Rima VII di Bécquer: Approfondimento su Tema, Struttura e Stile Poetico
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Introduzione al Commentario della Rima VII di Bécquer
Il testo proposto è un commentario sulla Rima VII del poeta Gustavo Adolfo Bécquer di Siviglia. Tra le serie in cui sono spesso raggruppate le poesie di Bécquer, la Rima VII appartiene alla prima, in cui il poeta si dedica alla riflessione sulla poesia. Questa serie spazia dai versi I all'XI.
L'opera di Bécquer si colloca nella corrente post-romantica, caratterizzata dalla sua semplicità, malinconia, ecc.; osservabile negli argomenti, nel vocabolario, ecc.
Tema della Rima VII
Il tema di questa rima è una riflessione sull'arte stessa e su ciò che ognuno porta dentro di sé. Per risvegliare l'arte che ognuno ha dentro, è necessario l'aiuto di qualcuno. Per questo motivo, l'autore fa l'esempio di uno strumento musicale (che ha bisogno di essere toccato da qualcuno) e del Vangelo, in cui Cristo ordina la resurrezione di Lazzaro.
Struttura del Poema
Il poema è composto da dodici versi raggruppati in tre quartine, con rima assonante di dieci sillabe, tranne l'ultima riga che presenta una metrica inferiore. Quest'ultimo verso è una sorta di sintesi dei precedenti.
La rima può essere divisa in due parti:
- Prime due strofe: La cui funzione è l'introduzione e lo sviluppo. In questa prima parte, il poeta fa una descrizione dettagliata dell'arpa come simbolo dell'arte.
- Ultima strofa: La cui funzione è la conclusione. Qui l'autore si sposta dall'oggettivo al soggettivo, argomentando il bisogno di qualcuno affinché l'arte che ognuno porta dentro possa esprimersi.
Stile e Risorse Retoriche
Prima di tutto, è opportuno sottolineare l'uso differenziato dei tempi verbali nella rima. Mentre nella prima strofa predominano i verbi all'imperfetto, con valore durativo (es. dimenticata, v. 2; potrebbe essere visto, v. 4), nella seconda e terza strofa si osserva una maggiore propensione all'uso dei verbi al tempo presente, per identificare azioni che si stanno ancora compiendo (es. dormire, v. 6; sa, v. 8, ecc.).
È inoltre da evidenziare l'inizio del poema, in cui il poeta utilizza un chiaro iperbato per descrivere la prima scena: “Dal punto di vista piuttosto scuro in un angolo buio della stanza”.
Degna di nota, in questa prima strofa, è anche la personificazione dell'arpa come simbolo dell'arte (muto, polveroso, ecc.); e la descrizione dell'ampio scenario in cui si trova l'arpa. Questo fa sì che, dopo alcuni complementi e il verbo, il soggetto sia posto nell'ultimo verso, più breve, con un chiaro carattere definitorio.
La seconda strofa, che si esprime con parole proprie, mette a confronto l'arpa con l'uccello che dorme sui rami, in attesa di vedere la mano di neve (= l'artista) per la nascita dell'arte da essa.
Nella terza strofa, spicca il punto esclamativo all'inizio (Ah, v. 9), con cui il poeta lamenta che le persone non si aiutino a vicenda a risvegliare l'arte che custodiscono al loro interno. Quest'ultimo concetto è confrontato con un passo del Vangelo in cui Cristo, con un ordine, risuscita Lazzaro, che era precedentemente morto.
