Schopenhauer y Kierkegaard: Filosofías de la Voluntad y la Existencia

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SCHOPENHAUER Arthur Schopenhauer nacque a Danzica il 22 febbraio 1788: suo padre era banchiere, sua madre era una nota scrittrice di romanzi. Frequentò l’Università di Gottinga. Sulla sua formazione influirono le dottrine di Platone e Kant. Nel 1818 venne pubblicata la sua opera principale, “Il mondo come volontà e rappresentazione”. Dopo un viaggio a Roma e a Napoli, si abilitò nel 1820 alla libera docenza presso l’Università di Berlino. L’epidemia di colera del 1831 lo cacciò da Berlino, si stabilì a Francoforte sul Meno dove rimase fino alla morte, avvenuta il 21 settembre 1860.  La sua è una filosofia che anticipa i tempi; si oppone alla filosofia hegeliana, considerandola un “guscio vuoto” che giustifica la realtà e che divinizza lo stato per trarne profitto, ma anche a quella idealista. Riflette su un’esistenza colma di dolore, è infatti conosciuto come il filosofo del “pessimismo” e passa da un sistema astratto all’individuo e alla società. È un grande ammiratore di Buddha, Platone e Kant. 
L’essenza del mondo non è l’idea, bensì la volontà del corpo cioè quella di autoconservarsi. Tutto cio che ci circonda ha volontà perché c’è l’istinto della sopravvivenza. Mangio perché ne ho bisogno per vivere.  IL MONDO COME VOLONTÀ E RAPPRESENTAZIONE


“IL MONDO È LA MIA RAPPRESENTAZIONE” La
Il soggetto rappresentante e l’oggetto rappresentato si basano sulle forme a priori: ne ammette solo tre forme a priori:
Schopenhauer considera il fenomeno come un inganno e un’illusione e arriva alla conclusione che la vita è come un sogno. Oltre al sogno esiste una vera realtà della quale l’uomo, che è considerato un animale metafisico, si interroga e ha la capacità di comprendere che prima o poi la sua esistenza cesserà con la morte. 
TUTTO È VOLONTÀ    L’umanità per S. è anche “corpo” che viene vissuto non solo dall’esterno ma anche dall’interno. Ciò permette di lacerare il velo di Maya e comprendere la cosa in sé. La cosa in sé del nostro essere è la volontà di vivere che ci spinge ad agire ed autoconservarsi. Infatti il corpo è la dimostrazione dei nostri bisogni, quindi è praticamente il mondo fenomenico che assume la volontà. 


IL PESSIMISMO    La vita è costituita da  : dolore
piacere   Il piacere è assenza di dolore ma nasce solamente da esso dopo una breve cessazione di tensione.
noia   È il momento in cui non c’è brama di desiderio e non c’è dolore. Il male è presente nel principio dal quale il mondo dipende, tutte le cose esistenti sono spesso in lotta tra loro e l’uomo è destinato ad una vita che oscilla tra dolore e noia. Ciò denota un pessimismo cosmico.
L’AMORE COME “EROS”, considerato come la più grande delle illusioni. È un sentimento egoistico che si racchiude solamente dell'impulso sessuale e volontà del corpo. 
CRITICA l’ottimismo cosmico, quello sociale e quello storico. 
I MODI PER LIBERARSI DAL DOLORE SONO TRE 
arte l’arte è contemplazione e durante la visione di qualcosa c’è un momento di distacco dalla noia e dal dolore; la musica è considerata l’arte maggiore perché è una volontà che si percepisce immediatamente ----- moraleascesi   l’individuo cessa di desiderare e rinunciare ai piaceri come atto di libertà; si rifà al nirvana buddhista che aiuta nel cammino della salvezza.  IL SUICIDIO S. Rifiuta il suicidio perché opprime la volontà di vivere lasciando intatta la cosa in sé. 



KIERKEGAARD
Søren Kierkegaard nasce a Copenaghen nel 1813 e riceve un'educazione molto severa. Dopo aver studiato teologia e filosofia, rinuncia a intraprendere la carriera di pastore. Vive un’infanzia molto difficile e infelice, ha una sensibilità spiccata perché, dopo la morte della madre, suo padre si risposa con la domestica e ciò scatena in lui la convinzione di essere afflitto da una maledizione (dopo la perdita di tre figli e della stessa moglie) anche a causa di una bestemmia. 
Kierkegaard si fidanza con Regine Olsen, ma dopo breve tempo pone fine alla relazione. Negli ultimi anni di vita, entra in polemica con la Chiesa luterana pensando che sia un’istituzione troppo mondana e opportunista. Muore nel 1855.
Scrive diverse opere:
-testi filosofici, pubblicati perlopiù con uno pseudonimo; il più importante è AUT-AUT (o…o; una scelta che esclude l’altra) 
-opere di argomento religioso, firmate con il suo nome
-molti appunti, diari personali e carte, non destinati alla pubblicazione.
La sua è una filosofia narrativa, parla sempre in prima persona e USA nelle sue opere gli pseudonimi, o meglio eteromeni. L’utilizzo di questo espediente letterario gli consente di interpretare un ruolo ben preciso, come quello di un attore, comprendendo e rappresentando a pieno i personaggi di cui prende parte assumendone la personalità. 
La verità è necessariamente soggettiva, deve perciò nascondere l’identità dell’autore. I falsi autori dei suoi sconfiggi dialogano tra loro producendo un “teatro delle maschere” che rappresenta le diverse personalità esistenziali. 


