Sviluppo Infantile: Genere, Ruolo Paterno e Materno, Acquisizione del Linguaggio
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La Teoria Soglia di Money e l'Identità di Genere
John Money, con la sua "teoria soglia", sosteneva che l'identità di genere si formasse criticamente entro i due anni di età. Propose linee guida per il trattamento di bambini nati con genitali ambigui, raccomandando l'assegnazione precoce al genere che permettesse una maggiore normalizzazione chirurgica. Money riteneva che il sesso fosse incerto alla nascita e che, con interventi chirurgici e pratiche educative, un bambino potesse essere cresciuto come maschio o femmina.
Il caso dei gemelli, uno dei quali subì danni accidentali al pene durante la circoncisione, è emblematico. Il bambino fu sottoposto a chirurgia per creare una vagina e cresciuto come femmina, inizialmente con apparente successo. Tuttavia, in adolescenza, dopo tentativi di suicidio e sedute di terapia, rifiutò l'identità femminile e si sottopose a interventi per ripristinare l'identità maschile. Nonostante un iniziale recupero, si suicidò anni dopo, seguendo il suicidio del fratello gemello. Questo caso sollevò critiche sulle teorie di Money e sull'enfasi posta sull'educazione rispetto alla natura.
Mentre alcuni studi sembravano supportare le ipotesi di Money, altri, presentati al congresso della Società di Endocrinologia Pediatrica nel 2000, sostenevano che l'identità di genere fosse stabilita biologicamente, più che dall'educazione. William Reiner, psichiatra e urologo, sottolineò che "il cervello è il più grande organo sessuale". Tuttavia, Lynne Segal, docente di Psicologia e Genere, evidenziò la falsità della dicotomia natura/educazione, affermando che l'identità di genere è il risultato dell'interazione complessa di molteplici elementi.
Il Ruolo del Padre: Evoluzione da Tradizionale a Moderno
Tradizionalmente, il ruolo paterno era legato all'autorità e al sostentamento economico, con un coinvolgimento limitato nell'educazione e nella cura dei figli. Fino agli anni '70, il padre era visto principalmente come progenitore biologico. Successivamente, si è riconosciuta l'importanza del padre nello sviluppo socio-emotivo dei figli.
Inizialmente, l'obbligo principale del padre era prendersi cura della moglie e della famiglia, soprattutto economicamente. Era raro vedere padri coinvolti attivamente nel gioco o nel supporto emotivo dei figli. Questo era in parte dovuto al fatto che la madre trascorreva più tempo con il neonato nei primi anni di vita.
Oggi, i padri sono sempre più coinvolti nella cura dei bambini. Palkovitz (1984) afferma che i padri sono più coinvolti se vivono in un matrimonio stabile e se le madri li incoraggiano a partecipare allo sviluppo dei figli. I bambini spesso preferiscono la madre in situazioni di disagio, ma scelgono il padre come compagno di giochi.
Il ruolo del padre come compagno di giochi è solo uno dei tanti aspetti della cura dei figli. L'evoluzione della famiglia ha portato a situazioni in cui le donne hanno lavori più remunerativi e i padri si dedicano maggiormente alla cura dei bambini. La società moderna richiede genitori competenti, indipendentemente dal genere. Non esiste una predisposizione genetica che renda le donne più adatte alla cura dei figli; la genitorialità è un'abilità che si può apprendere.
Essere un buon genitore implica essere coinvolti nella cura del bambino fin dall'inizio, mostrando sensibilità ai suoi segnali e anticipando situazioni indesiderate. Un padre può essere un caregiver efficace quanto una madre, se è disposto a imparare e a dedicarsi. Se il bambino percepisce il padre come un caregiver sensibile, svilupperà una preferenza per lui come figura di attaccamento.
Il Concetto Funzionale della Maternità
Il concetto funzionale di maternità comprende tutti i comportamenti coinvolti nella crescita di un figlio, indipendentemente da chi sia il caregiver (maschio, femmina, madre biologica o surrogata). La maternità è un sistema diadico sincronizzato tra caregiver e bambino, in cui tutti gli elementi di interazione sono regolati.
