Spagna asburgica (XVI secolo): Unione dei regni, economia e società

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La Spagna asburgica nel Cinquecento e il modello politico: L'unione dei regni

La monarchia spagnola del XVI secolo si trovò a governare territori con diverse leggi, istituzioni e tradizioni. Autorità locali, quali la nobiltà, la Chiesa, le città e i tribunali, continuarono a coesistere con la corona. Gli Asburgo, proseguendo la politica dei Reyes Católicos, affermarono la propria autorità attraverso un crescente controllo di questi poteri, instaurando un governo basato su sinodi (polisinodiale) o Consigli.

La nobiltà venne gradualmente sostituita nelle funzioni di governo da uomini formati nelle università, mentre gli eserciti mercenari presero il posto delle milizie nobiliari. La nobiltà stessa si trasformò, diventando una nobiltà di corte. Contestualmente, la necessità di aiuti militari papali permise un maggiore controllo sulla Chiesa.

Tribunali e consigli comunali furono sempre più controllati da magistrati reali, perdendo autonomia e risorse (banchieri, crediti in argento).

Il sistema di governo si basava su sinodi o consigli:

  • Il Consiglio di Stato, presieduto dal re, si occupava di politica estera e questioni di stato.
  • I Consigli di Castiglia, Aragona, Italia, India, Portogallo e Fiandre
  • Consigli consultivi con giurisdizione su tutti i regni (Consiglio di Stato, del Tesoro, Inquisizione, ordini militari). Filippo II separò il Consiglio di Guerra dal Consiglio di Stato.

Nonostante la grande diversità territoriale, alcuni istituti erano simili in vari territori: i Viceré, nominati dal monarca, amministravano alcuni territori, mentre le Audiencias fungevano da corti di giustizia. Tuttavia, secondo il concetto di monarchia patrimoniale del XVI secolo, ogni territorio manteneva le proprie leggi, istituzioni governative, lingua e confini.

Economia e società nella Spagna del XVI secolo

Il XVI secolo vide una fase di crescita demografica ed economica nella penisola iberica. La popolazione raggiunse gli 8 milioni di abitanti alla fine del secolo. Si espanse la coltivazione di cereali e viti a scapito delle foreste, mentre il bestiame rimase la base dell'economia castigliana. L'artigianato rimase arretrato. La domanda di prodotti aumentò, in parte grazie ai coloni americani. La conquista americana permise lo scambio di prodotti agricoli e, soprattutto, l'afflusso di oro e argento, principale fonte di ricchezza per la Castiglia e la Corona.

Nonostante ciò, la Spagna perse la sua posizione economica privilegiata, mentre Francia, Inghilterra e Olanda iniziavano il loro decollo economico. I costi delle guerre portarono al depauperamento del tesoro reale, all'aumento del debito e della pressione fiscale, causando la crisi dei settori produttivi. La crescita economica fu accompagnata da un pericoloso aumento dei prezzi. I primi segni di crisi apparvero a metà secolo.

La società rimase strutturata secondo la tripartizione medievale (nobiltà, clero e popolani), con l'emergere di un gruppo di nobili di spicco: i Grandi di Spagna. Questa élite, istituita da Carlo I dopo la sua incoronazione imperiale, vide aumentare il proprio numero nel tempo, godendo di privilegi e ricoprendo cariche militari e diplomatiche. Si sviluppò anche un requisito di purezza di sangue per accedere a certi uffici o istituzioni. Questo portò al rifiuto di pratiche fondamentali per lo sviluppo economico e commerciale, considerate tipiche di ebrei o conversos. Mentre nei paesi protestanti il lavoro di artigiani e mercanti era ben visto, in Spagna era considerato incompatibile con l'onore.

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