Rousseau: Contesto Storico, Influenze Filosofiche e Critica alla Società
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Contesto Socio-Culturale e Filosofico del Pensiero di Rousseau
Rousseau si colloca nel contesto dell'Illuminismo, che copre tutto il XVIII secolo. In Francia, questo movimento assume valori di combattimento più ostili alle tradizioni religiose e all'Antico Regime: la corona, l'aristocrazia e il clero. Questo culmina con la Rivoluzione Francese, che difende gli ideali di "libertà, uguaglianza e fraternità", a cui Rousseau si ispira.
L'Illuminismo è caratterizzato dalla consapevolezza dell'inizio di una nuova era, un momento di ottimismo basato sulla fiducia nella ragione e nell'autocritica, che porterà al progresso dell'umanità attraverso la conoscenza e l'istruzione. È l'epoca dell'ascesa della borghesia, la classe sociale in crescita nel potere politico ed economico. La borghesia si sente ostacolata dal mantenimento dei privilegi della nobiltà e del clero e trova nelle nuove idee dell'Illuminismo un alleato per combattere questa situazione.
Culturalmente, l'Enciclopedia di Diderot e D'Alembert è un compendio della conoscenza umana, basato sulla convinzione che tutta la conoscenza derivi dalla ragione. L'esaltazione della "dea ragione" sostituisce il Dio della religione, sviluppando l'empirismo che si era affermato in Inghilterra.
Rousseau: Un Pensatore Filosofico al Limite dell'Illuminismo
Rousseau è un pensatore illuminato che, pur lavorando con gli enciclopedisti, si distacca da questo contesto. È altamente critico nei confronti di alcuni ideali dell'Illuminismo, come l'ottimismo generale e l'idea di progresso culturale, in contrasto con Voltaire. Rousseau critica la civiltà e difende l'ideale della vita naturale. Mette in discussione se la razionalità e la scienza portino al progresso dell'umanità, anticipando il Romanticismo.
Nel contesto filosofico, è notevole la teoria contrattualista: l'idea di un patto o contratto come origine dello Stato. Hobbes e Locke avevano già sviluppato questa teoria, sebbene con progetti politici differenti. Rousseau non concorda con Hobbes sul concetto di "stato di natura" primitivo (lo stato di natura è una condizione ipotetica in cui gli uomini si trovavano prima dell'origine della società). Per Hobbes, lo "stato di natura" è una guerra di tutti contro tutti, e solo uno Stato totalitario può garantire l'ordine sociale. Rousseau, invece, ritiene che l'uomo nello "stato di natura" non sia sociale per natura, ma libero e felice, perché i suoi desideri non superano i suoi bisogni fisici.
Critica alla Cultura e alla Conoscenza
Nel 1750, Rousseau scrisse il suo Discorso sulle scienze e le arti. Questo lavoro fu presentato al concorso organizzato dall'Accademia di Digione, che sollevava la questione se la scienza e la cultura (tecnica) fossero benefiche per l'umanità. Rousseau argomentò negativamente, vincendo il concorso.
Rousseau sostiene che la civiltà non è stata favorevole, in quanto ha creato bisogni artificiali che hanno reso schiava l'umanità. Propone l'ideale di una vita naturale, in contrasto con una società piena di ipocrisia e convenzioni. Secondo Rousseau, come raccontato nel mito biblico della cacciata dal paradiso, la vanità e l'orgoglio di voler essere come Dio hanno reso l'uomo schiavo per sempre. Rousseau pensa che l'origine della scienza e delle arti siano vizi umani come l'avidità, l'avarizia, la curiosità... tutte le scienze e le arti, anche la morale, nascono dall'orgoglio umano.
Rousseau critica la fede nel progresso, negando che la scienza e la tecnologia abbiano liberato l'uomo dall'oppressione e dall'infelicità, perché hanno stabilito idee e valori falsi che hanno danneggiato e distrutto le virtù e la moralità.
