno riprende la parola e si dice convinto che il curato eseguirà l'ordine, facendo poi il nome di don Rodrigo, che riempie don Abbondio di terrore: il curato fa un inchino e chiede suggerimenti, ma il bravo ribadisce l'ordine impartito e intima al religioso di mantenere il segreto, lasciando intendere che in caso contrario ci saranno rappresaglie.
Don Abbondio pronuncia alcune parole di deferenza e rispetto verso don Rodrigo, quindi i due bravi se ne vanno cantando una canzone volgare, mentre il curato vorrebbe proseguire il colloquio entrando in improbabili trattative.
Rimasto solo, dopo qualche attimo di sconcerto don Abbondio prende la strada che conduce alla sua abitazione.
Il curato chiama la sua domestica, Perpetua, la quale capisce subito che è sconvolto: gli chiede spiegazioni, ma il curato rifiuta di parlare e chiede del vino.
Alla fine il curato si decide a rivelare tutto; Perpetua suggerisce di informare di tutto con una lettera il cardinale Borromeo, che è noto per la sua onestà e la propensione a difendere i religiosi contro i soprusi dei potenti.
Don Abbondio rifiuta l'idea adducendo il timore di ricevere una schioppettata nella schiena, benché Perpetua gli ricordi che i bravi spesso minacciano a vuoto e rimproverando il curato di non mostrarsi abbastanza deciso, attirando su di sé le soperchierie di ribaldi e malfattori. Don Abbondio non vuol sentire ragioni, quindi decide di andare a dormire senza neppure cenare: prende il lume e sale le scale, poi, prima di entrare nella sua stanza, si volta verso Perpetua e le rinnova la preghiera di non farsi sfuggire parola dell'accaduto.
Don Abbondio (Ritratto)
Il curato non è un uomo molto coraggioso e questa è una misera condizione in tempi come quelli in cui gli tocca vivere, in cui la legge e la giustizia non offrono alcuna protezione contro i soprusi.
Don Abbondio non è ricco, né nobile, né coraggioso, quindi ha accettato volentieri in gioventù di diventare prete come volevano i suoi genitori, non per sincera vocazione ma per entrare in una classe agiata e dotata di alcuni privilegi.
Non prende mai parte alle contese e, se costretto a prendere posizione, si schiera sempre col più forte; deve ingoiare molti bocconi amari e a volte sfoga il suo malanimo contro gli individui più deboli da cui non ha nulla da temere, criticando sempre aspramente quei religiosi che si battono contro le ingiustizie e le vessazioni.
L'incontro coi bravi lo ha sconvolto e ora, mentre torna a casa, pensa come uscire d'impiccio: dovrà dare spiegazioni a Renzo, che sa essere una testa calda, e tra sé inveisce contro lui e Lucia che, a suo dire, hanno il torto di volersi sposare e di metterlo nei pasticci.
È irritato anche contro don Rodrigo, che conosce solo di vista e che ha spesso difeso e definito un nobile cavaliere, ma contro il quale ora in cuor suo emette giudizi assai meno lusinghieri.
Capitolo Due
Don Abbondio trascorre una notte piena di pensieri e tormenti, nell'incertezza di cosa fare il giorno dopo in cui è fissato il matrimonio di Renzo e Lucia.
Il curato esamina alcune possibilità e, scartata subito quella di celebrare le nozze, esclude anche di dire la verità a Renzo, come un'improbabile fuga dal paese.
Alla fine decide di guadagnare tempo e di rimandare le nozze con qualche pretesto, confidando nel fatto che il 12 novembre inizierà il "tempo proibito" in cui non si possono celebrare matrimoni per due mesi: è troppo timoroso di rimetterci la pelle, pensando alle minacce dei bravi.
Renzo (Ritratto)
Al mattino Renzo si reca a casa di don Abbondio, per prendere accordi: egli è un giovane di vent'anni, rimasto orfano dall'adolescenza, che ora esercita la professione di filatore di seta: nonostante la stagnazione del mercato, Renzo trova tuttavia di che vivere grazie alla sua abilità e anche alla scarsità di operai, emigrati in gran numero negli Stati vicini in cerca di lavoro.
Il giovane possiede anche un piccolo podere che lavora quando non è impegnato come filatore, per cui la sua condizione economica si può dire discretamente agiata (specie perché egli amministra le sue sostanze con giudizio, da quando si è fidanzato con Lucia).
Si presenta dal curato vestito di tutto punto, con un cappello ornato di piume variopinte e il manico del pugnale che spunta dal taschino dei pantaloni, che gli conferisce un'aria un po' spavalda che a quei tempi era comune anche agli uomini più pacifici.
Il curato accoglie Renzo con fare un po' reticente, il che insospettisce subito Renzo.