Il punto di riferimento della sua filosofia è socrate, cioè un modello di filosofia, verità e comunicazione filosofica; La filosofia deve essere un impegno personale; prende infatti come esempio Socrate che porta fino alla sua morte i suoi ideali senza tradirli (è il primo a morire insieme alla sua filosofia), è un uomo coerente che non contraddice i suoi ideali ed accetta quindi la sua condanna a morte. Inoltre compie un’esperienza di ricerca che è soggettiva. Riprende anche l’ironia socratica in quanto ricerca la verità nei dialoghi, fingendosi ingenerante e mettendosi in discussuone.  KierkegaardLe possibilità esistenziali che l’uomo può adottare sono tre e sono approfondite nel suo scritto filosofico Aut-Aut. La realtà è una possibilità, quindi l’uomo è libero di scegliere tra le diverse alternative che la vita pone davanti. Talvolta può svilupparsi il sentimento di angoscia, che nasce dall’incertezza rispetto alle possibilità di scelta e dal rapporto dell’uomo con il mondo nello stato religioso. (disperazione cioè accettazione della condizione umana di finitezza, sia nel rifiuto dell’essere sé stessi; rapporto uomo-sé stesso che si prova solo nei primi 2 stati; non si riesce ad autodeterminare e non si sente adeguato) 


VITA ESTETICA     La vita estetica è l'esistenza di chi si concentra sul piacere dell'attimo presente. È rappresentata dalla figura del seduttore, come Don Giovanni, protagonista dell'opera di Mozart.  Egli è sempre alla ricerca della novità e dell'avventura, e perciò bandisce dalla propria esistenza la monotonia e la ripetizione. Tuttavia, la vita dell'esteta conduce ben presto all'insoddisfazione e poi alla nola. La ricerca di piaceri sempre nuovi e diversi porta infine l'uomo estetico alla disperazione. È un uomo privo di personalità e decide di non scegliere. Questo stato d'animo può spingerlo ad abbandonare l'esistenza che sta conducendo e a scegliere con un "salto" radicale l'altra alternativa possibile: la vita etica. È il ripetersi nell’ identico nel diverso e alla fine il Don Giovanni non trova più piacere. L’uomo si avvicina all’obiettivo senza raggiungere un risultato e senza mirare ad un fine (tratto autobiografico) 
VITA ETICA   Nello stadio etico l'individuo sceglie la stabilità e il dovere. A differenza dell'esistenza estetica, la vita etica si fonda sulla continuità. Il protagonista è Wilhelm che sceglie la vita del marito fedele, che si assume la responsabilità della propria esistenza. Egli compie una scelta di vera libertà, secondo Kierkegaard, perché afferma sé stesso e si impegna in un compito e in un ruolo precisi, nel matrimonio e nel proprio lavoro.
Anche la vita etica, tuttavia, conduce all'infelicità: quando l'uomo etico ripensa agli aspetti dolorosi a crudeli della propria esistenza, prova il pentimento. Egli si rivolge allora a Dio e compie un "salto" verso lo stadio religioso. Si autodetermina e rimane fedele alle sue scelte obbedendo ai principi morali. Qui però c’è il rischio di omologazione e all’annienntamento di sé stessi. 


VITA RELIGIOSA    La vita religiosa è incentrata sulla fede, intesa come un rapporto personale dell'individuo con il divina. È incarnata dal personaggio di Abramo, al quale Dio chiede di uccidere il figlio Isacco: andando oltre i precetti morali, Abramo decide di obbedire, affidandosi completamente a Dio.Ciò indica la massima dedizione a Dio che pone Abramo al di là delle leggi morali. 
Soltanto la fede può liberare l'uomo dall'angoscia, che secondo Kierkegaard è la condizione costitutiva dell'esistenza umana. Non si tratta della paura, sentimento che si prova di fronte a un pericolo determinato, ma di un senso profondo di disorientamento di fronte alla scelta tra le diverse possibilità esistenziali. Grazie alla fede, l'uomo riconosce la propria finitezza e la propria dipendenza da Dio. Ciò comporta il rischio di affidarsi a qualcosa che non comprende, la fede è perciò definita da Kierkegaard "scandalo" e "paradosso". La vita religiosa è però una scelta di solitudine. Anche qui ci sono tratti autobiografici: possiamo riconoscere la dedizione alla religione grazie all’educazione pietista data dal padre; è una religione protestante e senza assoluzione dei peccati. 

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