Il bambino, in una situazione di immaturità e bisogno di cure, possiede un repertorio di abilità innate che gli permettono di adattarsi socialmente (riflesso di Moro, suzione, prensione, pianto, reazione alla voce materna, preferenza per figure umane, ecc.). La madre, grazie alla socializzazione, sviluppa una sensibilità all'interazione con i bambini e acquisisce competenze educative.
Essere madre non è istintivo. Le madri che hanno avuto esperienze precedenti sono più pronte a sintonizzarsi con i bisogni del bambino. Si stabilisce una comunicazione speciale tra madre e figlio, ad esempio durante l'allattamento, con un ritmo di alimentazione e pause che ricordano scambi conversazionali. Questo modello di interazione è fondamentale per la socializzazione del bambino.
La madre interpreta i segnali del bambino, mostrando un comportamento socializzante, cercando di soddisfare i suoi bisogni e stimolando il suo sviluppo (linguistico, motorio, autonomia), introducendo aspetti culturali. Il dialogo e l'iniziazione al linguaggio sono funzioni materne.
Sebbene nasciamo con una base biologica che tende alla dipendenza, il concetto di maternità deriva in gran parte dalla socializzazione. Tradizionalmente, la maternità era attribuita al sesso femminile e alla madre biologica. Oggi, una madre, oltre alla cura fisica, deve mostrare affetto, incoraggiare, parlare con il bambino, educarlo e selezionare ambienti e relazioni. La funzione materna può essere svolta da entrambi i sessi e anche da genitori non biologici.
I padri, con l'esposizione alla genitorialità, possono essere competenti quanto le madri. Anche se le donne adottano ruoli tradizionali, non hanno un fattore innato o istintivo, ma una maggiore sensibilità dovuta all'educazione ricevuta. La maternità, data la sua complessità, è oggi intesa più come una funzione sociale che come un istinto. Essere una buona madre è un costrutto che richiede sensibilità, regolazione diadica, capacità di adattamento ai cambiamenti del bambino e un clima di affetto.
L'Intenzione di Parlare e l'Acquisizione del Linguaggio
L'acquisizione del linguaggio nel bambino è un processo complesso. Per Piaget, il linguaggio è parte dello sviluppo complessivo, una capacità semiotica. Inizialmente, il discorso del bambino è egocentrico, riflettendo l'egocentrismo intellettuale, ma diventa più cooperativo con l'età. Vygotskij, invece, riteneva che il linguaggio avesse un'origine sociale, uno strumento di trasmissione culturale. Il discorso egocentrico era l'appropriazione del linguaggio sociale, che si sarebbe poi interiorizzato. Per Vygotskij, il linguaggio era il motore dello sviluppo.
Fin dalla nascita, il bambino impara ad attirare l'attenzione attraverso reazioni come pianto e urla. Queste reazioni riflesse diventano strumenti di comunicazione quando i caregiver reagiscono. Bruner chiama questo processo "sistema di supporto per l'acquisizione del linguaggio (SAAL)", legato al contesto culturale.
Si sviluppa una "proto-negoziazione" di senso, un'interazione tra bambino e adulto, che si intensifica con il linguaggio. Intorno ai 10 mesi, il bambino inizia a pronunciare le prime parole, associate a contesti specifici. Inizialmente, il bambino può usare una parola (es. "cane") per riferirsi a una categoria più ampia (es. tutti gli animali a quattro zampe). Con l'aumentare del bisogno di comunicazione, la terminologia diventa più specifica.
Le prime parole non servono solo a designare oggetti, ma anche a esprimere intenzioni, desideri e richieste. Gradualmente, il bambino combina le parole, esprimendo una conoscenza crescente del mondo e assimilando le regole grammaticali. A cinque anni, il bambino padroneggia le regole di base, ma continua ad apprendere.
Chomsky, con la sua teoria del "dispositivo di acquisizione linguistica (LAD)", propose un approccio nativista, sostenendo che il bambino ha una capacità innata di apprendere il linguaggio. Secondo Chomsky, gli esseri umani sono biologicamente programmati per acquisire il linguaggio, grazie a strutture cerebrali specializzate. Chomsky minimizzava l'importanza dell'imitazione e delle correzioni degli adulti.
Le teorie di Bruner e Chomsky possono essere complementari: il bambino sviluppa l'intenzione comunicativa grazie al LAD e al SAAL, guidato dai caregiver, con i quali negozia i significati.