La critica alla cultura suscitò molte polemiche e aspre critiche, a cui Rousseau rispose con il suo secondo libro, Discorso sull'origine della disuguaglianza tra gli uomini (1754). In questo lavoro, espone un'ipotesi plausibile sulla situazione degli uomini nel loro stato naturale, prima della nascita della società, dove l'uomo è libero e non è sottomesso a nessuno. Sviluppa la tesi del "buon selvaggio": l'uomo selvaggio è felice, si limita a soddisfare i suoi veri bisogni, a differenza dell'uomo civilizzato, corrotto.
La società civile o stato sociale nasce dal fatto che l'uomo primitivo si raggruppa con altri uomini per affrontare le difficoltà. La comunità diventa più complessa, abbandonando il mondo naturale e stabilendo la divisione del lavoro, che crea rapporti di dipendenza e di dominio. In definitiva, si istituisce la proprietà privata, che porta con sé tutti i mali. Il passaggio dallo stato di natura allo stato sociale o società civile, dove la disuguaglianza ha origine nella proprietà privata, ha iniziato la schiavitù, i cattivi sentimenti e l'oppressione (tassazione dei ricchi, ambizioni, guerra, creazione di istituzioni politiche e dispotismo).
Secondo Rousseau, lo stato sociale è un puro artificio e il fondamento di tutti i nostri mali.
Le Principali Linee di Pensiero di Rousseau
Nel suo Discorso sulle scienze e le arti, Rousseau ritiene che l'origine delle scienze e delle arti siano i vizi umani, come l'avidità, l'avarizia, la curiosità... tutte le scienze e le arti, anche la morale, nascono dall'orgoglio umano. Rousseau critica la fede nel progresso, dubitando che la scienza e la tecnologia servano a liberare l'uomo dall'oppressione e dalla miseria, perché hanno fornito false idee e valori che hanno corrotto e distrutto le virtù morali. Rousseau pensa che l'origine della scienza e delle arti siano i vizi umani, come l'avidità, l'avarizia, la curiosità... tutte le scienze e le arti, anche la morale, nascono dall'orgoglio umano.
Nel suo Discorso sull'origine della disuguaglianza tra gli uomini (1754), espone un'ipotesi plausibile sulla situazione degli uomini nel loro stato naturale, prima della nascita della società, dove l'uomo è libero e non è sottomesso a nessuno. Sviluppa la tesi del "buon selvaggio": l'uomo selvaggio è felice, si limita a soddisfare i suoi veri bisogni, a differenza dell'uomo civilizzato, corrotto. Il passaggio dallo stato di natura allo stato sociale o società civile, dove la disuguaglianza ha origine nella proprietà privata, ha iniziato la schiavitù, i cattivi sentimenti e l'oppressione.
Nella sua opera Il contratto sociale (1762), Rousseau concepisce uno stato sociale che garantisca la libertà ed eviti lo sfruttamento dell'uomo. Difende una nuova forma di contratto sociale in cui ogni individuo si sottomette alla volontà generale, "l'espressione dei sentimenti dei cittadini rivolti al bene comune". Rousseau va oltre Hobbes e Locke nella storia del contratto sociale e auspica una sovranità democratica in cui l'individuo, come parte del popolo, è soggetto a una legge imposta dalla "volontà generale", che è la somma delle "volontà individuali".
Così, il popolo sovrano dello Stato fornisce il potere per garantire la libertà stessa: questo è il contratto sociale. L'uomo acquisisce la libertà civile, che è l'obbedienza alle leggi ed è superiore alla libertà naturale, perché è meno istintiva. Gli uomini si incontrano su un piano di parità e si danno una legge che si impegnano a rispettare. Lo stato è costituito in forma di repubblica, dove il sovrano è il popolo stesso, in cui risiede il potere. Ogni cittadino di questa repubblica è, dunque, sovrano, in quanto detta la legge, e soggetto, in quanto la rispetta.