La storia di Ser Ciappelletto nel Decameron di Boccaccio

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INTRO CIAPPELLETTO:

Cepparello da Prato, conosciuto anche come messer o ser Ciappelletto, è un personaggio letterario del Decameron di Giovanni Boccaccio, protagonista della prima novella dell'opera (giornata I, novella 1). Era un notaio, per cui aveva diritto ad essere chiamato 'Ser' prima del nome. Boccaccio lo introduce nella novella facendolo chiamare da Musciatto Franzesi, mercante francese che, dovendosi recare in Italia al seguito di Carlo di Valois, lascia a vari incaricati il controllo delle sue faccende mercantili, ma non riesce a trovare 'tanto malvagio uom' per riscuotere i debiti verso i clienti borgognoni, 'uomini riottosi e di mala condizione e miscelai', 'che opporre alla loro malvagità si potesse' (giornata I, novella 1, 8-9). L'unica persona che gli viene in mente per questo compito è appunto questo ser Cepparello da Prato, che aveva già avuto modo di ospitare a Parigi, dove era stato rinominato Ciappelletto.


STORIA:

Cepparello è un toscano che vive in Francia, dove lo chiamano Ciappelletto. È un uomo pieno di vizi e peccati, evitato da tutti. Il Boccaccio lo descrive con una iperbole molto efficace: 'il piggiore uomo forse che mai nascesse'. Ciappelletto non ha alcuna fede religiosa né frequenta la chiesa: 'A chiesa non usava giammai, e i sacramenti di quella tutti come vil cosa con abominevoli parole scherniva'. Il signore per cui lavora lo invia in Borgogna a riscuotere dei crediti. Quando giunge viene ospitato da due fratelli italiani, ma all’improvviso si ammala gravemente e sta per morire. I due fratelli, conoscendo bene la fama di uomo immorale di Ciappelleto, si preoccupano di cosa penseranno i vicini, per averlo accolto in casa, e si chiedono come comportarsi: non possono seppellire il moribondo in terreno consacrato senza prima farlo confessare e dargli l’estrema unzione, ma non possono nemmeno pretendere che un prete, venuto a conoscenza della vita di Ciappelletto, gli accordi il sacramento. Ciappelletto, ascoltando i loro discorsi, decide di far chiamare un frate per confessarsi, e con grande abilità convince il religioso di essere sempre stato devoto e onesto. Ciappelletto, furbescamente, confida di essere un uomo pio e senza peccato, modificando apertamente la storia della sua vita davanti al prete: è una beffa in grande stile, un vero e proprio inganno.

Durante la confessione Ciappelletto fa credere al frate di essere un uomo timoroso di Dio, frequentatore della Chiesa e un ottimo cristiano abituato a fare l'elemosina, e a vivere in base alle leggi del Signore. Per completare l'opera arriva addirittura a confessare peccati così piccoli, come l'aver offeso una volta sua madre da bambino, impossibili da non perdonare. Infatti, non sospettando la verità, il frate, non solo lo confessa ma alla sua morte, sparge la voce della virtù di Ciappelletto, che viene considerato dal popolo un santo, tanto che le sue vesti sono considerate reliquie miracolose.

MORALE:

Ser Ciappelletto, come molti altri protagonisti del Decameron, usa il suo ingegno per sovvertire il corso della propria vita e del suo destino. La fortuna è la chiave anche di questa novella: Ciappelletto coglie l’occasione al volo, e beffa tutti grazie alla sua capacità di parola, capace di consentirgli che gli venga concessa la remissione dei peccati, anche se in mala fede. Addirittura il rovesciamento della realtà grazie all’inganno di Ciappelletto nei confronti del prete, e il successivo successo del suo culto post mortem, inducono Panfilo a dire: 'negar non voglio esser possibile lui esser beato nella presenza di Dio'.

TEMATICHE:

L’astuzia di Ciappelletto e l’ingenuità del prete: Ciappelletto è il mercante astuto che sa trarre vantaggio da ogni situazione, anche dalla sua morte, tanto che diventa santo. Per Boccaccio l’astuzia è la capacità di cambiare la realtà a proprio vantaggio, ed è considerata positiva dall’autore, ed è la caratteristica fondamentale della borghesia (ceto mercantile, usano l’astuzia più degli altri, anche in altre novelle ciò emerge). Secondo lui il difetto dei mercanti è che non hanno l’astuzia ma non i valori morali, quindi la usano ma per fini sbagliati (rubare, arricchirsi): Boccaccio ammira l’astuzia dei mercanti ma vorrebbe che fosse utilizzata accanto alla morale. Boccaccio infatti, pur dipingendolo come una figura negativa, ci rende Ciappelletto simpatico.

Religione: la Chiesa è fatta di uomini e quindi non è perfetta, è un fatto umano, può sbagliare. Boccaccio mette in discussione la chiesa, ritiene che chi fa parte della chiesa non sia superiore agli altri ma gli ecclesiastici sono uomini e in quanto tali possono essere ingannati, le decisioni degli uomini di chiesa non sono sempre corrette. In un'altra novella si nota l’esigenza degli uomini o donne di chiesa di innamorarsi, e Boccaccio dice che quindi come umani hanno le stesse pulsioni degli altri.

Società - classe mercantile: la classe mercantile, rappresentata da Ciappelletto e i due fratelli fiorentini, che restano stupiti di come Ciappelletto sfidi la morte e non si preoccupi di confessare il falso, ma lo ammirano: la classe mercantile è dipinta come una classe che si preoccupa solo di arricchirsi (decisione sul se cacciarlo o meno, non si preoccupano del benessere dell’ospite ma si preoccupano dei loro affari).

Ingenuità del popolo: la popolazione accoglie qualsiasi idea senza vagliarla criticamente o metterla in discussione, si limita ad accettarlo passivamente: l’arma religiosa ha più peso sulla popolazione. Nessuno si chiede se fosse vero che Ciappelletto era un santo, lo accettano e ci credono.

Relativismo: la realtà cambia in base al punto di vista, concezione estremamente moderna. Con Boccaccio abbiamo questo elemento, e questo lo modernizza: ci fa vedere che la verità non è una soltanto; all’inizio ce lo dipinge in un modo, ma nella confessione ce lo presenta in modo opposto: dal punto di vista del frate la verità è nella confessione, se si guarda da quello che ci spiega Boccaccio la verità sarà l’altra, cambia il concetto stesso di verità. L’autore non ci spiega se sia davvero buono o cattivo, non lo sappiamo con certezza, non vi è una verità assoluta; ultimo capoverso è quello in cui Panfilo (che racconta la novella) si chiede perché dio sabbia permesso che Ciappelletto fosse considerato santo: forse perché merita il paradiso, o perché dio lo usa per i propri fini dato che la gente crede in Dio dato che crede nel santo, e quindi non ci dà una verità assoluta.

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