Simonide di Ceo e i segreti della memoria: strategie di memorizzazione e attenzione
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Il mito di Simonide e l'arte della memoria
Per parlare di memoria, possiamo partire da un mito greco: il mito di Simonide. Simonide di Ceo era un poeta greco vissuto nel 500 a.C. Una sera fu invitato ad un banchetto celebrativo. Durante la serata, viene chiamato fuori da due semidei che, senza che lui se ne accorgesse, lo salvarono dalla distruzione del palazzo in cui cenava.
Fu l’unico sopravvissuto e fu invitato dalle famiglie delle vittime a identificare i cadaveri. Identificò i corpi usando la memoria: infatti, si ricordava la posizione a tavola di ogni singolo invitato, riuscendo così a distinguere i corpi.
L'attenzione: il filtro della mente
I nostri organi ricevono in ogni momento una quantità di stimoli molto superiore alla nostra capacità di elaborazione. Per questo, tra tutti gli stimoli in arrivo, occorre selezionare quelli realmente utili, che meritano di essere elaborati.
Il meccanismo psicologico responsabile di questo primo lavoro di scelta è l’attenzione. Il primo compito dell’attenzione è quello di mettere a fuoco gli stimoli interessanti escludendone altri che rimarranno sullo sfondo.
L'effetto cocktail party
L’attenzione fu scoperta dallo psicologo Colin Cherry con il fenomeno dell’effetto cocktail party. Ovvero, se in un ambiente rumoroso e affollato stiamo parlando con qualcuno, la nostra attenzione non è del tutto assorbita dalla conversazione. Infatti, se qualcuno nel frastuono pronuncia il nostro nome, subito ci voltiamo nella direzione in cui proviene il richiamo.
L’attenzione però non è illimitata: sta al soggetto decidere come distribuirla, facendo in modo che l’esecuzione di un compito non sia disturbata dalla contemporanea attenzione per un’altra attività mentale.
L’attenzione è il presupposto della memoria: non si possono conservare determinate informazioni piuttosto che altre se prima non si sono in qualche modo selezionate, a seconda della loro rilevanza, fra tutti gli stimoli che si ricevono.
I diversi tipi di memoria
Gli scienziati dicono che esistono più memorie connesse tra loro e sono:
- Memoria visiva: contenuta negli individui giovani i quali possono “fotografare mentalmente” un oggetto, una situazione, una persona alla prima occhiata; e sono in grado di fare un identikit sulla base di quella “foto mentale”.
- Memoria a breve termine (MBT): fu scoperta da George Miller che sosteneva che è una specie di magazzino che non può contenere più di 9 chunks (unità d’informazione) come numeri, lettere, sillabe senza un senso compiuto. Secondo la legge del magico numero sette più o meno due, si può dire di possedere una capacità mnemonica momentanea nella norma quando si è in grado di memorizzare serie che vanno dai 5 ai 9 elementi. La sua durata è assai breve, circa 30 secondi.
- Memoria a lungo termine (MLT): è il contenitore dei “ricordi veri e propri” che non si dimenticano mai e si possono recuperare in qualunque momento, con un dispendio di energie molto basso.
Sottotipi di memoria a lungo termine
Nell’ambito della MLT si distinguono:
- Memoria semantica: registra nozioni come la lunghezza del Po e la formula chimica dell’acqua.
- Memoria episodica: conserva ricordi o episodi della vita.
- Memoria procedurale: registra sequenze di operazioni come quelle necessarie per mettere in moto l’automobile.
- Memoria prospettica: non è rivolta al passato ma al futuro; può essere definita come un’agenda interna che ci ricorda che cosa dobbiamo fare, in quale momento e in che modo (lunedì alle 18h devo andare dal dentista, per cui uscirò prima dal lavoro e userò la bicicletta).
- Memoria sensoriale: collega le percezioni in modo fluido e omogeneo.
Hermann Ebbinghaus e la curva dell'oblio
Hermann Ebbinghaus mise alla prova se stesso, memorizzando lunghe liste di sillabe senza senso, che ripeteva più volte. Con questo fece alcune scoperte sui meccanismi di memorizzazione.
Il primo risultato che ottenne è che ciò che viene memorizzato si dimentica più rapidamente nelle prime ore che seguono la memorizzazione. Questo è contenuto nella curva dell’oblio (un grafico) dove:
- Nei primi venti minuti passati dopo la memorizzazione si ricorda un 60% delle sillabe.
- Dopo un’ora solo il 40%.
- Dopo 9 ore un 30% che però non verrà mai più dimenticato.
Altre scoperte di Ebbinghaus
Ebbinghaus arrivò anche ad altre conclusioni:
- Impara di più chi fatica di più.
- Ripetere tante volte aiuta sempre (repetita iuvant).
- L’apprendimento distribuito in più momenti è più efficace dell’apprendimento massivo (in un’unica seduta).
- Esiste un effetto seriale in base al quale ricordiamo meglio gli elementi iniziali o finali piuttosto che quelli centrali.
Barlett e la ricostruzione della memoria
A differenza di Ebbinghaus, Barlett decise di studiare la memorizzazione di materiali provvisti di significato.
Nel suo esperimento più famoso, egli propose ad alcuni soggetti uno strano racconto dei nativi americani: La guerra dei fantasmi.
A fine racconto, lo studioso chiese ai partecipanti di esporre a loro volta il racconto. Raccontando, essi omettevano particolari, accorciavano, semplificavano, o riformulavano l’intera storia.
Barlett ne concluse che ogni rievocazione in realtà è una ricostruzione, ovvero che nell’esecuzione di un compito di memoria non siamo passivamente ripetitivi, ma ci comportiamo in modo attivo, adattando il materiale che ripeschiamo alle nostre emozioni e ai nostri schemi mentali, che sono quelli della cultura a cui apparteniamo e della nostra educazione.