Capitolo Due (2)
Renzo chiede a don Abbondio quando lui e Lucia dovranno trovarsi in chiesa, ma il curato finge di cadere dalle nuvole e di non sapere di cosa parla: il giovane gli ricorda delle nozze e don Abbondio ribatte che non può celebrare, accampando prima motivi di salute e poi impedimenti burocratici che sarebbero di ostacolo al matrimonio.
Il curato spiega che avrebbe dovuto eseguire più accurate ricerche per stabilire che nulla vieta ai due promessi di sposarsi, mentre per il suo buon cuore ha affrettato le pratiche.
Il curato ribadisce che si tratta di rimandare le nozze di qualche tempo, proponendo a Renzo una dilazione di quindici giorni.
La reazione del giovane è alquanto stizzita, al che don Abbondio gli chiede di pazientare almeno una settimana: invita Renzo a dire alla gente in paese che è stato un suo sbaglio e a gettare la colpa di tutto su di lui, cosa che appaga il giovane solo in parte (Renzo non è molto convinto delle ragioni esposte dal curato).
Renzo pensa che le ragioni accampate da don Abbondio suonano strane e incomprensibili.
Sta quasi per tornare indietro a pretendere spiegazioni, quando vede Perpetua e la chiama: il giovane inizia a parlare con la donna, cui chiede conto del comportamento del suo padrone, e Perpetua accenna subito ai segreti del curato.
Renzo capisce che c'è qualcosa sotto, perciò incalza la donna con altre domande, finché la domestica si lascia sfuggire che la colpa di tutto non è di don Abbondio ma di un prepotente, per cui Renzo capisce che non si tratta certamente dei superiori del curato.
Quindi Renzo entra nuovamente nella casa del curato, andando con fare alterato nel salotto dove don Abbondio è seduto.
Capitolo Due (3)
Renzo chiede subito a don Abbondio chi è il prepotente che si oppone alle sue nozze: il curato impallidisce e con un balzo tenta di guadagnare la porta, ma il giovane lo precede e mettendo la mano sul del pugnale, riempie di paura il sacerdote che fa finalmente il nome di don Rodrigo.
La reazione di Renzo è furibonda, ma a questo punto don Abbondio descrive il terribile incontro coi bravi e sfoga la collera che ha in corpo, accusando anche il giovane di avergli esercitato una forma di violenza nella sua casa.
Renzo si scusa e riapre la porta, mentre il curato lo implora di mantenere il segreto per il bene di tutti: ma Renzo esce e se ne va senza promettere nulla, per cui don Abbondio chiama a gran voce Perpetua: svolgono un breve scambio di battute col padrone che l'accusa di aver parlato e lei che nega di averlo fatto.
Renzo torna infuriato a casa di Agnese e Lucia, sconvolto per l'accaduto e meditando vendetta contro il suo nemico don Rodrigo: egli è un giovane pacifico che non commetterebbe mai violenze, ma in questo momento fantastica di uccidere il signorotto e immagina di correre al suo palazzotto per afferrarlo per il collo.
Poi pensa che non potrebbe mai penetrare in quell'edificio, dove il signore è circondato dai suoi bravi, quindi progetta di tendergli un'imboscata e di sparargli col suo schioppo, per poi correre al confine e mettersi in salvo riparando in un altro Stato.
Il pensiero per Lucia tronca questi pensieri sanguinosi e lo induce a pensare ai genitori, a Dio, alla Madonna, rallegrandosi di aver solo pensato un'azione così scellerata.
Tuttavia il giovane è preoccupato all'idea di dover informare la ragazza dell'accaduto e sospetta che Lucia lo abbia tenuto all'oscuro di qualche cosa, il che lo riempie di dubbi e di sospetti.
Capitolo Due (4)
Una ragazza di nome Bettina incontra Renzo nel cortile la quale le chiede di salire a chiamare Lucia.
La fanciulla sale subito e trova Lucia che sta ultimando di vestirsi: la giovane ha i lunghi capelli bruni raccolti in trecce, con spilli d'argento infilati che formano una specie di aureola sopra la testa, al collo porta una collana di pietre rosse e bottoni dorati, indossa un busto di broccato a fiori, una gonnella corta di seta di scarsa qualità, calze rosse e due pianelle di seta.
Bettina le si accosta e le dice qualcosa all'orecchio, quindi Lucia scende al pian terreno: Renzo le dice subito cos'è successo e fa il nome di don Rodrigo, al che la giovane è sconvolta dal rossore. Renzo la accusa di essere a conoscenza della cosa, ma Lucia lo prega di pazientare e corre di sopra a licenziare le donne, mentre intanto la madre Agnese è scesa e si è unita a Renzo.
Lucia dice alle donne che il curato è ammalato e per questo il matrimonio è rimandato, quindi le sue compagne vanno via e si spargono per il paese, raccontando a tutti l'accaduto.