Rituali Funerari nell'Antica Roma: Dalla Purificazione al Culto dei Defunti

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I Riti Funerari nell'Antica Roma: Un Viaggio tra Sacro e Profano

Il 90% delle iscrizioni latine giunte fino a noi proviene da monumenti sepolcrali. Questo dato evidenzia l'importanza del rito funerario romano, un evento che, pur avendo una forte componente privata, coinvolgeva l'intera collettività. Il funerale si basava su una serie di pratiche codificate dalla consuetudine, volte a garantire un percorso di decontaminazione per la famiglia colpita dal lutto, considerata contaminata, fino alla sua completa reintegrazione nella società.

Due Obiettivi Fondamentali del Rito Funerario

Il rituale funerario, chiamato Iusta (giusti riti), perseguiva due obiettivi principali:

  • Assicurare il passaggio del defunto al regno dei Manes, spiriti benevoli e divinizzati.
  • Decontaminare la famiglia colpita dal lutto.

Un defunto che non riceveva gli Iusta si trasformava in un Lemur, un'anima inquieta e tormentata, condannata a vagare senza pace sulla terra. Il rito durava nove giorni (una settimana romana) ed era regolato da norme, in parte codificate per legge.

Le Leggi e le Necropoli

Intorno al 450 a.C., una legge stabilì il divieto di sepoltura all'interno delle città. I cimiteri romani, dunque, sorgevano lungo le vie di accesso alle città (vie funerarie), al di fuori delle mura. La necropoli, letteralmente "città dei morti", era un luogo regolato da norme specifiche per i funerali.

Le Tre Fasi degli Iusta

Gli Iusta si articolavano in tre fasi principali:

1. Segregazione della Famiglia (Familia Funesta)

La famiglia colpita dal lutto, detta familia funesta, doveva segnalare alla comunità il proprio stato di contaminazione. Questo avveniva attraverso l'esposizione di cipressi sulla porta di casa e l'accensione di fiaccole all'esterno. Un flautista, assoldato appositamente, suonava segnali di allarme per avvertire il resto della comunità, in particolare magistrati e sacerdoti. I membri della famiglia mostravano il lutto: gli uomini non si tagliavano la barba, le donne non si pettinavano i capelli, non si lavavano e indossavano abiti dimessi, simili a quelli degli schiavi (toga sordida). Il defunto veniva lavato, profumato e vestito con i suoi abiti migliori. Vicino agli occhi o alla bocca veniva collocato il Naulum, una moneta destinata a pagare il traghettatore dell'aldilà.

2. La Pompa Funebris (Corteo Funebre)

Il corteo funebre, chiamato pompa funebris, si svolgeva di notte ed era illuminato da torce (da cui deriva il termine Vespilones per indicare coloro che trasportavano la salma). Il corteo partiva dalla casa del defunto e comprendeva il cadavere, trasportato su una barella di legno, e le praeficae, donne pagate per intonare lamentazioni funebri (neniae). Seguivano i familiari, che accompagnavano il defunto dalla domus al luogo della sepoltura. I Romani praticavano sia l'inumazione che l'incinerazione (quest'ultima era la pratica più diffusa). L'incinerazione poteva essere diretta (Bustum: la pira veniva eretta direttamente nel luogo della sepoltura) o indiretta. In questo caso, il corteo si dirigeva verso l'ustrinum, un luogo diverso da quello della sepoltura, dove era stata preparata la pira.

3. Il Sacrificio e l'Interramentum

Durante il rito dell'incinerazione, veniva offerta in sacrificio una scrofa in presenza del defunto. Il defunto veniva chiamato per tre volte (conclamatio) e i parenti giravano tre volte intorno alla pira. Successivamente, venivano offerti incenso, latte e olio. Le ossa e gli oggetti rimasti venivano raccolti in un'urna cineraria. Seguiva l'interramentum, la sepoltura dell'urna. Con questo atto, il defunto diventava ufficialmente un Manes. Era fondamentale che almeno una parte delle sue spoglie fosse interrata o immersa nell'acqua. Al termine dell'interramentum, si teneva un banchetto funebre (silicernium) nel luogo della sepoltura, durante il quale veniva consumata carne appositamente selezionata. Questo banchetto segnava l'inizio del processo di separazione dal defunto, che simbolicamente non mangiava più carne, ma fave e latte.

La Decontaminazione della Famiglia

La terza fase degli Iusta era dedicata alla decontaminazione della famiglia e prevedeva tre riti specifici:

  • Eberratio: pulizia completa della casa.
  • Suffitio: profumazione della casa.
  • Cena Novendialis: un banchetto che si teneva nove giorni dopo la morte, al quale venivano invitati i vicini. Con questo rito, la famiglia veniva ufficialmente riammessa nella comunità.

Il Culto dei Defunti: Parentalia e Feralia

Ogni anno, i Romani celebravano i Parentalia, una festa mobile di nove giorni in febbraio dedicata ai defunti. Durante i Feralia, l'ultimo giorno dei Parentalia, si teneva un pasto in comune con i defunti, offrendo loro lenticchie, fave, farro e latte, mentre i vivi consumavano carne e vino. Venivano lasciati piatti con cibo per i defunti e il latte veniva versato nel terreno attraverso appositi fori.

La Preoccupazione per i Defunti e la Festa dei Lemures

La preoccupazione per il benessere dei defunti era molto sentita nel mondo romano. Molti si iscrivevano a collegi funerari, pagando una quota associativa per assicurarsi di ricevere gli Iusta alla propria morte. A maggio si celebrava la festa dei Lemures, durante la quale il capofamiglia doveva alzarsi a mezzanotte, scalzo, e pronunciare per nove volte una formula rituale per allontanare i Lemures dalla casa.

In conclusione, i riti funerari romani rappresentano un complesso sistema di credenze e pratiche volte a gestire il delicato passaggio dalla vita alla morte, garantendo la pace del defunto e la purificazione dei vivi. Questi rituali, ricchi di simbolismo e profondamente radicati nella cultura romana, ci offrono uno spaccato affascinante sulla concezione della vita, della morte e dell'aldilà nell'antica Roma.

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